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redarrowleft.GIF (53 byte) Primopiano Luglio 2001  
 

 Taccuino G8 

I

Leggendo e sentendo parlare alla tivù di una città blindata, puoi fare  di tutto per immaginarla, per tentare di intuire cosa voglia dire.  Poi arrivi a Genova ed è tutto diverso. Nessuno, mai, se non in  guerra, deve avere provato una sensazione del genere. Ti dà angoscia  vedere una città vuota percorsa a tutta velocità da decine, centinaia  di volanti della polizia, carabinieri, guardia di finanza. Fanno  impressione le vetrine dei negozi sbarrate e protette da tavole di  legno, con le insegne avvolte in sacchi di plastica. In viaggio, la  radio non faceva che parlare di Genova. Intervistava cittadini  allarmati e indignati e dicevi, sì, ma non sarà poi proprio così la  situazione. E invece lo è. Angosciante, se non drammatica. Anche il  negozio Stefanel, a cinquanta metri da Palazzo Ducale, in piena zona  rossa, sta sigillando l'entrata con una tavola di panforte. Inutile  dirgli che qui non potrà succedergli nulla: "Fidarsi è bene. Non  fidarsi è meglio". Lapalissiana saggezza che contraddistingue i  genovesi in questi giorni. La prima immagine, fuori dall'autostrada, è quella di un palazzo che all'ultimo piano ha steso un lindo bucato fatto di mutande e tutto il  resto. Ce n'è anche in centro e Berlusconi mi sa che si deve  rassegnare a a mutande e reggipetti nonostante l'ordinanza che ha  fatto firmare al sindaco. All'ufficio accrediti una giornalista slava chiede soave dove sia  l'hotel per i giornalisti. Le dicono che non esiste nessun albergo  per per i giornalisti. Non ha nessuna prenotazione: si presenta una  giornata difficile per lei. Qualche centinaio di metri più in là,  sempre in via delle Brigate Partigiane, c'è il Converge Center, sede  del Genoa Social Forum. L'altra faccia dell'accoglienza. Tendoni anziché vetrate specchianti. Fotocopie invece di depliant e inviti  patinati. Sul piazzale si mangia attorno a tavoloni stretti. Il clima  è da raduno rock. E infatti, sullo sfondo del piazzale c'è l'enorme palco dove stasera suoneranno i 99 Posse e Manu Chao. Uno dell'organizzazione guarda due enormi container verdi che sono  apparsi improvvisamente la mattina. Si domanda che cosa contengano.  Fuori, poco più in là, un distributore dell'Agip che ha sulla tettoia  le bandiere degli otto G. Sotto, fra due colonne, uno striscione  arancione con su scritto in nero "La terra è di tutti". Un benzinaio  anti-global. A un semaforo rosso c'è una Vespa che si sta fermando. Da dietro arriva una volante a tutta velocità e senza sirena. Suona il clacson  quando è a due metri dalla Vespa che si butta sulla destra e quasi  cade giù. Li mandano a quel paese, ma i poliziotti sono già lontani. Girano un sacco di macchine della polizia e un sacco di macchine che  non sono della polizia che però hanno poliziotti dentro. In Piazza della Vittoria sto riprendendo con la telecamerina di Luxa una  striscia infinita di volanti che sembrano sulla linea di partenza di  una gara delle Gran Turismo, con i piloti fuori pronti a saltare  dentro. E come in ogni film poliziesco che si rispetti, alle mie  spalle sento uno stridio di freni, due porte che sbattono e - in due secondi - uno che mi batte la spalla e mi dice: "Non credo". Mi giro e fa: "Non credo che si possano filmare quegli automezzi". Li chiama  proprio così, automezzi. Ha una camicia nera e dall'orecchio sinistro pende una penna da indiano, tanto per non dare nell'occhio. La  macchina da film è una Punto bianca piuttosto sgangherata. Gli mostro  il pass-stampa, fanno: "Ah" e chiedono scusa. Ripartono sgommando di nuovo.In una laterale di via Malta (e sta piovendo, altro che il sole dell'isola mediterannea) stanno saldando le gabbie che dividono la  zona rossa dal resto della città. Dall'altra parte brilla l'insegna verde di una farmacia. Senza il pass è impossibile arrivarci per  chiunque. Una via più in là, altre sbarre e due ragazzi che hanno una  cartoleria lì accanto stanno blindando in qualche modo la loro vetrina. "Questo sarà luogo di scontro", dicono con una sicurezza disarmante. "Cercheranno di sfondare qui, ce l'hanno detto i poliziotti. Abbiamo assicurato anche l'insegna pagando 50 mila lire in più per questi giorni. Gli dico che da altre parti le hanno incartate con roba imbottita. Rispondono rassegnati: "No, qui ci si arrampicheranno e la faranno fuori". Per andare di là, dentro la famigerata zona rossa.

Roberto Ferrucci

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