I FILM DI LUGLIO - AGOSTO 2000
Scelti da
Nautilus
Mission Impossible 2 {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Tom Cruise - Thandie Newton Sceneggiatura Robert Towne
Regia John Woo Anno di produzione USA 2000
Distribuzione UIP Durata 120'
Un po' Entrapment, un po' James Bond, Mission Impossible 2 deve decisamente tutto al suo regista John Woo. La storia stanca dell'agente supersegreto che lotta praticamente da solo con dei superfetentoni è interamente sostenuta da una regia mirabolante in cui l'autore proveniente da Hong Kong ritorna a flirtare con il complesso e quasi freudiano gioco delle parti tra buono e cattivo, tra Bene e Male. Come nel primo triste film, diretto da un Brian De Palma senza idee, i protagonisti della pellicola possono, infatti, avvalersi di maschere sofisticate che concedono agli interpreti di potere scambiare il proprio volto con quello del loro nemico. In un caleidoscopico trionfo di maschere, esplosioni, virus batteriologici e colpi proibiti, John Woo - come aveva già fatto nel Face Off della coppia John Travolta / Nicolas Cage - insiste sulla tipizzazione dei personaggi, che fisicamente simili di distinguono solo in virtù delle loro scelte a carattere etico.
Oltre le immagini veloci, ricche di dettagli e alle volte sorprendentemente cariche di elementi poetici, a dominare totalmente la scena di MI2 sono essenzialmente i due protagonisti Tom Cruise e la sua partner Thandie Newton. Quest'ultima quasi irriconoscibile, riposti i panni dimessi dell'immigrata africana de L'assedio di Bernardo Bertolucci, opta per il look sensuale ed erotico di una ladra convertita alla causa dei buoni dal fascino di Ethan Hunt alias Tom Cruise e dalle registrazioni del disastro aereo causato dal suo ex fidanzato diventato un vero cattivo. Mission Impossible 2 segna - dunque - la celebrazione anni duemila del nuovo machismo reso esplosivo da un autore capace di proporre scene mozzafiato a ripetizione per oltre due ore di film.
Purtroppo sotto la patina glamour e supertecnologica non c'è quasi nulla che non sia già visto o abusato. Se si eccettua la brevissima parte di Antony Hopkins come capo di Tom Cruise, ritagliata con un gusto e un'ironia al passo dei tempi. Una versione aggiornata e sexy di M capo di 007, forzatamente grigia e gelida controparte dell'eroe.
Omicidi di classe (Dead Man's Curve) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Matthew Lillard - Michael Vartan - Randal Batinkoff Sceneggiatura e Regia Dan Rosen
Anno di produzione USA 1997 Distribuzione MEDUSA
Durata 91'
Primo incontro tra il cinema indipendente e l'horror giovanilistico Omicidi di classe è l'ennesimo film a base di sesso tra universitari. Nonostante un andamento noioso, basato eccessivamente sulle pur discrete doti recitative del serial killer di Scream Matthew Lillard, quello scritto e diretto dal giovane regista praticamente esordiente Dan Rosen è un film che presenta numerosi punti di interesse. A partire innanzitutto da una trama strutturata sullo stesso filone iniziato proprio dal thriller di Wes Craven a metà tra le cinefilia e il gusto per il giallo di qualità. Purtroppo, la girandola vorticosa di omicidi e di suicidi con continui (e talora prevedibili) colpi di scena non è supportata da una sceneggiatura altrettanto brillante dal punto di vista dei dialoghi.
I personaggi spesso eccessivamente scontati ed enfatizzati non riescono a rendere del tutto credibile la storia del delitto perfetto compiuto da due studenti, che per garantirsi il passaggio del semestre e la promozione sufficiente per entrare alla prestigiosa università di Harvard, mettono in scena il finto suicidio del loro compagno di stanza per avvalersi di una vecchia consuetudine dei campus americani in cui gli allievi sotto shock vengono promossi comunque sia la qualità dei loro voti. In più, il finale buonista al limite dell'happy ending e comunque forzato dimostra ancora come il cinema americano, seppure indipendente, mostra alle volte ancora una certa sudditanza psicologica nei confronti del tabù del finale in cui i cattivi la fanno franca.
