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redarrowleft.GIF (53 byte) Musica Febbraio 2001  
 

Speciale Sanremo (5)

1 marzo 2001

Sanremo è una città divisa in due. Non da una frontiera o un muro. No Dalla ferrovia. E se vi trovate dalla parte sbagliata, dieci minuti di attesa non ve li troglie nessuno. E in quei dieci minuti, prima che il treno passi, puoi osservarla un po' meglio, Sanremo. E rimettere in ordine gli appunti di questi giorni. E allora ti rendi conto che questa divisione non è soltanto topografica. C'è una frattura più vaga ma al contempo netta: c'è la Sanremo del baraccone e la Sanremo che va a fare la spesa. Lo spettacolo e la quotidianità. La Sanremo che riesci a vedere solo quando c'è la pausa della nazionale. Passeggiare e scoprire vicoli e stradicciole, come in una città qualunque, quella che forse ormai i sanremesi vorrebbero. Che gliene importa ormai, dopo 51 anni, di sopportare ogni 358 giorni di avere una città blindata e soffocata?
Non deve dare una grande soddisfazione vivere in una città in cui l'assessore alla cultura - in sala stampa - esclama - pensando di non essere sentito - "questa è una sala di leccaculi". Oppure abitare laddove Staffelli di Striscia La Notizia e i Sottotono si prendono a posaceneri in testa.

In sala stampa arriva il foglio coi testi tradotti che Eminem ha cantato l'altra sera. La sera in cui non è successo nulla. Ma su Eminem, prima di archiviare l'argomento c'è ancora qualcosa da dire. Chissà se Erika e Mauro, i ragazzi di Novi Ligure, ascoltavano le canzoni di Eminem. Magari quella sera lo stavano ascoltando in camera loro, prima di essere sorpresi dalla madre di lei. Chissà se conoscevano quella strofa dove dice di tagliare la gola al padre. Probabilmente no, probabilmente non capiscono così bene l'americano dei rapper, come del resto il 99 per cento degli italiani.
Mi auguro che a questo punto qualcuno abbia già sgranato gli occhi, che stia pensando "ora questo qui ha superato ogni limite". Me lo auguro davvero e con lui mi scuso. L'accostamento quanto meno sconveniente e assurdo fra la musica pop e un fatto tanto violento e tragico non sono stato io a farlo. Lo stanno facendo qui a Sanremo. Un paio di sere fa una trasmissione della Rai dedicata al duplice omicidio era collegata in diretta anche con il Festival. Il presidente della commissione di vigilanza della Rai aveva chiesto di non far cantare Eminem anche alla luce della tragedia di Novi Ligure. Da una parte la "sanremizzazione" della cronaca, della realtà, dall'altra la censura.
E un cantante diventa la grossolana chiave di interpretazione della quotidianità, un bersaglio a cui puntare il dito. Di nuovo, invece di guardarci dentro, andiamo con lo sguardo oltre il cortile di casa. Oltreoceano addirittura.
Che Eminem sia un personaggio discutibile basta poco a capirlo. Ma che c'entra con un episodio di cronaca che dovrebbe smuovere le coscienze? Che dovrebbe rimettere in discussione certezze e valori di questa società? Nulla. Ovvio.
Ma oggi realtà e fiction, quotidianità e spettacolo si confondono, si mescolano, ci vengono spacciate come se fossero la stessa cosa. Niente di più facile allora, per spiegarci quell'episodio, che trovare un bersaglio grosso e ben visibile. Assurdo e al contempo, però, assurdamente verosimile. Così il rapper bianco razzista e antisemita, all'improvviso non è più una sterile polemica da Festival della canzonetta, un'esca da mettere sotto il naso dell'audience (che abbocca sempre, state tranquilli abbocca sicuro), ma addirittura un argomento di sociologia da salotto. O d'accatto, se preferite.
Sta a vedere che stavolta abbiamo capito qual è la vera forza del Festival. Altro che canzone italiana: Sanremo ha la capicità di ammantare di sé qualunque cosa, cronaca, politica, sport, tutto. Siamo tutti sanremizzati. E forse, ahimè, il virus non dura una settimana soltanto. Forse, dopo 51 edizioni, quel malessere è diventato cronico. Invisibile e inguaribile la sanremizzazione ha - forse - ammantato tutto. E chissà, nel momento in cui riusciremo debellarlo, il virus (il Festival), questo diventerà - forse - un paese più normale.

R.F.

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