Taccuino
G8
I
Leggendo
e sentendo parlare alla tivù di una città blindata, puoi
fare di tutto per immaginarla, per tentare di intuire
cosa voglia dire. Poi arrivi a Genova ed è tutto
diverso. Nessuno, mai, se non in guerra, deve avere
provato una sensazione del genere. Ti dà angoscia vedere
una città vuota percorsa a tutta velocità da decine,
centinaia di volanti della polizia, carabinieri, guardia
di finanza. Fanno impressione le vetrine dei negozi
sbarrate e protette da tavole di legno, con le insegne
avvolte in sacchi di plastica. In viaggio, la radio non
faceva che parlare di Genova. Intervistava cittadini allarmati
e indignati e dicevi, sì, ma non sarà poi proprio così la
situazione. E invece lo è. Angosciante, se non
drammatica. Anche il negozio Stefanel, a cinquanta metri
da Palazzo Ducale, in piena zona rossa, sta sigillando
l'entrata con una tavola di panforte. Inutile dirgli che
qui non potrà succedergli nulla: "Fidarsi è bene. Non
fidarsi è meglio". Lapalissiana saggezza che
contraddistingue i genovesi in questi giorni. La prima
immagine, fuori dall'autostrada, è quella di un palazzo che
all'ultimo piano ha steso un lindo bucato fatto di mutande e
tutto il resto. Ce n'è anche in centro e Berlusconi mi
sa che si deve rassegnare a a mutande e reggipetti
nonostante l'ordinanza che ha fatto firmare al sindaco.
All'ufficio accrediti una giornalista slava chiede soave dove
sia l'hotel per i giornalisti. Le dicono che non esiste
nessun albergo per per i giornalisti. Non ha nessuna
prenotazione: si presenta una giornata difficile per
lei. Qualche centinaio di metri più in là, sempre in
via delle Brigate Partigiane, c'è il Converge Center, sede
del Genoa Social Forum. L'altra faccia dell'accoglienza.
Tendoni anziché vetrate specchianti. Fotocopie invece di
depliant e inviti patinati. Sul piazzale si mangia
attorno a tavoloni stretti. Il clima è da raduno rock.
E infatti, sullo sfondo del piazzale c'è l'enorme palco dove
stasera suoneranno i 99 Posse e Manu Chao. Uno
dell'organizzazione guarda due enormi container verdi che sono
apparsi improvvisamente la mattina. Si domanda che cosa
contengano. Fuori, poco più in là, un distributore
dell'Agip che ha sulla tettoia le bandiere degli otto G.
Sotto, fra due colonne, uno striscione arancione con su
scritto in nero "La terra è di tutti". Un benzinaio
anti-global. A un semaforo rosso c'è una Vespa che si
sta fermando. Da dietro arriva una volante a tutta
velocità e senza sirena. Suona il clacson quando è a
due metri dalla Vespa che si butta sulla destra e quasi cade
giù. Li mandano a quel paese, ma i poliziotti sono già
lontani. Girano un sacco di macchine della polizia e un
sacco di macchine che non sono della polizia che però
hanno poliziotti dentro. In Piazza della Vittoria sto
riprendendo con la telecamerina di Luxa una striscia
infinita di volanti
che sembrano sulla linea di partenza di una gara delle
Gran Turismo, con i piloti fuori pronti a saltare dentro.
E come in ogni film poliziesco che si rispetti, alle mie
spalle sento uno stridio di freni, due porte che
sbattono e - in due secondi - uno che mi batte la spalla
e mi dice: "Non credo". Mi giro e fa: "Non
credo che si possano filmare quegli automezzi". Li chiama
proprio così, automezzi. Ha una camicia nera e
dall'orecchio sinistro pende una penna da indiano, tanto
per non dare nell'occhio. La macchina da film è una
Punto bianca piuttosto sgangherata. Gli mostro il
pass-stampa, fanno: "Ah" e chiedono scusa. Ripartono
sgommando di nuovo.In una laterale di via Malta (e sta
piovendo, altro che il sole dell'isola mediterannea) stanno
saldando le gabbie che dividono la zona rossa dal resto
della città. Dall'altra parte brilla l'insegna verde di una
farmacia. Senza il pass è impossibile arrivarci per chiunque.
Una via più in là, altre sbarre e due ragazzi che hanno una
cartoleria lì accanto stanno blindando in qualche modo
la loro vetrina. "Questo sarà luogo di
scontro", dicono con una sicurezza disarmante.
"Cercheranno di sfondare qui, ce l'hanno detto i poliziotti.
Abbiamo assicurato anche l'insegna pagando 50 mila lire in
più per questi giorni. Gli dico che da altre parti le hanno incartate
con roba imbottita. Rispondono rassegnati: "No, qui ci si arrampicheranno
e la faranno fuori". Per andare di là, dentro la famigerata
zona rossa.
Roberto Ferrucci
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