Figlio mio
maledetto
Due gemelli:
uno muore durante il parto, l’altro sopravvive. Ma solo per
essere odiato dalla madre, ignorato dal padre alcolizzato e
rifiutato dalla comunità. E’ la trama de "Le Madri
nere" di Pascal Francaix. Un diario dove si scopre che la
lucidità è quella del bambino e la follia è quella degli
adulti
Quanta
violenza può celarsi dietro alle pareti domestiche? Quanto
indifeso è ogni bambino di fronte alla follia di un genitore?
Quanto crudeli può renderci il dolore? Quanto insensibile
può essere l’egoismo? Domande difficili da porre, ma alle
quali in qualche modo risponde questo libro: un viaggio nella
tragica vita di un bambino che ha commesso il solo errore di
nascere nel momento sbagliato e nel posto sbagliato, ma
soprattutto di venire alla luce mentre il suo gemello rimaneva
soffocato dal cordone ombelicale. Al tempo stesso nel leggere
quest’opera si assiste al dispiegarsi di tutte le forze
estreme che gestiscono le società umane, di quegli intrecci
più o meno volontari di diverse identità che si incontrano
in percorsi comuni e per questo pian piano tendono ad
uniformarsi. E in questo uniformarsi perdono il senso dell’assurdo,
tanto da farlo diventare reale.
La prima pagina del libro
introduce immediatamente il lettore nel mondo di odio di cui
è involontario protagonista Maurice, il bambino che subisce
la violenza di quel mondo di adulti. Un mondo in cui tutti
sono crudeli, anche se in modo diverso.
Innanzitutto la madre, che ha
trasformato il proprio senso di colpa per la morte di uno dei
suoi gemelli in rancore contro l’unico sopravvissuto. Poi il
padre, che affoga nell’alcool il suo senso di impotenza
rispetto all’aggressività della moglie e lascia che tutto
accada. Inoltre le madri nere, ovvero donne che condividono il
dolore per la perdita di un figlio e si lasciano guidare dalla
rabbia folle della madre di Maurice. Infine, il resto della
piccola cittadina francese, che mai si interroga su cosa
succeda tra le pareti di quella casa.
Così confida Maurice al suo
diario: "La gente crede che io sia suonato, mentre in
verità gli idioti sono loro! Abboccherebbero a qualsiasi amo!
Quelli della mamma sono grossi, li vedrebbe da lontano anche
un orbo. Be’, loro abboccano lo stesso! Abboccano ogni volta
e non mollano più." Quello che il bambino non può
sapere è che la gente non è idiota, finge di esserlo per il
proprio quieto vivere. E questa consapevolezza nel lettore
aumenta la sua inquietudine, perché conosce gli adulti e sa
che per il bambino non c’è scampo.
Dalla cecità del mondo deriva
il senso di isolamento del bambino: "E io avrò un bel
protestare che se i miei vestiti cadono a brandelli è perché
la mamma non vuole rammendarli, né lavarli, né niente. Che
se i miei capelli sono unti è perché lei ci si pulisce sopra
le mani ogni due per tre. Che se le mie unghie sono nere è
perché mi priva del sapone. … Avrò un bel dire…".
Unico suo confidente resta, a
questo punto, il diario. Questo diario che diventa per lui la
cosa più importante, perché tutto il resto gli viene pian
piano sottratto. Proprio tutto, persino il suo stesso corpo,
oggetto delle angherie della madre. Il suo spirito trova
rifugio solo nelle pagine che scrive e che è riuscito a
tenere nascoste al mondo che gli è nemico. Fino alla fine
difende i suoi scritti, quasi un modo di sentirsi vivo e
libero: scrivere il proprio diario è l’unica attività
totalmente autonoma e sensata, in una realtà di cui non può
tirare le fila.
Un racconto inquietante,
quindi, nel quale la violenza non colpisce di per sé, non è
mero strumento per tenere viva l’attenzione. Anzi, è
talmente mediatica da far andare il ragionamento del lettore
subito al di là di se stessa. Questo è ottenuto anche grazie
al fatto che il corpo del bambino è dall’inizio alla fine
un semplice strumento, quasi insensibile. La madre lo punisce
perché lo considera causa della morte dell’altro figlio.
Maurice, al tempo stesso, soffre per le mutilazioni
soprattutto quando queste gli impediscono di scrivere o di
leggere, non tanto per il dolore fisico che gli procurano.
Alla fine, questo corpo diventerà oggetto di contesa tra il
bambino e sua madre perché ‘servirà’ ad entrambi in modo
esclusivo.
Questa opera prima di Pascal
Françaix si fa leggere tutta d’un fiato, grazie alla
scrittura limpida e veloce che travolge il lettore col
continuo contrapporsi tra l’oscurità della follia adulta e
la chiarezza dei ragionamenti di un bambino.
Le Madri nere
è edito da Meridiano Zero nella traduzione di Jacopo De
Michelis.
Tatiana Tartuferi |