Arte Dicembre 2000 (a cura di Giovanna
Grossato)
PROFILI
D’ARTISTA
LAURA
STOCCO
Nata
a Montebello (VI) nel 1938, compie la sua formazione artistica
nello studio di Mina Anselmi dove acquisisce le conoscenze delle
tecniche pittoriche e collabora alla realizzazione di affreschi,
vetrate e ceramiche.Insegnante dal 1962 e per 32
anni di tecniche artistiche e storia dell’arte in
istituti superiori statali, continua contemporaneamente a
sviluppare e ad approfondire nel corso degli anni la sua ricerca
anche nel costante confronto con significative personalità
nel campo dell’arte e della cultura (J. Ortega, V.Guidi,
G.Santomaso, R.Licata e altri).
Nella
sua lunga e tenace carriera artistica,
ritmata da personali e collettive di rilievo in gallerie
private e pubbliche in tutta Italia, non c’è via che Laura
Stocco non abbia voluto conoscere e percorrere sebbene, per lo più,
delle sue acquisizioni di consapevolezza non appaia nei suoi
quadri che una traccia vaghissima, un cenno esile, una citazione
estrema. Come se la sua produzione, quella passata e la presente,
non fosse che la punta dell’iceberg, l’emerso, relativamente
ridotto rispetto al volume di esperienze che ne costituiscono il
portato.
Anche
quando, negli anni Settanta, il suo lavoro passa a forme meno
tradizionali di pittura, a codici più intellettuali di
minimalismo e arte povera, non c’è viaggio reale o virtuale,
incontro con artisti, lettura, studio o esperienza di cui Laura
Stocco non approfitti per sedimentare un solido processo di
maturazione che le serve ad evolvere i suoi processi espressivi,
estetici o sperimentali che siano. La variegata molteplicità dei
suoi interessi si riflette nelle varie e diverse interpretazioni
del mondo che caratterizzano epoche della sua vita d’artista,
scandite da passaggi ben definiti pur nella continuità certa e
determinata di quel filo rosso che ne costituisce il traliccio
portante, il baricentro fondante della personalità.
La
materia, duttile tra le sue mani sapienti, diviene sempre più
importante, assumendo addirittura ruoli dominanti rispetto alla
linea; materia leggera ma compatta e definita, ruvida, arricchita
dalle permanenze luminose che si annidano nei trapassi sottili
dell’intonaco; pregna di colori che sono impastati in essa, a
volte in un magma inseparabile, a volte in sovrapposizioni nelle
quali si legge la sequenza del tempo.
Specie
nelle ultimissime opere del 1999/2000 sembra accentuarsi nel
lavoro della Stocco una suggestione siderale, dove la materia
dispersa nel cosmo si condensa attraverso gli Eoni in forme
razionali e calibrate, non di rado contenitori di luce che
custodiscono come un guscio il passaggio della vita attraverso il
buio delle notti agli estremi confini dell’universo. Come
Prometeo queste lastre di ghiaccio attraversano le distanze tra i
cieli e la terra per portare agli uomini il tepore del fuoco e con
esso la luce della ragione.
Una
fruizione ottimale dei dipinti della Stocco suggerisce che essi
debbano essere non indagati ma percepiti, al di là della loro
stessa storia, per ciò che fanno sentire a chi le guarda, per i
suggerimenti che comunicano, per gli scenari che lasciano
intravedere e sognare. Un intendimento, questo, condiviso e
condivisibile da non pochi artisti, tra i quali Keith Haring il
quale, infatti, affermava che “il solo modo in cui l’arte vive
è attraverso l’esperienza di chi osserva. La realtà
dell’arte inizia negli occhi dell’osservatore, attraverso
l’immaginazione, l’invenzione e il confronto”.
Giovanna
Grossato
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