Amore mio impossibile
Una storia
sentimentale sognata che si confonde con il racconto di una
storia vissuta; relazioni che muoiono quando dovrebbe
cominciare. Sono i dubbi e le incertezze proposte da Javier
Marias nel suo "L’uomo sentimentale" e da V.S.
Pritchett ne "La donna del Guatemala"
Javier Marìas,
L’uomo sentimentale, Einaudi, pp.157, L.26.000
"La
vida es sueño" affermava Calderon de la Barca qualche
secolo fa. La vita è sogno torna a insinuare oggi un altro
autore spagnolo, Javier Marìas, attraverso il protagonista
del romanzo "L’uomo sentimentale": un famoso
tenore catalano, costretto ad un’esistenza "molto
solitaria nelle grandi capitali del mondo" e assai
attento alla decifrazione dei propri sogni, convinto com’è
che non vi sia una precisa linea di demarcazione fra sonno e
veglia, tra attività onirica e azioni diurne.
Infatti la narrazione in prima
persona che il cantante d’opera fa ai lettori è il
resoconto di uno scampolo della sua vita, o d’una vicenda
onirica, giacché la storia d’amore che egli ci racconta è
insieme un’esperienza che il Leone di Napoli (questo
il suo soprannome) dice d’aver compiuto, ma anche un sogno
da lui fatto verso l’alba – giusto nell’interregno fra l’ambito
della notte e del giorno –; per non parlare del fatto che di
un romanzo si sta parlando, intessuto per sua stessa natura da
immaginazione e dati di realtà. Una storia d’amore oppure,
si diceva, il sogno o il vagheggiamento nostalgico di essa, se
è vero che sono solo "le tracce che danno origine al
rimpianto. Le cose malamente concluse o ciò che non
esiste".
Perché non certo di una
passione appagata si tratta qui, ma piuttosto del desiderio di
essa; in quanto l’amore è forse "il sentimento che
richiede le maggiori dosi di immaginazione", come
confessa Marìas nell’epilogo del libro. Così il tenore,
sospeso fra onirismi e aspirazioni sentimentali, finisce
impelagato in un ménage a trois, trovandosi a concupire la
bella Natalia, infelicemente sposata con un marito peraltro
innamoratissimo di lei. Il triangolo sarà destinato a
disfarsi in modo drammatico, in un epilogo insolito all’insegna,
ancora una volta, del sogno e dell’incertezza. Resta un
dubbio al termine di questo ironico divertissement: chi ha
amato sul serio e chi è stato davvero tradito, in questa
storia crepuscolare ai confini della realtà? Al lettore l’ardua
sentenza.
V. S. Pritchett, La
donna del Guatemala, Adelphi, pp.87, L.10.000
Di
Pritchett, gli aficionados di quegli eleganti tascabili
multicolori che costituiscono la Piccola Biblioteca Adelphi
ricorderanno senz'altro il racconto "Amore cieco":
minuscola ma preziosa perla narrativa sull'imprevedibilità
dei sentimenti che possono unire persone fra loro estremamente
dissimili e su quel magico incontro/scontro che sempre avviene
in ogni storia d'amore quando l'uomo e la donna, per
un'alchimia ineffabile, si amalgamano nel crogiolo della
passione e poco importa se ciò durerà una notte o una vita.
Anche nei due brevi ma
folgoranti narrativi riuniti sotto il titolo "La donna
del Guatemala" il tema è il medesimo e i protagonisti
sono ancora una volta un uomo e una donna. Solo che qui la
scintilla della mutua attrazione non scocca o scocca troppo
tardi, allorché il rapporto è avviato verso il degrado
irreversibile della disaffezione o, più banalmente, verso il
gelo dell'indifferenza.
La prima vicenda, che dà il
titolo al libro, parla di una "signora che viene dal
Guatemala" per incontrare in Inghilterra l'idealizzato
direttore di una rivista, del quale la donna si è invaghita
leggendo i suoi articoli di denuncia sulla realtà sociale del
Centro America. Miss Mendoza non appare né bella né
particolarmente simpatica agli occhi del pallido intellettuale
londinese, ma lei prende a seguirlo in un giro di conferenze
all'estero, incalzandolo ovunque con una "inumana
dedizione" che lo imbarazza e sconcerta. Tuttavia, sarà
solo dopo un netto rifiuto da parte del direttore rispetto
alle profferte amorose dell'ammiratrice che – scomparsa lei
una volta per sempre – l'uomo, non più certo dei propri
sentimenti, vedrà mutare l'iniziale ripulsa in un'improvvisa
ma non più appagabile attrazione.
Anche il secondo racconto
tratta di un incontro mancato fra un vedovo di 65 anni in
cerca di moglie e una sua ex conoscente, che l'uomo tenta di
rincontrare illudendosi di far nascere in lei un assai
improbabile affetto. Si tratta dunque di due storie senza una
vera trama, come sempre in Pritchett. Di incontri rapidi, come
le narrazioni essenziali di quest'autore, così attento a
illuminare con l'ironia della sua prosa nitida e tagliente gli
istanti cruciali per la nascita o l'aborto di una storia
d'amore; quando, dismessa la maschera delle buone maniere,
ognuno è faccia a faccia con la propria e l'altrui
autenticità.
Francesco Roat
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