FILM Dicembre/Gennaio 1999-2000
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Il gigante di ferro (The Iron Giant)
{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Cartoni Animati Sceneggiatura Tim McCanlies Regia
Brad Bird Anno di produzione 1999 Distribuzione Warner
Bros Durata 86’
Il gigante di ferro è un’intelligente pellicola d’animazione
sulla paranoia tutta americana nei confronti dei marziani e di possibili attacchi
improvvisi da parte dei sovietici, sviluppatasi nel 1957 all’indomani del lancio in
orbita del primo Sputnik. In un’ambientazione molto simile a quella di Cielo
d’Ottobre di Joe Johnston,il gigante di ferro racconta la storia
molto tenera e significativa di un ragazzo di una piccola cittadina del Maine che trova
per caso un enorme robot smemorato proveniente dallo spazio. Nonostante un fastidioso
emissario del governo americano sia sulle tracce del cosiddetto mostro, Hogarth (questo il
nome del ragazzino) fa amicizia con il gigante di ferro, un’arma proveniente da un
pianeta remoto che anziché seguire il suo destino di morte, sceglie, invece, di diventare
come il Superman dei fumetti mostratigli dal suo giovane amico terreste. Un cartone
animato gradevole e spettacolare dal punto di vista dei disegni luccicanti, anche se non
particolarmente emozionante o coinvolgente se si eccettua il momento molto doloroso ed
edificante in cui Il gigante di ferro scopre che
le creature abitanti sulla Terra sono mortali. Un cerbiatto ucciso da crudeli cacciatori
è la risposta di fine millennio al Bambi disneyano e al suo messaggio
contro l’insensatezza di quella crudele pratica che è ancora oggi la caccia. Un film
d’animazione molto riuscito Il gigante di ferro, pellicola profondamente
antimilitarista e non convenzionale nel suo parlare dei sentimenti degli esseri umani,
come viene anche sottolineato dal finale veramente a sorpresa nel più puro stile legato
al mondo dei supereroi.
Happy, Texas {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Jeremy
Northam – Steve Zahn – William H. Macy Sceneggiatura Ed Stone – Mark
Illsey – Phil Reeves Regia Mark Illsey Anno di produzione 1999 Distribuzione Key films Durata 96’
Brioso
e assai divertente, Happy, Texas non è un film particolarmente originale, ma il
risultato della fusione di elementi differenti, provenienti dai film on the road americani,
mescolati alle suggestioni di pellicole come A qualcuno piace caldo. L’originalità di Happy, Texas sta
però nel reinventare situazioni già sperimentate dal punto di vista cinematografico alla
luce di una sensibilità nuova, molto moderna e di un’ironia portate avanti con
intelligenza dai suoi interpreti. A partire proprio dalla coppia, davvero poco assortita
composta dal fascinoso attore britannico Jeremy Northam e dal ruvido Steve Zahn nei panni
di due evasi costretti dagli eventi a sostituirsi ai due registi gay che in una piccola
cittadina del Texas devono preparare alcune bambine a un concorso di bellezza. Equivoci,
situazioni buffe e tante risate si alternano con grazia alle immagini che esaltano i
panorami dello stato americano, facendo di questa gradevole commedia dai toni romantici,
anche un piccolo affresco della provincia statunitense, peraltro sempre più presente nel
cinema hollywoodiano. La freschezza dell’interpretazione dei protagonisti, un grande
William H. Macy nei panni del timido sceriffo gay, fanno di Happy, Texas un
gioiello di gusto e ironia, nato nella zona di confine tra il cinema indipendente e la
commedia vecchio stampo. Una pellicola da non perdere, che dimostra – se ce ne fosse
ancora bisogno – che per fare dei buoni film, basta avere delle idee.
