Pessoa, il poeta delle chat
Se mai gli
utenti dei vari icq-powwow-gruppi di discussione dovessero
scegliersi un padrino, il candidato ideale è il poeta
Fernando Pessoa. Che aveva rapporti epistolari con letterati,
accademici, economisti, commercianti. Ma alla sua morte si
scoprì che se li era inventati: aveva moltiplicato sé
stesso, disse, "per parlarsi". Forse lo stesso
motivo che spinge tante persone su Internet a darsi nomi
diversi per chiacchierare
Se volessimo trovare una
collocazione epistemologica alla comunicazione quasi sempre
mistificata delle chat, se consideriamo la sincerità come
ostacolo che l’artista deve vincere, se dovessimo insomma
fare un elogio alla "finzione" bisognerebbe senz’altro
guardare a Fernando Pessoa (Lisbona 1838, 1935), ormai
universalmente riconosciuto come una delle figure capitali
della letteratura del Novecento. Il poeta inventa tutto un
mondo di attori immaginari che sono definiti suoi
"eteronomi".
"Ho creato in me varie
personalità. Creo costantemente personalità. Ogni mio sogno,
appena lo comincio a sognare, è incarnato in un’altra
persona che inizia a sognarlo, e non sono io.
Per creare mi sono distrutto;
mi sono così esteriorizzato dentro di me, che dentro di me
non esiste se non esteriormente. Sono la scena viva sulla
quale passano svariati attori che recitano svariati
brani".
L’originalità di Pessoa sta
nel fatto che ogni suo eteronomo è caratterizzato da una
particolare visione e da un suo stile. E’ quella che lo
scrittore Tabucchi, massimo conoscitore e divulgatore italiano
del poeta, traduce in "Una sola moltitudine" …"Mi
sento multiplo. Sono come una stanza dagli innumerevoli
specchi fantastici che distorcono in riflessi falsi , in unica
anteriore realtà, che non è nessuno ed è in tutti".
Pessoa si è creato un mondo
fantastico, di sogno, con tutti i connotati, però, di quello
reale, come il "Marinaio" naufrago che si ridisegna
una patria in tutti i dettagli. La sua grandezza sta nel fatto
che Alberto Caeiro, Alvaro de Campos, Riccardo Reis e tutti
gli altri hanno tenuto una corrispondenza col poeta su
argomenti "reali": sono accademici, economisti,
commercianti, letterati, critici, di cui nessuno aveva mai
messo in dubbio l’esistenza. Solo alla sua morte, quando
viene aperto il famoso baule in cui l’autore aveva riposto
le opere, si scopre che tutti i personaggi sono degli
"account" e che la finzione era stata alla base del
suo mondo assurdo perché, recita ancora Pessoa, "Fingere
è conoscersi, mi sono moltiplicato per sentirmi. Per sentirmi
ho dovuto sentire tutto".
E’ forse a lui, dunque, che
noi navigatori multipli, noi sognatori da competizione
facciamo inconsciamente riferimento ogni volta che andiamo on
line? E’ forse il "tedio di vivere", il "mal
di testa di universo" o la saudade, quello
splendido sentimento che sta tra la nostalgia del passato e
quella del futuro, che coniuga sofferenze e dolcezze a indurci
a diventare ora Allegro Demiurgo, ora Mario bho, ora Mr Pyle,
ora Capitan Pixel. Il nostro non è per caso l’insopprimibile
bisogno di Fernando Pessoa di "Essere la stessa cosa in
tutti i modi possibili allo stesso tempo?".
Maria
Chiara Passera |