Splendidi amori (Splendor) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Kathleen Robertson - Jonathon Schaech - Matt Keeslar Sceneggiatura e Regia Gregg Araki
Anno di produzione USA 1998 Distribuzione MIKADO
Durata 90'
E' una storia sexy e luminosa quella scritta e diretta da Gregg Araki per ripercorrere adeguatamente i ritmi e i toni delle commedie americane degli anni Quaranta e Cinquanta sulla famiglia e sul significato della vita. L'elemento moderno della trama e per certi versi trasgressivo (ammesso che questo termine abusato abbia ancora un senso oggi) è che Veronica, una ragazza come tante, a differenza di molte altre vive con i suoi due amanti un rapporto di natura familiare. Ed è straordinario notare come il menage a trois raccontato senza alcuna volgarità o prurito erotico venga mostrato al pubblico nella maniera più solare possibile, ovvero senza quelle note perverse che ci saremmo potuti attendere.
Il senso di una moderna 'famiglia', un nucleo fatto di sopravvissuti alle frantumazioni della società occidentale, diventa così - anche in virtù della semplificazione dei toni della commedia - un modello su cui costruire una storia ironica in cui è la donna a mantenere il suo piccolo harem. Ma siamo 'ancora' nel duemila e le convenzioni borghesi tendono a minare la felicità delle singole persone. Così la sensuale Veronica ha la tentazione di rinunciare al suo ruolo di capo di casa per lasciarsi sedurre da un uomo capace di comunicarle quelle sicurezze che ai giorni nostri sono date solo dal denaro.
L'Happy ending tipico del genere è comunque alle porte e Splendidi amori diventa così una riflessione intrigante e interessante sul senso della famiglia alla stregua di pellicole come American Beauty, Magnolia e Tutto su mia madre. Un monumento ad una società in transizione colta e raccontata con gusto nel suo divenire.
Semplicemente irresistibile (Simply irresistible) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Sarah Michelle Gellar - Sean Patrick Flanery Sceneggiatura Judith Roberts
Regia Mark Tarlov Anno di produzione USA 1999
Distribuzione MEDUSA Durata 95'
Commedia dall'ispirazione evidentemente anni Cinquanta, Semplicemente irresistibile è un film innocuo dall'ottima colonna sonora e dalle poche idee sfruttate fino in fondo. La magia che porta una ragazza che ha ereditato un ristorantino di second'ordine a diventare una cuoca famosa, è di quelle che fanno bene al cuore e aiutano a sognare un futuro migliore come secondo i dettami del sogno americano. Per la giovane, infatti, non arriveranno soltanto fama e notorietà, ma perfino l'amore nei panni eleganti di un manager di successo di un grande magazzino dei quartieri alti di New York.
Gli ingredienti ci sono tutti: Cenerentola che viene notata dal principe azzurro grazie a qualcosa di inspiegabile, gli amici simpatici e pasticcioni, le situazioni comiche e mai volgari, il riscatto sociale e il lieto fine di una storia d'amore senza troppi perché portata avanti in un ambiente chic, danaroso e raffinato. Tutti elementi tipici del cinema leggero di trenta anni fa con una giovane interprete più accattivante che sensuale e un lui più imbranato che affascinante.
Semplicemente irresistibile è un film per ridere un po' e trascorrere qualche ora in allegria e rilassatezza. Nulla di indimenticabile o di davvero irresistibile se non fosse per il buffo granchio che dà vita alle serie di eventi soprannaturali. La sua espressione stupita e quasi sardonica è corrisponde certamente all'interpretazione più approfondita e ricercata dell'intero film.
Election {Sostituisci con chiocciola}
Matthew Broderick - Reese Whiterspoon -Chris Klein Sceneggiatura e Regia Alexander Payne
Anno di produzione USA 2000 Distribuzione UIP
Durata 103'
Dopo il ciclone di commedie lascive e sexy sui liceali americani, ecco arrivare infine il rigurgito moralista e perbenista : Election con protagonisti Matthew Broderick e due attori come Reese Whiterspoon e Chris Klein lanciati dai film post adolescenziali, è, infatti, una grigia pellicola dai toni vagamente didascalici sul sesso e la pochezza intellettuale, riletti nella chiave satirica della cartina di tornasole delle elezioni per il consiglio scolastico in un liceo della provincia americana.
