Insolente per mestiere
Ha un cognome difficile, ma questo non l'ha certo frenata. Laura Morante, nipote della scrittrice Elsa, ha lavorato con i fratelli Bertolucci e con Salvatores, con Moretti e ora negli Usa con John Malkovich. E non ha paura di scegliere personaggi difficili. Come nel lavoro diretto da Laura Belli, "Film". Dove fa l'antipatica. E dice di esserne contenta. Perché un attore vero, per lei, deve essere un grande impertinente
Nipote della scrittrice Elsa, Laura Morante ha avuto una formazione completa per calcare le scene. Attrice di teatro, ballerina classica e moderna, è un'interprete contesa da molti registi per il fascino e il carisma che sa esercitare sullo schermo così come sul palcoscenico. Scoperta dai fratelli Bertolucci (Giuseppe l'ha diretta in Oggetti smarriti e Bernardo in La tragedia di un uomo ridicolo) il suo nome resterà associato probabilmente per sempre al personaggio di Bianca, il film di Nanni Moretti con cui Laura Morante ha profondamente impressionato l'immaginario collettivo. Affascinante e di un'eleganza innata è probabilmente una delle più sensuali donne del nostro cinema così come i suoi tanti film hanno dimostrato: da Turnè di Gabriele Salvatores a Ferie d'agosto di Paolo Virzì, da Liberate i pesci di Cristina Comencini fino all'ultimo Film, una commedia corale interpretata insieme a Monica Scattini, Maddalena Crippa e Naike Rivelli e diretta dall'ex attrice Laura Belli.
Cosa la ha spinta ad interpretare Mara, il suo personaggio di Film, una figura non immediatamente simpatica se non quasi antipatica…
Sono sempre stata tentata dai personaggi antipatici che - a me - risultano più simpatici di tanti altri…A me vengono proposti quasi sempre personaggi dolci, remissivi. In ognuno di loro c'è qualcosa di me. Raramente mi è stato consentito di esprimere la mia energia nelle donne che porto sullo schermo. In Film questo è stato possibile.
Non la preoccupa lavorare insieme ad altre attrici su un gruppo di donne 'sgradevoli'?
Uno dei film che ho più amato nella mia vita è Faces di John Cassavetes dove tutti i personaggi sono legati da un'insopportabile logorrea. Pian piano - come nei racconti di Cechov - queste persone odiose ci fanno entrare nel loro mondo e così riusciamo a trovarli perfino teneri se non addirittura simpatici. Essere antipatico al cinema - oggi - per un attore è sicuramente un grande rischio. Tutti i rischi sono tentazioni ed è necessario oggi fare degli atti di coraggio. Non si può essere simpatici in tutto per tutto. Si deve rischiare. E' bello farlo…Mi dà fastidio essere civettuola, quindi alle volte mi piaccio di più in qualcosa che non sembra piacevole ai molti.
Cosa pensa di questo personaggio?
Di solito non riesco a descrivere i personaggi che interpreto, in quanto il mio approccio è sempre più istintivo che razionale. Mara nel film rappresenta la stabilità e la sicurezza, la donna e l'amica a cui tutte si rivolgono per avere dei consigli, esattamente l'opposto di quello che sono nella realtà. Spesso le scelte che faccio avvengono all'ultimo momento, non seguo mai degli schemi nella recitazione perché considero il set un luogo pieno di imprevisti. Il risultato migliore si ottiene, secondo me, facendo coesistere
armoniosamente tutti i mestieri.
Mara è una donna che dispensa consigli a tutte le amiche. Quanto le assomiglia?
A me non ha mai chiesto dei consigli nessuno. Ho un'amica sola che mi chiama per chiedermi aiuto e me la tengo ben stretta…
E' mai stata lasciata da una persona che amava?
No, ma solo perché sono abituata a fiutare l'aria… appena mi accorgo che c'è qualcosa che non va, taglio la corda…
Un tempismo perfetto…
Assolutamente…
Ha mai pensato di scrivere una sceneggiatura come fa Mara in Film?
Ho provato qualche volta, ma nella maggior parte dei casi sono rimaste a metà. C'è però un progetto che sta portando a termine il mio ex-marito. Una commedia in cui, a parte una mucca, non esistono personaggi femminili. Dovrebbe essere prodotta in Francia.
Come si è trovata ad essere diretta da una regista donna?
Molto bene. Con Laura, come con Cristina Comencini, ho avuto un rapporto di reciproca stima e affetto.
I suoi personaggi nascono quasi sempre in una terra di confine tra il comico e il drammatico…
Personalmente, ho sempre amato la commedia che osa ridere del tragico, quella leggera mi da noia, la trovo banale. Quando si lavora su un materiale apparentemente tragico e se ne ride, avviene un effetto catartico che rappresenta l'aspetto più interessante. I migliori interpreti di tragedie sono, a mio giudizio, quelli che hanno un forte senso dell'umorismo, come i migliori comici possiedono un profondo senso del tragico.
Groucho Marx diceva che quando un attore comico vuole riposarsi va a teatro a recitare nelle tragedie. E' un'opinione che la trova d'accordo?