Il pesce innamorato {Sostituisci con chiocciola}
Leonardo Pieraccioni – Yamila Diaz Sceneggiatura
Leonardo Pieraccioni e Giovanni Veronesi Regia Leonardo Pieraccioni Anno di
produzione 1999 Distribuzione Cecchi Gori Durata 90’
La grande corsa del ragazzo prodigio del
cinema italiano sembra essere arrivata alla sua fine. Il pesce innamorato film scadente e apparentemente ‘buttato lì’
segna, infatti, per forza di cose la fine di un’epoca per Leonardo Pieraccioni,
ragazzo simpatico e dall’innegabile talento che ha bisogno di frequentare per un
po’ una scuola di umiltà (o di cinema…) prima di fare un altro film. La sua
collaborazione con Giovanni Veronesi è in piena crisi ed anche le poche innegabili buone
idee presenti ne Il pesce innamorato restano strangolate in un mare di
qualunquismo da bar sport. Indipendentemente dal fatto che questa pellicola riesca o meno
a incassare, la sua trama fasulla, il suo andamento fintamente fiabesco, poco divertente
segna in ogni caso il tramonto del cosiddetto ‘pieraccionismo’. I personaggi di
questa pellicola, dal falegname scrittore alla bella modella di cui si innamora
perdutamente sono tutti caricati e fasulli. I tempi de Il ciclone e de I Laureati sembrano molto lontani. La gente vera che Pieraccioni
si divertiva a raccontare e talora a prendere in giro nei suoi film, non gli interessa
più. Da un po’ di tempo Pieraccioni ama raccontare storie caricate, piene di
personaggi incredibili e talora sgradevoli tutti riuniti insieme in quello che non è più
cinema, ma solo una stanca e mediocre reiterazione di qualcosa di già visto e sfruttato
in maniera abusata. Questo dispiace, perché il giovane toscano è un attore e regista
simpatico e intelligente, che sembra avere perso la zampata del grande predatore, per
accontentarsi di un comodo, caldo (sicuro?) cantuccio cinematografico natalizio, in cui
proporre quelli che non altro se non dei deliri in allegria, stucchevoli e tutt’altro
che piacevoli. Sveglia Leonardo, perché forse il pubblico non rimarrà dalla tua parte
per sempre…o no?
Tutti gli uomini del deficiente {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Gialappa’s Band – Claudia
Gerini – Paolo Hendel – Marina Massironi – Gigio Alberti – Arnoldo
Foà – Aldo, Giovanni e Giacomo Sceneggiatura Gialappa’s Band – Andrea Salvadore –
Enzo Santin – Paolo Costella Regia Paolo
Costella Anno di produzione 1999 Distribuzione MEDUSA Durata 110’
E’ vero Tutti gli uomini del
deficiente è una pellicola che proviene direttamente da un mondo contiguo a quello
dei tanto deprecati instant movies dei comici televisivi italiani, eppure la cura
del dettaglio, il gusto della citazione, una regia veloce e una post produzione di
qualità lo rendono un prodotto nettamente superiore agli altri film appartenenti a questo
genere. Montato in maniera strepitosa da Esmeralda Calabria (la stessa giovane montatrice
alle spalle del successo visivo di Fuori dal mondo di Giuseppe Piccioni candidato alla nomination
all’Oscar) Tutti gli uomini del
deficiente risente in maniera benefica del tocco della professionista
proveniente dal cinema d’autore per esaltare al massimo uno stile rapido e molto
moderno che nasconde le tante piccole falle e incertezze di trama e sceneggiatura. La
storia di un gruppo di uomini e donne che aspirano all’eredità di un magnate dei
computer di casa nostra che ha promesso di lasciare tutto a chi vincerà una competizione
tra tutti coloro che si chiamano come lui Leone Stella (o Stella Leone per le donne…)
viene resa al meglio da un gruppo di attori affiatatissimo. Mentre Claudia Gerini conferma
di essere un’attrice in continua crescita, assolutamente esilaranti sono Aldo,
Giovanni e Giacomo nei panni di tre improbabili giapponesi di una casa nipponica
concorrente dell’impero di Stella nel ramo dei computer. Poi ci sono tutti gli altri
da Ugo Dighero di Un medico in famiglia all’affascinante Gigio Alberti nei panni del
killer mammone, e poi le due grandi ‘Ladies’ della comicità italiana al
femminile Marina Massironi e Luciana Littizzetto. E ancora c’è la Gialappa’s Band che si è ritagliata uno spazio tutto suo senza
snaturare la propria cronica mancanza di contatto visivo con il pubblico (si intravedono
solo i piedi dei tre umoristi anche autori della sceneggiatura) affidando solo ai soliti
salaci commenti la prima partecipazione a un lungometraggio. Tutti gli uomini del
deficiente è una pellicola molto riuscita, perché nasce dalla sinergia creata
dal punto di contatto tra il cinema d’autore con cui è stata curata l’edizione
della pellicola e la sua sceneggiatura, l’amore dominante per un cinema dalle
infinite citazioni (vedi riquadro…) e un umorismo di marca televisiva, eppure
facilmente adattabile al grande schermo, perché non eccede mai nella volgarità, nel
qualunquismo idiota e nel demenziale di risulta. Un film divertente, interessante dal
punto di vista strettamente cinematografico che
sebbene poteva essere ancora migliorato costituisce un ottimo punto di partenza per un
cinema italiano che mostra tutti i segni per lasciarsi la crisi alle spalle. Le idee
originali ci sono, gli attori pure, abbiamo perfino gli autori, cosa aspettiamo per
partire seriamente all’attacco del cinema hollywoodiano almeno sul versante comico?
