Trent’anni, vincitore di un Oscar per
la sceneggiatura di Will Hunting – genio ribelle, simpatico,
educato e molto alla mano, Matt Damon è il protagonista
dell’ultimo film di Antony Minghella, Il talento di
Mr. Ripley. Una pellicola dura, non convenzionale ed
estremamente interessante sulle orme di Alfred Hithcock.
Un personaggio non facile da interpretare, quello di
Thomas Ripley, che ha richiesto a Matt Damon un lavoro
durissimo ed estenuante.
Mr. Damon, non si sente un po’escluso
dalla corsa agli Oscar, lei che con Il talento di
Mr.Ripley avrebbe certamente meritato almeno la nomination?
La sceneggiatura de Il talento di
Mr.Ripley è una delle migliori che io abbia mai
letto. Antony dice di sentirsi come il padre del film e
allora io sono uno dei figli. Nella mia vita di attore non
sono mai riuscito a dare il massimo come in questa
pellicola e gli Oscar sono stati una vera delusione. Del
resto durante la sera delle nominations eravamo a
Londra e io ed Antony ci siamo appartati per parlare da
soli in un’altra stanza, mentre tutti quelli del nostro
gruppo erano rimasti di fronte alla televisione. Con il
passare del tempo non abbiamo sentito nessun urlo di gioia
e abbiamo capito che qualcosa era andato male.
Cosa pensa del Male nascosto nelle
persone?
In tutti noi convivono un lato oscuro e
uno più luminoso. Dipende se noi vogliamo accedervi o
meno. Il mio lo conservo per il cinema.
Cosa ha preso dal personaggio di Ripley
per sé?
Molto.
Anche la vespa che guida nel film?
Avrei voluto, ma non ho potuto portarla
in America. Scherzi a parte, Ripley mi ha portato a
riflettere molto su me stesso. Ogni personaggio è
catartico, ma con lui è stato diverso, perché molto è
maturato dentro di me. Sono stato molto felice di potere
vivere la sua vita senza soffrirne le conseguenze. Ci sono
molti tratti del suo carattere che ritengo universali. E’
un personaggio che ispira una certa empatia con il
pubblico. Tutti ci siamo sentiti rifiutati e soli e tutti
quanti abbiamo avvertito un senso di mancata appartenenza
alla realtà in cui viviamo. Del resto tutti quanti noi
abbiamo anche sentito la capacità di esprimere un amore
enorme e – al tempo stesso – un grande voglia che lo
stesso amore ci venisse restituito. Questo è l’elemento
centrale del suo personaggio.
Rispetto a Rounders, L’uomo della
pioggia e Salvate il soldato Ryan il suo
personaggio non è marcatamente simpatico. ‘Peggiorato’
dal fatto di essere una figura ambigua, cattiva e poco
affidabile. I registi dicono che è difficile oggigiorno
trovare interpreti famosi per un ruolo principale da
cattivo. Lei non era spaventato per la sua carriera quando
ha accettato di portare sullo schermo Mr. Ripley?
Non è mai stata una preoccupazione.
Come attore cerco ruoli complicati, diversi e coraggiosi.
La sceneggiatura era scritta perfettamente e siccome
Antony Minghella era coinvolto non l’ho mai considerato
un vero rischio.
Quale preferisce tra il cinema
indipendente e quello degli studios?
Non amo né le catalogazioni, né i
generi. Scelgo le sceneggiature che mi piacciono.
Preferisco i film che hanno qualcosa da dire. Non importa
quando costano. Se anche sono film costosi, ma
interessanti, li giro volentieri.
Cosa conosceva dell’Italia?
Prima di iniziare a lavorare per questo
film non c’ero mai stato. Sapevo quello che avevo visto
al cinema ed ero perciò molto confuso. Sono arrivato
proprio come Ripley con pochissime idee chiare. Dopo sei
mesi di vita qui credo di essere rimasto davvero molto
innamorato.
A proposito dell’amore: qualcuno dice
che si sposerà presto con Wynona Ryder…
Ci sono abituato. E’ la decima volta che
la stampa americana mi appioppa una fidanzata diversa.
Ma lei è innamorato?
E’ una domanda molto personale, ma
direi proprio di sì.
Sul set di Ripley è venuta anche Winona
Ryder…
Sì, ma solo per un po’.
Nella vita di tutti i giorni che musica
ascolta?
Grazie al film ho imparato a conoscere
il Jazz. Antony prima che venissimo in Italia ci ha
mandato la musica di tutte le scene in modo che anche
quando provavamo potevamo sentire in noi un certo ritmo.
Amo tutti i generi musicali, ma soprattutto la musica
rock.
Qual è il suo autore o il gruppo
preferito? Diciamo quello da ‘pomeriggio piovoso a casa’?
Mi vengono molti nomi in mente. Uno su
tutti: i Beatles.
Lei crede che lo sforzo colossale di un’interpretazione
tanto matura l’abbia cambiata?
Ogni ruolo ti cambia e io credo di
imparare sempre. Spero di potere continuare a fare l’attore
a Hollywood o a teatro per tutta la vita, perché sento
profondamente il bisogno di recitare. Se così, però, non
dovesse essere ecco allora che continuerei a recitare a
beneficio dei miei amici in salotto.
Ripley è un film sul valore dell’identità.
Qual è la sua idea a proposito?
Credo sia meglio scendere a patti con
chi sei veramente, piuttosto che cercare di essere chi non
sei.
Marco Spagnoli