E per traguardo il nulla
Un viaggio fra realtà e
inconscio, pieno di trabocchetti e domande senza risposta. E’
questo lo sfondo che, nel libro di Francesco Roat, accompagna
la storia di Angelo. Un uomo senza memoria che rinuncia alla
fine a farsi domande. E dare così un senso alla sua esistenza
Francesco
Roat, Tra /
guardo, Argo, pp. 141, L. 25.000
Nell’agile
volume di poco più di un centinaio di pagine Francesco Roat,
autore di una non facile narrazione, conduce il protagonista –
uno, malgrado la precisa separazione dell’opera in due parti
– in una sorta di viaggio nella ragione senza spazio né tempo
che è dominio dell’inconscio. Viaggio irto di trabocchetti,
incertezze e difficoltà, le infinite domande sulle ragioni di
ogni possibile modo di esistere e di ogni altrettanto possibile
rinuncia ad esistere "validamente".
Si dipana nel nome dell’incertezza questo
racconto, cui fa da sfondo il dubbio costante che ogni sforzo
sia vano; specie nella prima parte, che contiene un unicum
narrativo, la molteplicità delle istanze forma una specie di
groviglio, un interrogativo parzialmente fine a se stesso.
Angelo, uomo che ha perduto la memoria, mentre
brandelli di ricordi si affacciano costantemente al suo
pensiero, è fuggito da Bolzano in un paese del meridione, dove
i colori e i ritmi della vita si fondono (immagine
inequivocabile) con l’immensità onnicomprensiva del mare. E’
alla ricerca, peraltro più ipotetica che reale, della sorella
che lasciò diciassettenne la casa materna senza più dare
notizie di sé; Angelo la ritroverà, rivedendola fuggevolmente,
ad Amsterdam: non la vorrà incontrare, preferirà chiudere il
viaggio in un gioco a tre con una prostituta. Fanno da cornice
alla persona di Angelo figure minori tracciate dall’autore con
precisione desolante, a chiudere un quadro desolato.
La seconda parte del racconto si articola
secondo un criterio narrativo meno uniforme, dove tuttavia
domina ancora l’immagine di un uomo che si abbandona,
psicologicamente, alla risacca di un’esistenza senza
motivazioni, fino alla rinuncia finale ad ogni interrogativo,
all’accettazione di rappresentare una specie di sfaccettatura
del nulla. La prosa è nell’insieme volutamente essenziale,
parlata, povera di interpunzioni. Non mancano tuttavia
intuizioni poetiche e vivide immagini.
Resy Amaglio |