Il nazismo? Gruppo A negativo
Ne fecero una questione di sangue: il loro, quello ariano, era puro e immortale. Quello degli altri, peggio se ebrei, era contaminato. E aveva il difetto di mescolarsi con quello della Grande Germania. Così, come raccontano Edouard Conte e Cornelia Essner nel loro saggio, Hitler e i suoi nazionalsocialisti scelsero la via più facile per evitare "l'infezione": sterminare tutti gli uomini-bacilli
Édouard Conte e Cornelia Essner, Culti di sangue, Carocci, pp.290, L.38.000
Monaco, novembre 1933. A dieci anni dal fallito colpo di
stato, Hitler organizza una marcia per commemorare 16 camerati caduti durante il putsch e questa processione può esser vista come l'evento fondatore della nuova fede nel Blutmythos: nel mito nazista del sangue. Secondo le camicie brune, infatti, quei "martiri" rappresentano l'immortalità simbolica del corpo nel quale s'incarna il Volk, il popolo, la cui essenza è rappresentata dal sangue trasmesso di generazione in generazione come una sorta di testimone da preservare incorrotto dall'esecrata
"mescolanza razziale". Nonostante il partito affermi la propria
estraneità nei confronti d'ogni confessione religiosa, quella nell'indistruttibilità della Germania costituisce al contrario l'espressione di fede in un neopaganesimo che, cancellato il dogma cristiano della trinità, gli oppone il culto della simbiosi fra le genti ariane e il duce del III impero millenario secondo la formula: "Un popolo, un Reich, un Führer".
Questa la tesi principale del documentatissimo saggio "Culti di sangue" di Édouard Conte e Cornelia Essner (un etnologo e una storica), inteso a coniugare la prospettiva antropologica con quella della ricerca storica per ricostruire l'origine dell'ideologia razzista antisemita fatta propria dal nazionalsocialismo. Una
autentica ossessione per la purezza della razza che, secondo i due autori, rappresenta un mix di eugenetica e di nazionalismo
esasperati, destinato a degenerare in fobia nei confronti degli
"allogeni", dei diversi per antonomasia dai biondi ariani: gli ebrei, appunto, sui quali viene a proiettarsi l'incubo del "cattivo
sangue" con cui essi inquinerebbero la purezza del popolo tedesco diffondendo il male. Così, per neutralizzare il "veleno" del seme ebraico non c'è che una strada
scrive con folle lucidità Julius Streicher, detto il pornografo del Reich
"lo sterminio di questo popolo, il cui padre è il demonio".
Solo nell'ottica di tale paranoia xenofoba è possibile concepire le famigerate leggi razziali di Norimberga, volte a discriminare gli ebrei ed impedire i matrimoni "misti" all'insegna di una
concezione del mondo che sottolineano Conte ed Essner
ispirandosi alla batteriologia ottocentesca vede in ogni individuo d'origine semita una specie di bacillo, prima da isolare e quindi da sopprimere. Per questo il controllo sul matrimonio (in grado di diffondere attraverso la procreazione sangue puro o
contaminato) diviene essenziale nella politica interna nazista. E quando, verso la fine della guerra, il numero dei decessi al fronte assume un livello esponenziale preoccupante, rientra perfettamente nella logica razzista la macabra istituzione delle cosiddette "nozze col cadavere", ideata per consentire a ogni donna tedesca nubile
rimasta incinta di sposare a posteriori un soldato morto in
battaglia per perpetuare la stirpe dei martiri dopo l'ineluttabile
vittoria finale.
Francesco Roat
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