Un professore di storia insoddisfatto segue tali elezioni in prima persona rovinando la sua vita e la sua carriera, mentre - per sfuggire alle seduzioni di una neo Lolita - tradisce incautamente la moglie con la sua migliore amica. Una pellicola squallida nei toni e deprimente nei contenuti in cui il mondo dei giovani americani è un universo arido più o meno come quello degli adulti. Le insulse elezioni per un inutile rappresentante degli studenti diventano una sorta di certame politico di second'ordine in cui tutti - più o meno - tirano fuori il peggio di se stessi. Il sempre simpatico Matthew Broderick, ex ragazzo d'oro del cinema americano, si presta ad un confronto che ha quasi del psicanalitico con i giovani attori che hanno seguito i suoi stessi passi.
Quarantenne in crisi senza saperlo, il suo professore dell'anno è un personaggio un po' sullo stile di quello del Kevin Spacey di American Beauty. Entrambi sono uomini finiti, perché non sanno a cos'altro aggrapparsi nelle loro vite e tutti e due soffrono tremendamente un'incomunicabilità senza via d'uscita con il mondo e le persone che li circonda. Election ricorda forse casualmente tanto cinema che abbiamo visto negli ultimi mesi : Boys don't cry, Getting to know you, Kiss Me, Down to you sono solo alcuni titoli che vengono in mente nel vedere le evoluzioni personali e i pruriti erotici di questi adolescenti irrimediabilmente marci sin dalla nascita.
Un film pessimista e abbastanza vuoto di cui si perde facilmente il senso e che non soddisfa per la sua incapacità nel lanciare un messaggio credibile e non sforzato. E' drammatico dirlo, ma se l'introspezione ha lo spessore di una carta copiativa, allora è meglio lasciar perdere e darsi alle pellicole goderecce e assolutamente blande. American Pie non sarà stato un granché, ma almeno ci si faceva quattro risate.
L'umanità (L'humanité) {Sostituisci con chiocciola}
Emmanule Schotté - Severine Caneele - Philippe Tullier Sceneggiatura e Regia Bruno Dumont
Anno di produzione 1999 Distribuzione BIM Durata 148'
Bruno Dumont, già autore dell'interessante La vita di Gesù, propone stavolta un'ardua riflessione sull'umanità attraverso la storia di un poliziotto della provincia francese che quotidianamente affronta le proprie debolezze insieme a quelle dei suoi concittadini.
Un film diventato famoso per essere stato ritirato dalle sale lo scorso inverno dopo che la produzione aveva tagliato di sua spontanea volontà alcune sequenze scabrose per farlo passare alla censura. Adesso reintegrato delle scene mancanti fortemente volute dal regista (e necessarie alla comprensione della pellicola) ritorna nelle sale in versione integrale dando maggiore corpo alla trama che vede la vita semplice e banale del poliziotto protagonista sconvolta quando deve iniziare a indagare sull'omicidio di una bimba.
Le sue passeggiate in bicicletta, il calcio in televisione e perfino le gite in compagnia della vicina di cui è segretamente innamorato insieme al suo volgare fidanzato, sembrano, infatti, perdere ogni significato. Un film difficile, lungo, lento ed estremamente noioso in cui la situazione già abbastanza ingarbugliata non è certo stata migliorata dal reintegro dei tagli della censura. Va detto, però, che L'umanità con il suo gusto ossessionante per il dettaglio a tutti i costi, con la sua irritante cura per dialoghi noiosissimi e privi di un significato concreto risulta essere una pellicola difficile da digerire. Non c'è virtuosismo o sovrastruttura intellettuale che regga la spiegazione di un film dall'andamento tanto fastidioso. Certo, il mondo che circonda i protagonisti è un luogo in cui volutamente i riferimenti spazio-temporali sono rallentati, ma è anche altrettanto vero che l'indugiare per più di due ore e venti su una storia semplice ed estremizzarla nella sua lunghezza e nel suo andamento è davvero un espediente che non paga.