Inspector
Gadget {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Rupert Everett – Matthew Broderick Sceneggiatura
Kerry Ehrin – Zak Penn Regia David Kellog Anno di produzione 1999
Distribuzione Buena Vista Durata 80’
Basato
sull’omonimo personaggio dei cartoni animati Inspector Gadget è un film
gradevole, pieno di citazioni cinematografiche: da 007 a Batman, da Superman
a Terminator sono innumerevoli le situazioni
comiche ed esilaranti che richiamano le gesta degli eroi dei fumetti e del cinema
d’azione. Una pellicola che registra la presenza di due grandi attori del cinema
hollywoodiano come il bel Rupert Everett nei panni del cattivissimo Sanford Scolex i cui
piani criminosi vengono ostacolati in tutte le maniere dall’Ispettore Gadget, un
poliziotto bionico dalle mille risorse interpretato da Matthew Broderick, attore che
sembra avere sostituito Michael J. Fox (lontano dagli schermi perché gravemente malato)
in quei ruoli a metà tra il serio e il faceto tipici del cinema della Disney. Pieno di
effetti speciali Inspector Gadget è poco
più lungo di un telefilm e questo lo rende molto veloce ed efficace, per raccontare una
storia destinata principalmente ai bambini, ma che per la sua natura profondamente
radicata nell’amore per un certo tipo di cinema, divertirà enormemente anche gli
adulti.
La storia di Agnes Browne
(Agnes Browne) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Angelica Huston – Marion
O’Dwyer – Tom Jones Sceneggiatura John Goldsmith . Brendan O’ Carroll Regia Angelica Huston Anno di produzione 1999 Distribuzione LUCE Durata 91’
L’attrice
Angelica Huston torna a dirigere un film dopo lo sfortunato episodio legato alla
realizzazione di Bastards, pellicola che si occupava degli abusi sessuali e che non
è mai stata distribuita nel nostro paese. La storia di Agnes Browne è, invece,
un’opera essenziale, che racconta la vita di una, madre di sette figli alla fine
degli Anni Sessanta e dei suoi rapporti con il vicinato della città irlandese dove vive.
Una storia di amicizia tra donne, sullo sfondo di un matriarcato profondamente radicato
nella verde terra degli gnomi, che dopo un inizio ispirato al cinema sociale di Mike Leigh
e Ken Loach sconfina in maniera peraltro molto piacevole in quella che potrebbe essere
considerata come una fiaba tipicamente irlandese. E la Huston interprete e
contemporaneamente autrice della pellicola, pur non riuscendo ancora a eguagliare il
respiro e la forza del cinema di suo padre John, ci colpisce con la sua sensibilità e il
suo essere capace di raccontare in maniera molto secca ed emozionante una storia
intelligente e ricca di fascino. La Huston, infatti, non indulge mai nel melenso e nel
melanconico che pure sono presenti in Agnes Browne. Il suo cinema sensibile e mai sopra le righe non si
perde mai dietro ai momenti in cui sarebbe facile indurre gli spettatori alle lacrime. Del
resto una grande attrice come lei poteva solo proporre una pellicola la cui forza è data
dai sentimenti che vengono raccontati e dai personaggi che vengono descritti. Il melenso
hollywoodiano rimane – fortunatamente - assai lontano da Agnes Browne.
Marco Spagnoli |