Petite
danse macabre
(estratto da Il culto dei morti nell'Italia
contemporanea)
Ho visti, ho visti i morti.
Erano tanto allegri.
Erano bianchi bianchi,
e neri neri.
Ho visto il presidente
e la presidentessa,
ho visto il coccodrillo
e la coccodrillessa.
Ho vista la ragazza
pronta per il sesso,
e ho vista la megera
con il suo commesso.
Ho viste le attempate
signore dei salotti:
erano scortate
da bellissimi giovanotti.
Ho viste le ricchissime
dame di caritą
parlare di Abissinia
e del tempo che fu.
Ho vista la prefetta
del combriccolame
oscenamente stretta
nell’abitino di lamé.
Ho viste le mirabili
terrazze romane
profumate di gelsomini
odorose di liquame.
Ho visto l’inchinarsi
e l’elogiarsi e l’abbracciarsi
e il leccacularsi e lo smerdarsi
e il baccinboccarsi e l’incularsi.
Ho visti, ho visti i morti
danzare col metronomo,
muoversi a scatti storti
come un sol uomo.
Erano tanto allegri,
si faceva la festa!
Sotto c’erano i negri
che pensavano al resto.
Ho viste le coscette
delle brave ragazze,
le trasparenze oscene
delle mogli pazze,
e ho visto il capezzolo
ardito della topmodel
premere contro il grezzo
cotonino del top.
Ho visto il senatore
baciare l’anello d’oro
del magro cardinale:
e ho visto l’agnello d’oro.
Ho visto il candore
dei camerieri
e ho sentito l’odore
dei guardiani levrieri.
Ho viste le cucine
e il sudore filippino,
e nell’occhio servile
il disprezzo sopraffino.
Ho visti, ho visti i morti.
C’ero anch’io con loro.
Danzavo a scatti storti
abbracciato a loro.
Eravamo tanto allegri!
Sotto il terrazzo i negri
affilavano i denti.
Noi si buttava gił i perdenti.
Oh, ballavamo attenti
a non sbagliare i passi:
a ogni mossa sentivo
tintinnare le ossa.
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