Teatro Stabile di Parma - Fondazione Teatro Due
COME VI PIACE
di William Shakespeare
traduzione Masolino D'Amico
PRIMA ASSOLUTA REGGIO EMILIA 26 novembre 2000
Scritta probabilmente nel 1599-1600, insieme a La dodicesima notte, commedia con cui forma una sorta di ideale dittico, pausa poeticamente rigeneratrice e raffinatissima, tra opere come Giulio Cesare e Amleto, As You Like it (Come vi piace : che si fregia anche di altri 'prepirandelliani' titoli come A piacer vostro, Come vi garba), è una commedia la cui fonte è il romanzo Rosalinda, o L'aureo retaggio di Eufue (Rosalynde, or Euphues' Golden Legacy, del 1590), che, a sua volta, pare derivi, sia pure in parte, da un racconto attribuito a Geoffrey Chaucer (Tale of Gamelyn).
Comunque sia, il tracciato di Shakespeare si sa quanto si diversifichi quasi sempre dalle sue fonti. E qui, in questo titolo allegro ed evasivo, si può cogliere indistintamente un'allusione al felice scioglimento dell'intreccio o all'utopistica dolcezza della vita pastorale. L'intreccio, d'altronde, pare proprio - anche se non si può escludere che l'autore abbia inteso offrire al suo pubblico "qualcosa che gli potesse garbare" - giustificare il titolo.
Il duca Federico, che ha usurpato il potere al fratello costringendolo a rifugiarsi nela foresta di Arden - rifugio inoltre dei migliori nobili suoi amici -, ne ospita alla propria corte la figlia Rosalinda. Costei, legata da grande affetto a Celia, figlia di Federico, si innamora di Orlando, figlio di un amico ormai defunto del duca esiliato, affidato in tutela al fratello maggiore Oliviero. Escluso dalla condivisione del patrimonio familiare e maltrattato in ogni modo, Orlando si è ribellato; così, per vendicarsi di lui, Oliviero organizza un incontro di lotta in cui il fratello dovrebbe soccombere. Ma è Orlando a vincere, il quale, però, deve fuggire nella foresta perché Federico ha scoperto la sua parentela. Poco dopo Rosalinda, accusata inspiegabilmente di cospirazione, deve lasciare la corte; Celia decide di seguirla, ed entrambe - l'una travestita da uomo (Ganimede), l'altra da pastorella (Aliena) - si inoltrano nella foresta dove s'imbattono in Orlando che ha raggiunto il duca esule. Il finto Ganimede si conquista la fiducia di Orlando che gli confessa il suo amore per Rosalinda. Intanto, altri amori s'intrecciano: Febe con il pastore Silvio, il buffone Paragone con la contadina Audrey, e Aliena/Celia con Oliviero, che, inoltratosi nella foresta per uccidere Orlando e da questi salvato dalle fauci di una leonessa, si pente della propria condotta. Ganimede promette a Orlando, in virtù delle proprie arti magiche, di far venire Rosalinda perché la sposi. Le due fanciulle, al cospetto del duca esiliato, rivelano la loro identità, e si celebra così un doppio matrimonio. I festeggiamenti raggiungono il loro culmine quando giunge la notizia che Federico, mentre con forze armate muoveva verso la foresta per sopprimere il duca e i suoi seguaci, ha incontrato un venerando eremita che l'ha indotto a pentirsi, a restituire al fratello il ducato e a ritirarsi in convento.
Se le galanterie e gli amori di Rosalinda e di Celia con Orlando e Oliviero, inseguentisi nella foresta fra equivoci e travestimenti, costituiscono la parte delicatamente sentimentale dell'intreccio (si pensi poi al 'sublime' doppio equivoco prodotto al tempo di Shakespeare dagli interpreti, sia per Come vi piace che per La dodicesima notte: giovani attori travestiti da donne che si travestono da uomini), sono proprio loro, ancora, a fornire il ritmo musicale alla vicenda: quasi si aspetta - ha osservato Piero Rebora - "un fraseggiare di viole di gamba o l'erompere di un melodico canto; come doveva in realtà avvenire e come Shakespeare proprio sentiva, rompendo certi lievi passaggi lirici nel canto": da "Under the greenwood tree" a "Blow, blow, thou winter wind" a "It was a lover and his lass": e c'erano musicisti squisiti all'uopo, fra i quali il grande Thomas Morley (amico dell'autore) che compose il terzo brano citato.
La cornice prevalente della commedia shakespeariana è la foresta: "le figure umane sono subordinate al grande spirito silvano" (Praz) ed è indubbio che spiri da Shakespeare un soffio vitalissimo ed esaltante che esprime un caldo e intimo sentimento della natura, che si rifà come clima poetico a Teocrito, a Virgilio (via ogni convenzionale pastorelleria!), e come evocazione per così dire materiale agli anni giovanili dello stesso Shakespeare, tanto detto sentimento è acuto e pregnante, tanto vivo - ha scritto Gabriele Baldini - "il segno d'una memoria precisa, legata ad un paesaggio dell'infanzia": vale a dire, in concreto, alla foresta di Arden vera e propria, nel Warwickshire, la regione tutt'attorno a Stratford-on-Avon, il paese natale del poeta.
In tale cornice matura poi il 'contrasto' tra corte e campagna, tra cultura e natura, tra corruzione e innocenza, tra vita stressante e pacifica, tra esuli raffinati e rustici nativi. La stessa meraviglia naturale e l'esaltazione di amorosi sensi trovano nel personaggio cortese 'nerovestito' di Jaques un controcanto inquietantemente ironico e ironicamente amaro, venato forse anche di intima disperazione, con la sua celeberrima rassegna delle età dell'uomo che principia con una frase destinata ad essere emblematicissima sia della vita che dell'uomo: "Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori". Al quale personaggio fa da ulteriore contrappunto quello di Paragone (Touchstone), che, non sofistico e filosofico come Jaques, anche se come quello commentatore in margine a quanto avviene in scena, incarna il buon senso terra terra enunciando in modo bizzarro verità incontestabili e richiamandosi alla 'norma' tanto più efficace quanto più presentata sotto variopinta casacca.
Ed è da tali assunti, per così dire binari, che parte lo spettacolo per il quale volentieri lasciamo l'ultima parola alle illuminanti parole del regista: "La tensione tra la necessità della fuga e l'impossibilità di realizzarla porta ad uno stato di disagio, e questo stato è quello della malattia saturnina della malinconia. Il mio spettacolo intende proprio basarsi sulla malinconia e su tutti i richiami melanconici insiti nell'opera. Ma uno stato di disagio è anche fonte di potenzialità creativa da cui sgorga l'ironia".
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