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redarrowleft.GIF (53 byte) Musica Novembre 2000  
 


E Cenerentola perse il braccialetto

Messa in piedi in gran fretta, la favola di Perrault della povera sguattera che sposa il principe fu trasformata da Rossini in una "storia vera" comico-patetica. E si rivelò un grande successo. A riproporla questa volta sono stati i teatri di Trento, Rovigo, Bassano

Con una fattiva collaborazione dei Teatri di Trento, di Rovigo e di Bassano è stata messa in scena una nuova produzione di "Cenerentola", l'opera rossiniana che fu rappresentata per la prima volta il 27 gennaio 1817 al Teatro Valle di Roma.
La favola di Cenerentola di Perrault, poi ripresa dai Fratelli Grimm, ha ispirato numerosi musicisti (se ne contano ben trentadue tra cui Jules Massenet con la sua "Cendrillon") ma l'opera più famosa rimane quella musicata da Gioachino Rossini su libretto di Jacopo Ferretti .

La partitura del pesarese è piena di brio, di situazioni comiche e di momenti patetici messi in musica con una mano felice e con un grande senso dell'azione teatrale pur nella ristrettezza del tempo in cui è stata composta l'opera.
Rossini si era impegnato con l'impresario Cartoni per presentare una nuova opera per la stagione di carnevale del 1819. Ma la scelta dell'argomento avvenne due giorni prima del Natale del 1818 dopo un lungo ed estenuante incontro con il librettista Jacopo Ferretti durante il quale furono passati in rassegna una infinità di titoli, finché fu finalmente scelto l'argomento della famosa fiaba del Perrault.

I due autori concordarono di abbandonare qualsiasi implicazione magica e fiabesca ma di raccontare la fiaba di Perrault in una dimensione reale; scompare l'obbligo del ritorno a casa di Cenerentola prima della mezzanotte, la famosa scarpetta diviene un braccialetto (lo smaniglio). 
Non compare la carrozza incantata ma tutta l'azione si svolge su un piano di credibilità.

Data la ristrettezza di tempo per la composizione la sinfonia fu trasportata integralmente dall'opera "La Gazzetta", lavoro composto da Rossini e che l'autore stesso credeva privo di vitalità e destinato a scomparire dai cartelloni. In "Cenerentola" numerose sono le scene scritte con un fine gusto satirico che coinvolgono i vari personaggi: di sicuro effetto è la scena del secondo atto nella quale Dandini svela all'esterrefatto Don Magnifico di non essere il Principe ma il suo cameriere; il canto si riduce ad un"parlato" finché si scatena l'ira buffa ed impotente di Don Magnifico.
Clorinda e Tisbe, le sorellastre di Angelina (Cenerentola), sono schizzate con brio e viene messo in evidenza il loro carattere pettegolo e puntiglioso mentre Don Ramiro è il classico tenore di grazia diretto discendente del Geronimo cimarosiano. Angelina è colta nella sua bontà già nella prima mesta aria "Una volta c'era un re" avvolta in un velo di rassegnata malinconia mentre nel rondò finale appare il suo carattere buono e generoso in una girandola di note acute e sovracute. 
Opera quindi solida e scritta con una ispirazione notevole a dispetto del poco tempo per la sua composizione.
Nella produzione presentata dai teatri sopraccitati Angelina era Cristina Sogmeister che ha dato una credibile e sentita interpretazione del personaggio;voce piuttosto chiara, a suo agio nelle agilità e nella tessitura centrale ed acuta si è bene disimpegnata lungo tutto l'arco dell'opera mettendosi bene in evidenza nei passi di maggiore difficoltà e ammorbidendo il canto nei momenti patetici come nella canzone iniziale " Una volta c'era un re " interpretata con profondo sentimento.
Mark Milhofer era Don Ramiro che si è prodigato con alterni risultati nella difficile parte a lui riservata, voce intonata ma con alcune difficoltà nella zona acuta.

Andrea Concetti ha interpretato la parte di Don Magnifico con un'ottima dizione, bella presenza scenica e corretta interpretazione dal punto di vista della vocalità. Spassoso e ben caratterizzato il Dandini di Paolo Bordogna mentre Marco Vinco è stato un persuasivo Alidoro; Simonetta Pucci e Clara Giangaspero erano Clorinda e Tisbe, voci bene amalgamate ma non eccezionali. Karl Martin ha diretto con precisione e buone intenzioni interpretative l'Orchestra Filarmonia Veneta; inadeguato il Coro del Teatro Sociale di Trento che si è dimostrato poco incline al clima operistico.
Vivaci i costumi (forse eccessivamente marcato quello di Dandini) di Lele Luzzati che ha prodotto anche le scene ben congegnate e molto funzionali. Tonino Conte ha curato la regia calcando eccessivamente la mano sul lato comico della partitura, cadendo a volte nel farsesco e imponendo ai personaggi movimenti troppo macchiettistici.

Luciano Maggi 

 

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