Stiffelio,
storia di corna e di censura
Fu sottoposto
a veti, modifiche e stravolgimenti. Tutto perché il
protagonista della storia di infedeltà coniugale era un
pastore protestante. Ma tra un taglio e l’altro Giuseppe
Verdi riuscì a far prevalere la forza della sua musica. Come
ha confermato l’edizione presentata al teatro Verdi di
Trieste in occasione del 150esimo anniversario della prima
triestina dell’opera nel 1850
Il
Teatro Verdi di Trieste, con la solita attenzione che lo
distingue , ha messo in scena l'opera "Stiffelio" di
Giuseppe Verdi non solo per partecipare alle commemorazioni
dell’anno verdiano (la stagione si è aperta con l’"Attila"
del maestro bussetano) ma anche perché quest’anno ricorre
il 150° anniversario della prima rappresentazione di "Stiffelio"
che andò in scena al Teatro Grande di Trieste il 16 novembre
1850.
Verdi nel dicembre del 1849,
dopo le prime tre rappresentazioni di "Luisa Miller"
a Napoli ritornò a Busseto ed iniziò la ricerca di qualche
argomento per la stesura di nuovi libretti invitando Salvatore
Cammarano a leggere "Le Roi s’Amuse" di Victor
Hugo e il dramma "El Trobador" di Garcia Gutiérrez;
nel contempo si era però impegnato con Casa Ricordi per una
nuova opera da rappresentarsi in qualcuno dei principali
teatri italiani "salvo la Scala di Milano" dati i
rapporti tesi tra il Maestro e la direzione del teatro.
Francesco Maria Piave suggerì
a Verdi un soggetto tratto da "Le Pasteur" di Emile
Souvestre e Eugène Bourgeois, tradotto in italiano col titolo
di "Stiffelio" dal nome del protagonista. Opera di
non facile accettazione da parte del pubblico e tanto meno
dalla censura in quanto il soggetto tratta di un pastore
protestante tedesco la cui moglie Lina ha commesso adulterio e
termina con il perdono evangelico da parte del marito durante
una accorata predica in Chiesa leggendo un brano del Vangelo.
E questo episodio fu ritenuto blasfemo.
La censura tramutò Stiffelio
in un non ben definito "settario" di nome Rodolfo e
nel penultimo quadro non si permise a Lina di rivolgersi al
marito nella sua veste di confessore perciò le inquietanti
parole "Ministro confessatemi" divennero
"Rodolfo ascoltatemi". Pur con tutte queste
difficoltà e con gli inevitabili dissennati tagli il pubblico
triestino accolse favorevolmente l'opera per i suoi indubbi
valori musicali.
Nello "Stiffelio" si
possono individuare episodi che prefigurano frasi della
successiva trilogia romantica e vi sono pagine strumentali
molto curate come il breve preludio all'aria del soprano nel
secondo atto. Dopo le recite triestine l'opera fu
rappresentata in varie altre città e per non incorrere nei
divieti della censura. il titolo divenne "Guglielmo
Wellingrode". Nel 1854 Verdi scriveva all'amico De
Sanctis: "Fra le mie opere che non girano alcune le
abbandono perché i soggetti sono sbagliati, ma ve ne sono due
che vorrei non dimenticare: sono Stiffelio e Battaglia di
Legnano".
Il Maestro mise mano in modo
sostanziale a "Stiffelio" aggiungendo un quarto atto
ed intitolando l'opera "Aroldo" dove il protagonista
è un crociato inglese. Verdi non voleva che il personaggio
principale fosse un crociato ma, caso singolare, cedette alle
insistenze del Piave che lo voleva in tale veste.
Nell'edizione triestina, andata
in scena il 13 dicembre 2000, Stiffelio era Mauro Malagnini,in
perfetta forma vocale e che ha sostenuto eccellentemente
l'impervia tessitura con grande slancio cantando con ricchezza
e varietà di accento, concludendo il finale con sentita
ispirazione ed immedesimazione. Dimitra Theodossiou è stata
una Lina di forte temperamento sorretta da acuti corposi e nel
contempo usando sapientemente le mezze voci con grande
delicatezza. Uno Stankar più che lodevole è stato Marco
Vratogna: il giovane baritono ha messo in luce una vocalità
di prim'ordine con una sicurezza in tutto l'ampiezza della
tessitura e con un presenza scenica molto efficace.
Completavano la compagnia Yikun Chung (Raffaele), Enzo Capuano
(Jorg), Enrico Cossutta (Federico) e Bernadette Lucarini
(Dorotea).
Nicola Luisotti ha diretto
l'Orchestra del teatro Verdi di Trieste con nerbo ed autorità
creando atmosfere solenni ed angosciose come ad esempio
nell'introduzione del secondo atto. Ottimo il Coro del teatro
verdi bene istruito da Ine Meisers. Regia,scene costumi e luci
erano di Ulderico Manani che ha creato uno spettacolo
gradevolissimo con una essenzialità di mezzi che bene
inquadravano le varie situazioni e permettevano rapidi cambi
di scena. Il teatro triestino ha in questo modo ben ricordato
il 150° anniversario della prima rappresentazione di "Stiffelio"
avvenuta, come già precisato, nella città giuliana.
Luciano Maggi
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