Uffa che barba,
ci sono i mondiali
Troppo calcio
e spesso inutile. Fra tornei estivi, scandali e veleni, gioco
inesistente. E’ questo il panorama in attesa del campionato
planetario di Giappone e Corea nel prossimo anno. Le speranze
di vedere qualcosa di decente? La Francia, l’Argentina, in
parte l’Italia. Dietro è il nulla, a meno di qualche
sorpresa africana. O della pittoresca Giamaica: almeno il
supertifoso Bob Marley sarebbe stato contento
Diciamocelo, mai ci siamo
ritrovati a un anno dai mondiali di calcio con un misto di
indifferenza, nausea e scontento come questo che ci attanaglia
a dodici mesi dal torneo programmato per il 2002 in Giappone e
Corea del Sud. Il fatto che l’Italia potrebbe addirittura
vincerli, dopo esserseli giocati, pronostici alla mano,
soprattutto con Francia e Argentina, è qualcosa di talmente
vago e distante, da non tramutarsi nemmeno in una parvenza di
sogno a occhi aperti.
E’ innegabile. Siamo
asfissiati da dosi continue e incontrollabili di pallone, che
in anni dispari come il presente, si ricicla attraverso
inutili carrozzoni estivi tipo la Confederations Cup, per
nazionali vincitrici di titoli continentali, o la farraginosa
Coppa del Sudamerica, dove le uniche partite importanti
cominciano con i quarti di finale, dopo dieci giorni di
noiosissimi gironi.
Non solo. Siamo pure rintronati
dal clamore roboante di scandali e veleni spalmati come un
cancro su un campionato nazionale scaduto a inauditi livelli
di polemica e contraffazione (doping, passaporti falsi,
contestazioni, sospetti, inguardabili piazze virtuali
consacrate al peggio del calcio). E, come se non bastasse, ci
ritroviamo senza parole di fronte alla bruttezza di un calcio
odierno degnamente rappresentato da una finale di Champions’
League Bayern-Valencia, vinta dai tedeschi ai rigori dopo due
ore di "gioco" assolutamente privo di una qualsiasi
emozione o tecnico virtuosismo.
L’altra faccia di questa
tristezza è la goliardica modestia della finale Uefa tra
Liverpool e Alaves, palpitante finché si vuole se si pensa al
5-4 a favore degli inglesi, ma nello stesso tempo
caratterizzata dall’imbarazzante festival di ingenuità che
ha provocato i nove gol del risultato conclusivo.
Se queste sono state le finali
europee del 2001, diventano quanto mai intuibili le
considerazioni da fare sugli attuali valori calcistici
espressi dall’Italia e dal suo campionato, a proposito del
quale nessuno si sogna più di dire che è il più bello del
mondo. Luogo comune assolutamente tramontato in un 2001
caratterizzato dall’assenza di ogni nostra squadra oltre la
soglia dei quarti di finale delle due coppe continentali.
Eppure, ed ecco il cerchio della miseria richiudersi su se
stesso, la nostra è le medesima serie A dove giocano gli
azzurri vicecampioni d’Europa nel 2000 in Olanda, e gli
under ’21 tornati a vincere il titolo continentale sotto la
guida di Marco Tardelli. Come è possibile una contraddizione
del genere?
L’unica risposta formulabile
rimanda inevitabilmente alla cosmica pochezza calcistica da
cui siamo partiti. Sulla carta, i primi mondiali asiatici
della storia sembrano ideati apposta per confermare un’immagine
di questo tipo. Non fosse altro perché, a rendere ancora più
buio il quadro, incombe l’eventualità di una competizione
televisivamente "criptata", riservata agli abbonati
del network in grado di acquisirne i diritti, con la sola
eccezione "in chiaro" delle partite giocate dalla
nazionale italiana, destinate per contratto alla Rai. Ma,
anche ammesso che la Tv di Stato riesca ad aggiudicarsi le
sessantaquattro sfide previste fra l’inaugurazione del 31
maggio a Seul e la finalissima del 30 giugno a Yokohama, quale
spettacolo sportivo ci propinerà? Il quadro che sta
affiorando dalle centinaia di incontri di qualificazione in
programma in ogni parte del mondo, offre poche certezze di cui
compiacersi.
Tre, e non più di tre,
sembrano le squadre appartenenti a un altro pianeta.
Innanzitutto la Francia campione in carica, immancabile
dominatrice di ogni amichevole di lusso. In secondo luogo l’Argentina,
nettamente in testa al girone unico sudamericano, grazie ai
gol e alle invenzioni di fuoriclasse come Crespo, Veron e
Simeone (con Batistuta finora sottoutilizzato). Buona terza
possiamo metterci l’Italietta di Trapattoni, senza rivali
nel proprio girone eliminatorio, e sospinta così in alto, a
livello di previsioni, dalle innegabili virtù dei propri
difensori e, soprattutto, attaccanti. Tanto da arguire che, se
si riuscisse a elevare in modo accettabile il rendimento di un
centrocampo attualmente buono ma non ottimo, l’Italia stessa
assurgerebbe a favoritissima del torneo.
Alle spalle di questo terzetto,
il quadro è quello di una palude per il momento priva di
sorprese in positivo. Si profilano caso mai quelle in
negativo, con un Brasile in tremende difficoltà per
qualificarsi (è quarto in Sudamerica, ma rischia fortemente
il quinto posto, valevole per spareggiare con la vincente del
raggruppamento dell’Oceania), con un’Inghilterra e un’Olanda
quasi condannate alla lotteria dei play off europei destinati
alle seconde dei gironi di qualificazione, con un Uruguay
ormai stabilmente relegato a ruolo da comparsa.
Secondo copione si profilano
invece le qualificazioni in arrivo per nazionali come la
Spagna, la Svezia, la Russia, la Repubblica Ceca, nonché una
Germania in grado di dare segni di ripresa dopo la disastrosa
spedizione agli Europei francesi di un anno fa. Nello stesso
tempo, mentre dai raggruppamenti africani stanno uscendo i
previsti nomi di Marocco, Sudafrica, Tunisia e Camerun (la
grande novità, fra le cinque qualificate, potrebbe essere l’inedita
Liberia di George Weah), gli unici segnali nuovi giungono dal
Sudamerica e dall’Asia.
In America Latina, Paraguay ed
Ecuador stanno seriamente contendendo le piazze d’onore
dietro l’Argentina a Brasile, Colombia e Uruguay. In Asia, i
posti lasciati vacanti dalle due nazioni che ospitano il
mondiale hanno scatenato una bagarre ricca di sorprese, che si
chiamano Uzbekistan, Quatar, Thailandia, Oman e Cina. In tutto
sono rimaste in dieci per due qualificazioni, e se ne saprà
qualcosa di più in autunno.
Sempre in autunno giungeranno i
verdetti dal centronord americano. Con la speranza che, nel
ventennale della morte di Bob Marley, innamorato pazzo del
calcio, quasi si trattasse del reggae sublime, da
"suonare" col pallone al posto della chitarra, la
sua Giamaica vada a Seul e a Tokyo per segnare l’indispensabile
gol della poesia.
Stefano Ferrio
|