L'umanità è un'opera che lontana dall'osservazione letteraria marcatamente francese della 'commedia umana', descrive in maniera tutt'altro che convincente dei tipi umani tenuti insieme l'uno accanto all'altro soltanto da un senso di comune disperazione. Una scelta tutt'altro che convincente in un film deludente e pesante, che senza un particolare afflato non riesce quasi mai a creare un'efficace empatia tra il pubblico e la storia che si sta raccontando. Lo spettatore non riesce a riconoscere i propri vizi e le proprie debolezze in uno specchio voce della coscienza come quello del cinema e non sentendosi parte di quell'umanità descritta nel film, non è in grado nemmeno di commuoversi per essa.
Romeo deve morire (Romeo must die) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Jet Li - Aliyah - Isaiah Washington - Delroy Lindo Sceneggiatura Eric Bernt e John Farell
Regia Andrzej Bartkowiak Anno di produzione USA 2000
Distribuzione Warner Bros. Durata 114'
La fusione in atto ormai da qualche anno tra il cinema d'azione americano e lo stile del cinema di Hong Kong trova la sua consacrazione in Romeo deve morire con protagonista Jet Li, l'attore proveniente dall'ex colonia britannica già ammirato in Arma Letale 4. La classe, lo stile e l'eleganza dei suoi movimenti trasformano il kung fu e il karate praticati lungo tutta la pellicola in una danza rituale di morte.
Film urbano sulla storia di un ex poliziotto finito in prigione per salvare il padre, venuto dalla sua patria per vendicare la morte del fratello minore, Romeo deve morire porta a compimento quel processo inarrestabile di contaminazione tra i due generi cinematografici, che aveva già visto riusciti punti di incontro in Face Off, Mission impossible 2 e Costretti ad uccidere con la coppia Mira Sorvino-Chow Yun Fat.
Tra musica rap e situazioni a metà tra il comico e il drammatico, questa pellicola sui mafiosi dal colletto bianco è anche - nel suo piccolo - uno spaccato sociale sulla nuova mafia di cinesi e neri, che dopo essersi dati una ripulita e avere riciclato il proprio denaro puntano quasi esclusivamente alla cosiddetta rispettabilità. Il problema è che nonostante tutte le buone intenzioni e nonostante le innumerevoli ottime trovate, quello che impedisce a Romeo deve morire di diventare davvero un buon film a tutti gli effetti è una lunga serie di imperfezioni e incertezze dal punto di vista narrativo che compromettono irrimediabilmente il risultato finale della pellicola. Mentre Jet Li lascia a bocca aperta per il suo stile insuperabile nelle scene d'azione (un misto unico di astuzia e autoironia) il resto del film prendendo alla lontana e ribaltando la storia di Giulietta e Romeo, alle volte prende strade facili e prevedibili.
Una pellicola comunque interessante e ben strutturata, figlia del felice incontra tra la MTV generation e l'immaginario dei valori orientali (famiglia, onore, rispetto) anche se ancora un po' troppo schiava del ventaglio narrativo delle trame tipiche del cinema di Hong Kong.
Che fine ha fatto Harold Smith? {Sostituisci con chiocciola}
Tom Courtenay - Micheal Legge - Laura Fraser - Stephen Fry
Sceneggiatura Ben Steiner Regia Peter Hewitt
Anno di produzione Gran Bretagna 1999 Distribuzione MEDUSA
Durata 100'
Sulla scorta del recente revival cinematografico americano degli anni Settanta esce anche in Italia il mediocre Che fine ha fatto Harold Smith?, pellicola i cui rari guizzi di genio, vengono soffocati da una sceneggiatura più debole che surreale. Film incentrato sui ricordi di un ragazzo riguardo il caso esploso intorno ai poteri paranormali di suo padre, un tranquillo pensionato tutto casa e telecomando, Harold Smith si snoda lungo i tortuosi e già battuti meandri del primo grande amore nell'Inghilterra pre-Tatcher e reduce dalle suggestioni certamente più piacevoli legate al grande successo della Febbre del sabato sera.
