E Salomè balla con i
robot
I soldati
di Erode con i fucili, i giudei che arrivano su un
canotto, pupazzi meccanici. E’ la versione moderna dell’opera
di Strauss diretta da Martin Kusej al Filarmonico di
Verona. Un’interpretazione dissacrante e discutibile.
Anche se musica e interpretazioni hanno fatto scordare al
pubblico le inevitabili contraddizioni
storico-librettistiche
La "Salomè" di
Richard Strauss ebbe la sua prima rappresentazione a
Dresda il 9 dicembre 1905 anziché, come stabilito in un
primo tempo, nella cattolicissima Vienna dove doveva
essere diretta da Gustav Mahler. Motivo del cambiamento fu
la scabrosità dell'argomento, l'atrocità del finale e la
paura che la censura, assai rigida, vietasse la danza dei
sette veli snaturando l'opera. L'esito della prima fu
trionfale con trentotto chiamate alla fine del lungo atto
unico ed il successo ebbe subito un'eco internazionale.
La rappresentazione di
Dresda fu preceduta da una prova generale pubblica a
Milano diretta da Arturo Toscanini che riscosse un grande
favore del pubblico presente. Il testo del libretto è
tratto dalla omonima tragedia di Oscar Wilde, che ebbe
come superba interprete Sarah Bernhardt: l'idea di
musicare tale testo fu suggerita a Strauss dal poeta
viennese Anton Lindner mentre la effettiva stesura fu di
Hedwig Lachman. La prima interprete del ruolo della
protagonista fu Marie Wittich, grande soprano wagneriano,
che nella danza dei sette veli impose la sua sostituzione
con una controfigura. Musicalmente è una partitura
lussureggiante che necessita di un poderoso organico con
un grande numero di percussioni. L'opera non ha una
ouverture ma trasporta immediatamente l'ascoltatore al
centro della drammaturgia straussiana assorbendolo in un
vortice sonoro a volte di una inaudita violenza fonica ed
a volte in una eterea leggerezza.
La "Salomè" è
costituita da un continuo fluire del discorso musicale e
l'unico pezzo chiuso è la danza dei sette veli, l'ultima
pagina che Strauss scrisse prima di dare alle stampe la
partitura.
Al Teatro Filarmonico di
Verona Salomè era Sylvie Valayre che ha messo in evidenza
le sue notevoli doti vocali interpretando il ruolo con
grande determinazione, disimpegnandosi abilmente nella
impervia tessitura straussiana: gli acuti sono splendidi
ed impeccabili e la tenuta vocale perfetta in tutto l'arco
dell'opera.
Di notevole rilievo
Miguelangelo Cavalcanti nella parte di Jochanaam dotato di
una voce perfettamente aderente al personaggio del
Battista; ottima Erodiade era Lani Poulson come pure
efficace il Narraboth di Walter Pauritsch. Erode era
impersonato da Michael Pabst che, pure in non perfette
condizioni fisiche, ha delineato molto bene il
personaggio. Da ricordare l'intera compagnia costituita da
Manuela Custer, Enrico Facini, Cristiano Olivieri Paolo
Zizich, Aldo Bertolo, Francesco Musinu, Frano Lupi,
Gianluca Floris ed Ezio Maria Tisi. Christian Arming ha
saldamente tenuto in pugno l'orchestra dell'Arena di
Verona con ottimi risultati.
Se dal punto di vista
musicale tutto ha funzionato egregiamente non così deve
dirsi per la parte visiva dello spettacolo. La scena era
costituita da una grande squallida stanza sul cui soffitto
si apriva una apertura circolare e nella quale si svolgeva
tutta la vicenda. Le scenografia era di Martin Zehetgruber
mentre i costumi, di epoca moderna, erano di Heidi Hackl.
L'allestimento proveniva dal Teatro dell'Opera di Graz. La
regia di Martin Kusej è stata veramente dissacratoria e
si è visto di tutto: soldati armati di fucili, i giudei
che arrivano con un canotto di gomma, Narraboth armato di
una specie di fisarmonica e movimenti schizofrenici
imposti a Salomè e ad Jochanaan. La danza dei sette veli,
uno dei vertici della partitura, non è stata per nulla
una danza ed era infarcita di una serie di bambolotti
meccanici che uno alla volta cadevano in botole sparse sul
piano del palcoscenico mentre Salomè fa a pezzi uno di
essi.
Durante tutto il lungo
monologo di Salomè nel finale dell'opera Erode, in
vestaglia, rimane disteso per terra ed infine Salomè non
viene uccisa dai guerrieri con i loro scudi, per ordine di
Erode, ma rimane in piedi immobile al proscenio mentre si
chiude il sipario.
Ma tanti altri particolari
dovrebbero essere rimarcati ; peccato che un lavoro
dell'importanza della straussiana "Salomè"
venga così travisato anche nel rapporto del fatto storico
oltre a quello librettistico. Il pubblico ha accolto lo
spettacolo molto bene, dando importanza alla parte
musicale e dimenticando quella visiva.
Luciano Maggi
(visto a Verona l’8
aprile 2000)