E’ una di quelle notizie che può
sfuggire, quasi fosse materia per super-tecnici: un microcircuito
elettrico collegato ad una cellula umana e capace di controllarne
l’attività. Eppure è finita sulle pagine della Cnn e Abc. Dopo
che la rivista scientifica americana Biomedical Microdevice
diretta dal ricercatore italiano Mauro Ferrari, ne ha pubblicato
un estratto. A tutti è venuto subito in mente l’uomo bionico, l’androide
semi-umano. Come i terribili Borg di Star Trek, mezze persone e
mezze macchine. "Meglio essere sinceri – ha sorriso Ferrari
– Siamo molto lontani dall’uomo bionico. Ma è piuttosto un
primo passo verso importanti applicazioni mediche".
L’autore
della ricerca è un professore di ingegneria meccanica dell’Università
di Berkeley, Boris Rubinsky. Che è riuscito a combinare assieme
in uno spazio sottile come un capello una cellula umana e un
microchip collegato ad un computer. Attraverso il pc si può
controllare il chip che con una piccola scossa elettrica
"ordina" ai micropori sulla membrana cellulare di
aprirsi. Possibile applicazione: inserire questi piccoli circuiti
nell’organismo per rimpiazzare o correggere tessuti malati.
Ancora: obbligare la cellula ad aprirsi e far entrare del Dna
estraneo superando le mille difese che (per fortuna) ogni cellula
oppone ad un’invasione così pericolosa. Un’invasione che
però, in medicina, potrebbe significare la cura di numerose
malattie.
"Possiamo introdurre Dna,
proteine, farmaci – spiega Rubinsky – Il tutto senza
coinvolgere le cellule che stanno attorno". Insomma una
terapia mirata fino all’estremo: chip diversi con voltaggi
diversi agiscono su tessuti diversi (e volendo solo su quella
porzione di tessuto), dai muscoli, all’osso fino alle cellule
cerebrali. E un farmaco molto tossico per le cellule sane potrebbe
essere inserito in micro dosi, ad esempio, solo nelle cellule
tumorali. Basterà dire: "Apritevi".
In realtà il principio che una
mini-scossa elettrica apra i pori di una cellula animale è
conosciuto da tempo. Come spiega Mauro Ferrari: "E’ vero
che si fa già da anni. La differenza è che l’invenzione del
mio amico Rubinsky lo fa in modo molto più facile e preciso. È
comunque la prima volta che si riesce a immobilizzare una cellula
su un microchip per poi controllarla. I media hanno montato un po’
la cosa, da qui all’uomo bionico ne passa. Ma applicato su larga
scala questo sistema può avere un grosso valore futuro".
Come la terapia genetica: "La cellula si rifiuta di far
entrare materiale genetico non suo. Con l’elettroporazione, l’apertura
dei canali di membrana tramite corrente elettrica, si supera l’ostacolo".
Se Rubinsky ha puntato tutto sull’interruttore
che apre e chiude la cellula, lo stesso Ferrari sta percorrendo
altre strade. E anche le sue di misure ridottissime. Storia da
"piccolo genio", quella di Ferrari: 40enne, udinese di
origine, laurea in matematica a Padova e poi in ingegneria
meccanica a Berkeley (California), è direttore e professore del
Centro di Bio-ingegneria medica all’Ohio State University. Oltre
che professore in medicina interna e oncologia. Quando un anno fa
lo hanno chiamato a dirigere il centro di bio-ingegneria nell’Ohio,
non se lo è fatto ripetere due volte. Anche perché "un
conto è il clima della California, un altro quello dell’Ohio:
sembra di stare nelle campagne del Veneto".
Una delle sue specialità sono i
trapianti cellulari. Come per la cura del diabete. "Abbiamo
inserito in alcuni animali del tessuto pancreatico che produce l’insulina
protetto da capsule di silicio. Così attraverso aperture grandi
da 9 a 11 nanometri (un miliardesimo di metro) l’insulina può
uscire ma gli anticorpi e le molecole che provocano il rigetto non
possono entrare". Ancora una volta un incrocio fra biologia e
nanotecnologie. Ferrari le chiama "Biomems", anzi pensa
di averla inventata lui, quella parola. Quella che porterà all’uomo
bionico, metà circuiti e metà carne ed ossa? Il bio-ingegnere di
Udine frena con mani e piedi: "Di uomo bionico per ora ne ho
conosciuto soltanto uno - risponde da buon ex allenatore di basket
– E si chiama Michael Jordan".
Alessandro Mognon