Senza nessuna finezza stilistica o intellettuale, con due grandi attori come Stephen Fry e David Thewlis ridotti al rango di banali comprimari, il 'come eravamo' su cui è palesemente cesellato il film soffre di un asfittico humour britannico non particolarmente riuscito e solo in rari momenti ci si diverte davvero nel vedere le strampalate situazioni (quasi sempre troppo caricate) in cui si cacciano i protagonisti. Più gradevole è, invece, la sconfinata dichiarazione d'amore tra un padre e un figlio e i sottili legami che legano due uomini appartenenti ad epoche e generazioni diverse.
The skulls {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Joshua Jackson - Paul Walker - Lesile Bibb Sceneggiatura John Pogue
Regia Rob Cohen Anno di produzione USA 2000
Distribuzione K films Durata 114'
Da oltre duecento anni nei college universitari della Ivy League sono presenti - oltre alle normali associazioni studentesche - delle vere e proprie società segrete, da sempre una sorta di vivaio dei futuri presidenti, senatori, capitani della finanza e alti magistrati degli Stati Uniti. La più potente di queste organizzazioni è The skulls (i teschi) e questo intrigante film diretto da Rob Cohen, racconta una storia ambientata proprio tra i suoi adepti. Joshua Jackson, attore noto per essere uno dei protagonisti della serie Tv Dawson's Creek , interpreta un ragazzo che è entrato al college grazie a molti sacrifici personali.
Oberato dalle tasse universitarie (un anno di corso può arrivare a costare anche novanta milioni di lire!) vede risolti tutti i problemi quando riesce ad entrare a fare parte degli Skulls (I teschi), da sempre considerata come la più potente organizzazione universitaria segreta . Tra riti simil massonici e giuramenti di eterna fedeltà, il giovane affronta incredulo con gioia e circospezione un mondo dorato con la strada spianata verso il successo. Qualcosa accadrà, però, che lo costringerà a cambiare velocemente idea e a fare i conti con la realtà. The skulls non è un film eccezionale, soprattutto perché è afflitto da una trama eccessivamente semplicistica e prevedibile. Eppure, i temi narrati nella pellicola e una grande presenza scenica dei suoi protagonisti lo rendono una pellicola intrigante e interessante sul filone dell'horror sexy giovanilistico inaugurato da Scream e seguito da Urban Legend.
I toni sexy del film, il suo sfiorare diligentemente una realtà pressoché sconosciuta come quella delle società segrete universitarie, rendono The skulls simile ad un drammone dell'ottocento britannico traslato fino ad arrivare ai giorni nostri tra macchine veloci, donne bellissime e intrighi senza tempo.
Gigolò per caso (Deuce Bigalow - Male Gigolo) *
Rob Schneider - William Forsyhte Sceneggiatura Rob Schneider
Regia Mitch Mitchell Anno di produzione USA 2000
Distribuzione Buena Vista International Durata 88'
La trama è un canovaccio conosciuto: l'uomo più imbranato della terra si scambia suo malgrado con uno degli uomini più appetibili del pianeta dal punto di vista erotico. Con tutto quello che ne consegue e tutto quello che il pubblico si attende - dunque - che accada. Tra gag viste e straviste e situazioni ultra demenziali, Gigolò per caso è un film quasi interamente fondato sulle sue trovate registiche destinate quasi esclusivamente ad un pubblico di rodati cinefili. Matrix e decine di altri film famosissimi vengono clonati e riadattati per questa sconclusionata pellicola, scritta e interpretata da Rob Schneider un altro del cosiddetto gruppo di ragazzacci dello spettacolo televisivo Saturday Night Live, capeggiati da Adam Sandler. Una pellicola inutile e vagamente anacronistica talmente sottozero da risultare perfino divertente in diversi momenti. Purtroppo è solo un abbaglio o una speranza che diventa realtà: in realtà il film scorre via inutilmente, con unici protagonisti di rilievo gli splendidi pesci dell'acquario. Muti e involontari testimoni di un altro sconcio cinematografico che non vale i soldi del biglietto.
Marco Spagnoli |