Il sogno di Uefa e Figc è la
superlega europea. Per questo nel campionato quest’anno c’è
aria di normalizzazione. Cioè la "tendenza" a
mantenere o riportare in serie A tutte le squadre ricche, di
città che contano e con audience. Per blindarle e non farle
più retrocedere. Le altre saranno confinate per sempre in una
serie B con due gironi e 20 iscritti. Sembra Fantacalcio. Ma
provate a indovinare chi, nell’arco di un paio d’anni,
entrerà nel regno dei cieli calcistici. E chi è destinato
all’inferno
Inter e Atalanta a parte, la classifica
della serie A dopo undici giornate di gara (e quindi a un
significativo terzo del cammino) parla il linguaggio della
"normalizzazione" così caro sia alla Uefa che alla
Figc. Un linguaggio determinato esclusivamente dalle
convenienze economiche: spazio prioritario alle società il
cui blasone si traduce in audience e merchandising, e
solamente ruoli da comparse, rigorosamente inoffensive, per
tutte le altre. Obbiettivo di fondo resta quello di creare una
blindatissima superlega europea, sul modello della Nba
americana di basket, affiancata da tornei nazionali
altrettanto "chiusi", e destinati a svuotarsi di
fascino.
Per rendersi conto di questa tendenza, basta
guardare la classifica attuale. Che è di
"regolarità" insolita rispetto agli anni passati.
Nella prima fascia, quella riservata alla "Champions
League", gravitano nell’ordine Roma, Juventus, Atalanta,
e Milan. Nella seconda, dove l’alternativa è fra
qualificarsi alla Coppa Uefa o all’Intertoto, sgomitano
Lazio, Fiorentina, Bologna, Parma e Udinese.
Infine, la zona salvezza. Dove fa capolino
una disastrata Inter, unica non invitata allo stretto tavolo
conteso, secondo i pronostici, dalle otto
"cenerentole" del torneo: Napoli (in attesa di
"promozione"), Perugia, Lecce, Verona, Vicenza,
Bari, Brescia e Reggina.
Certo, l’Inter dovrebbe stare almeno sei
posti più su, e l’ Atalanta sarebbe destinata a ben altre
stanze del palazzo. Ma un eccezione può anche starci, basta
che sia una, e non duri troppo a lungo. Così da ravvivare,
con un pizzico di imprevisto, la prevedibilità del copione.
In realtà l’Inter è ardentemente attesa almeno nelle
anticamere della reggia, visto il volume di miliardi
costantemente messo in circolazione dal presidente Moratti, e
visto il numero di tifosi, incazzati ma fedeli, sparsi in ogni
angolo d’Italia. In quel calcio, televisivo e
"normalizzato", verso cui si marcia ormai da anni
col passo dell’oca, i nerazzurri sono depositari di un posto
al sole esattamente come il Napoli, che solo per il momento
può languire nei bassifondi della zona retrocessione. Dopo
tanto purgatorio fra i cadetti sarebbe azzardato chiedere alla
società partenopea qualcosa più della salvezza. Dal prossimo
campionato sarà però "obbligatorio" rimandarla all’assalto
dei piani nobili.
Una volta recuperate Inter e Napoli, al
quadro della "normalizzazione" mancherebbero pochi
tasselli per essere completo. Sostanzialmente due: e cioè il
ritorno in serie A di una squadra genovese (più probabilmente
la Samp) e del Cagliari, in rappresentanza di un calcio
isolano che per il momento può contare assai poco sulla
resurrezione del Palermo, ancora confinato alla C1. Quanto al
Torino, il suo seguito sempre più esiguo di tifosi al di
fuori del capoluogo piemontese, e le traversie finanziarie
troppo ricorrenti della società, possono farlo considerare
virtualmente escluso dal novero delle elette, anche se
possiede le potenzialità per tornarvi.
A questo punto, ipotizzando la promozione
dalla B di Cagliari e Samp, oltre alla salvezza del Napoli, i
giochi sarebbero fatti. Nel senso che la serie A, con buona
pace delle società minori, potrebbe "blindarsi" a
sedici posti, con la scusa che le partite devono pur diminuire
da qualche parte, se aumentano in Europa. Verrebbe così
garantita eterna gloria, con relativi soldi di sponsor e
audience di pay-Tv, alle cosiddette "sei sorelle"
(Roma, Lazio, Juve, Milan, Inter e Parma), alle loro "cuginette"
da Uefa (Fiorentina, Bologna, Udinese e, in prospettiva,
Napoli e Sampdoria), e ad altre cinque squadre di una terza
fascia, che possiamo battezzare "geopolitica": una
veneta (in ordine di preferenza Figc: Verona, Venezia o
Vicenza), una lombarda (Atalanta o Brescia), una isolana
(Cagliari), una dell’Italia centrale (Perugia), e una dell’Italia
meridionale (possibilmente il Bari).
Sarebbero queste ultime cinque a garantire
un minimo ricambio con la serie B, divisa in due gironi da
venti squadre l’una, dopo la cancellazione della serie C in
nome di quell’ attivo di bilancio che in effetti molte
società delle attuali terza e quarta serie non riescono a
garantire. Secondo certi orientamenti, per ora non ancora
affiorati in superficie, l’ obbiettivo è quello di limitare
le retrocessioni a due, e per di più "pilotate"
attraverso partite di play out con le vincenti della colossale
serie B.
A chi dice che questo è tutto fantacalcio,
rispondiamo che siamo d accordo. D’altra parte "Fantacalcio"
oggi non è puro esercizio dell’immaginazione, ma gioco che
muove palate di miliardi, coinvolgendo migliaia di italiani
nelle sue quotidiane follie. Vedrete che anche quello di cui
avete appena letto è "Fantacalcio"