No,
le auto fatte di marijuana proprio non se le aspettava
nessuno. E non è neanche lo scherzo di qualche burlone:
stanno sperimentando le possibili applicazioni di questi nuovi
componenti vegetali nientemeno che all’Università
australiana del New Whales, dipartimento ingegneria e scienze
dei materiali. Motivo: sono resistenti, costano poco, pesano
poco e, non ultimo, sono totalmente biodegradabili. Insomma
invece di andare dal rottama-auto, presto per liberarsi della
vecchia utilitaria basterà fare un bel buco per terra. Con i
ringraziamenti dell’ambiente, che avrà il piacere di
trasformare una Ferrari in concime.
Per essere sinceri i ricercatori inglesi ed
australiani non usano proprio marijuana ma la sua parente più
vicina, la canapa. Che comunque qualche traccia del
tetraidrocannabinolo (il principio attivo che dà lo sballo da
spinello), lo contiene. Ma risolto l’eventuale problema dell’odore
(e chi glielo spiega al poliziotto che vi ferma che non siete
uno spacciatore ma che è colpa del portaoggetti a base di
canapa?), il cruscotto, le portiere, gli interni ma anche il
cofano della vostra macchina, tra qualche anno, potrebbe
essere a base di fibre vegetali.
E’ una strada talmente interessante,
quella dei materiali vegetali per le auto, che in Germania l’hanno
già presa sul serio Mercedes, Bmw e Volkswagen-Audi. Già dal
1995 nella Mercedes classe E i pannelli delle portiere sono a
base di juta, e oggi l’uso di materiali vegetali nelle auto
in Germania è triplicato: nel 1999 toccava le 15mila
tonnellate. In Gran Bretagna Mark Johnson, ingegnere dell’University
of Warwick Manufacturing Group, spiega tutto in due parole:
"Le industrie automobilistiche spendono un sacco di soldi
per smaltire le carcasse e liberarsi dei rottami. Se un’auto
fosse fatta di materiali biodegradabili, non spenderebbero
più una lira". E non si inquinerebbe più. Per questo
Johnson e i suoi collaboratori stanno sperimentano componenti
ottenuti da una specie di bamboo chiamato Elephant grass (Mischantus)
ancora più semplice da trattare (per renderlo abbastanza
resistente) della canapa. Anche se la vera sfida non è quella
delle parti interne ma quella di costruire i pezzi esterni.
Insomma una "carrozzeria vegetale".
E poi non dimentichiamolo: porte, pannelli,
cruscotti e cofani alla canapa pesano circa il 30 per cento in
meno dei soliti materiali. Il che significa minori consumi di
carburante. Come dire che dall’"auto verde" ci
guadagnano tutti, a quanto pare. "Le fibre della canapa
sono più resistenti dell’acciaio – ha detto uno dei
ricercatori australiani – E fabbricarle costa molto
meno". Le fibre vegetali vengono pulite, scaldate, a
volte miscelate con plastiche biodegradabili e quindi messe in
forma. Stop. Quando l’auto è arrivata a fine carriera,
basta seppellirla come fosse un tronco d’albero (senza
motore, batterie e gomme, ovviamente). Nessun residuo tossico,
e in qualche anno al suo posto ci sarà solo terra. Magari
fertile.
Un bel vantaggio: solo negli Usa ogni anno
vanno in pensione 11 milioni di auto. Più del 90 per cento
vengono in qualche modo smontante, riciclate e ridotte a un
cubo di ferro. Ma il 25 per cento del peso totale di questi 11
milioni di macchine diventa immondizia. E si parla di
plastiche, schiume, vetro e gomma. E se un giorno tutto questo
scarto fosse canapa e bamboo?
Insomma in attesa del motore ad idrogeno,
dell’ibrido celle elettrolitiche-benzina o del gasolio
vegetale, la carrozzeria di canapa è un altro passo avanti. E
c’è anche il lino, il cotone, la soia. Ancora: entro il
2010 negli Stati Uniti pensano di riuscire a sostituire con le
fibre vegetali almeno un quinto della vetroresina usata oggi
nelle macchine.
Tutto bene allora? No, come al solito c’è
la controindicazione. Alla Ford mettono le mani avanti:
"E’ l’odore il vero problema di questi materiali. Per
esempio la canapa, che può sapere a volte di stantio. E di
questo bisogna tenerne conto". Uno svantaggio, per
carità. Ma volendo anche un buon antifurto.
Alessandro Mognon