E' un po' estremo, ma forse sì…per natura sono molto anarchica. Non sono un'ereditiera, ma vivo del mio lavoro. Tendenzialmente non cerco di mettere in fila personaggi simili. Quindi penso che per un attore sia anche bello cambiare…
Qual è la qualità che un attore deve avere?
L'insolenza. Un attore deve essere insolente. E' un mestiere che fa anche da psicoterapia, perché ti consente di esprimere qualcosa di te stesso che non c'è nella vita. Mastroianni è sempre stato impertinente e questo spiega la longevità della forza delle sue interpretazioni. Dal dongiovanni all'omosessuale, Mastroianni sapeva forzare i propri personaggi e renderli suoi.
Cosa può nuocere alla salute artistica di un interprete?
Il prendersi sul serio, il bisogno del plauso e quando uno si piace troppo. Quello è l'errore fatale…la troppa cognizione di sé, uccide la recitazione…
Chi è il nemico di un attore?
Lo specchio inteso come immagine riflessa e come specchio di sé che è la critica, il pubblico, le persone che si conoscono. L'immagine ribaltata uccide l'impatto…
Monet diceva: "Per dipingere una casa dimenticati che è una casa…". La forza dell'impatto deve restare nella recitazione.
Non dimentica gli autori?
Un regista quando è bravo, è aperto all'imprevisto della recitazione… se non vuole starti a sentire, la tua recitazione è già morta. L'attore è un funambolo. Se non hai l'emozione del rischio il tuo valore non ha più senso. Non si può camminare sempre su una tavola larga e sicura.
Ci vogliono i pescecani sotto?
In un certo senso sì.
Qual è l'elemento che le fa accettare di recitare in un film?
Tanti insieme. Una buona sceneggiatura, il regista, il direttore
della fotografia, i componenti della troupe, gli attori con cui lavoro. Purtroppo non sempre sono tutti positivi, allora si cerca di combinarne il più possibile. Devo dire che in Film, come in quello di Virzì, ho lavorato con molta energia e serenità.
E' mai stata a Procida, l'isola cui sua zia dedicò uno dei romanzi più belli: L'isola d'Arturo?
Sì, anche per lavoro, però non mi piace andare alla ricerca di emozioni private. La conoscenza che ho di mia zia, a parte i ricordi familiari, non è più grande di quella che può avere un estimatore della sua letteratura. Sono sbarcata a Procida anni fa tentando di fare finta di ignorare che molte delle persone che erano sul traghetto insieme a me, turisti proprio come ero io, avevano sotto braccio una copia de L'isola di Arturo scritta da mia zia Elsa, sorella di mio padre. Era una signora che non ho frequentato molto. L'ho vista spesso solo fino ai dodici anni e poi più niente fino alla morte di mio padre. Amo Procida così come adoro tutta la Campania con le sue coste meravigliose. Non mi sentivo di avere qualche diritto in più rispetto agli altri. Avevo letto L'isola di Arturo troppo tempo prima per ricordarmene.
Eppure quando sono sbarcata a Procida mi è sembrato di tornare indietro nel tempo in quegli anni Sessanta in cui Moravia e mia zia la frequentavano. Molti isolani li ricordavano insieme e a me ancora oggi piace pensare che la migliore guida a Procida sia proprio l'isola di Arturo, il romanzo, perché quella Procida - a parte il carcere abbandonato in fretta e furia chissà poi perché - esiste ancora e continua a vivere. E' vero il mio è un cognome importante per la letteratura e molte persone mi associano ancora - abbastanza ingiustamente per lei - a mia zia. Io una volta ho telefonato ad un amico e trovando la segreteria telefonica ho detto: "Ciao sono Laura M…, Laura…, Laura…oh Dio, ma io come mi chiamo?" Il peso di un cognome può risultare quasi schiacciante.
A cosa sta lavorando adesso?
Ho girato il nuovo film di Nanni Moretti La stanza del figlio e The dancer upstairs per la regia di John Malkovich e sto ultimando le riprese di Vajont, un film sulla tragedia che nel '63 provocò la morte di circa duemila persone. Probabilmente questo film susciterà molte polemiche ed è, in fondo, quello che ci auguriamo un po' tutti. In questo senso credo di aver fatto una scelta politica. Questa tragedia è stata sempre poco raccontata, mi sembra un atto doveroso portarla sul grande schermo. Il cinema del regista Martinelli non lo conoscevo, è stato altro a farmi decidere di accettare questo ruolo: la storia e la straordinaria forza del mio personaggio, la giornalista Merlin che fece di tutto per opporsi alla costruzione della diga, mi hanno convinto subito.
Come è stato lavorare con John Malkovich?
John è una persona estremamente calma. Anche nelle situazioni più difficili sapeva mantenere una cortesia ed un modo di fare che ispiravano tranquillità, nel caos più totale. Ha uno straordinario gusto per la recitazione. Molti non sanno che lui, oltre ad essere un bravissimo attore, è anche un regista teatrale. Da anni dirige un rinomato teatro sperimentale di Chicago.
Marco Spagnoli
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