Speciale Sanremo
(3)
martedì 27
febbraio 2001
Il
primo Festival del terzo millennio lo apre Gigi D'Alessio.
Pensa un po'. È questo il livello del Festival numero 51. Con
qualche picco: Elisa su tutti. E poi i Quintorigo e Paola
Turci. Il resto è tutto piuttosto deprimente. Finché a un
certo punto me ne vado a fare un giro. Cosa che non avevo mai
fatto, negli anni scorsi, durante le serate. Già, durante lo
spettacolo in sala Sanremo sembra una città di fantasmi.
Vuota. A differenza del pomeriggio, dove i dintorni della
passerella sono ad alta densità di pubblico, la superficie
azzurra con le stelline è deserta dentro e fuori. Dalle case
arriva l'eco del gracchiare della Carrà. Le note risuonano
nelle stradine della Sanremo vecchia e dentro al ristornate
dove vado il televisore è lì, a dominare la sala. Non perderò
niente
allora, e Ceccherini e Papi sono meno insopportabili davanti a
un piatto di trenette al pesto (che cosa volevate ordinare a
Sanremo?).
La mattina dopo i commenti si sprecano. La sensazione è
quella di aver visto poco o nulla. Si liquida lo spettacolo
con due battute e si va in giro. Scopri la nave in cartapesta
(o qualcosa del genere) che sta in Piazza Colombo, simbolo di
che cosa non si sa. Scopri che anche a Sanremo può piovere e
che i fotografi sono lì in attesa di Russel Crowe, che di
mestiere fa l'attore e non si capisce bene che ci fa qui. Pare
strimpelli qualche strumento. Che pena. E
dimostra anche di non essere particolarmente arguto quando
impone di venire a Sanremo da Milano in aereo. A Nizza il
Gladiatore viene bloccato da un soffice manto di neve. Tiè.
Per il resto si continua, ancora, sempre, ad aspettare Eminem.
Con una certa morbosità ormai. Tutti dicono di sperare non ne
combini una delle sue. Ognuno, invece spera in silenzio che ne
combini e anche più di una.
Piove, il cielo è grigio e pare che l'epidemia influenzale si
stia abbattendo sull'Ariston. Ci si annoia insomma.
R.F.
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