Esagerando un po’ è come se
per impedire a tv e media di saperne di più sull’Afghanistan,
avessero comprato tutti gli atlanti, mappe e libri di
geografia del mondo. In realtà quello che interessava il
Pentagono erano altre immagini: quelle dei satelliti. In
particolare quelli privati, che possono fotografarti la casa e
il giardino dall’alto e mandartene, a pagamento, una copia.
Troppo pericolosi, hanno detto i militari Usa: soprattutto il
satellite civile Ikonos, in grado di scattare immagini molto
più dettagliate di quanto non potessero fare i militari anche
solo vent’anni fa. Pericolosi perché non dovevano finire
nelle mani di tv e giornali le foto degli effetti dei
bombardamenti sull’Afghanistan. Come fare per impedire la
"fuga di immagini"? Applicando una legge di guerra
che permette di censurare le foto prese dai satelliti civili,
per esempio. Ma con qualche "rischio", come vedremo.
Così, come scrive su Globalsecurity l’esperto di
intelligence Duncan Campbell, ne hanno pensata un’altra per
risolvere possibili guai futuri: sborsando qualche milione di
dollari le hanno comprate tutte.
Si vedevano dettagli
straordinari, dalle foto di Ikonos: come la lunga fila di
miliziani talebani che marciano vicino a un campo di
addestramento a Jalalabad. Una risoluzione che permetterebbe
anche di vedere i cadaveri di eventuali vittime di un
bombardamento. Eppure, a bombardamenti già iniziati da un
pezzo, il Pentagono non ha mai tirato in ballo l’opzione
censura. Fino a mercoledì 17.
Le cose sono cambiate infatti
quando sono arrivati i primi rapporti che parlavano di
"pesanti perdite fra i civili" dopo il bombardamento
notturno dei campi di addestramento di Darunta, vicino a
Jalalabad. Inaccettabile, per il Pentagono. Quelle scene non
si dovevano vedere né a ovest né ad est. Insomma né i
sensibili cuori occidentali con il rischio di vedersi bloccare
i bombardamenti per motivi umanitari, né quelli più duri dei
nemici talebani che avrebbero potuto usarle come propaganda.
Così sul momento avevano
pensato di rifarsi alle leggi degli Stati Uniti che, in caso
di stato di guerra, permettono al dipartimento della Difesa di
esercitare una sorta di "censura legale" sulle
immagini prese dai satelliti civili. Facile. Finché qualche
avvocato militare non si è accorto della trappola:
"Occhio – ha avvisato – Potete fermare le immagini
che mostrano posizioni di truppe o che possono compromettere
la sicurezza dei soldati. Ma sulle altre vi beccate una causa
per violazione della libertà di stampa…".
Insomma difficile dire che la
foto delle vittime di un bombardamento rappresenti un pericolo
per le operazioni militari. Giornali e tv avrebbero potuto
facilmente rifarsi al Primo Emendamento che garantisce,
appunto, la libertà di stampa. Così al Pentagono hanno
scelto la strada commerciale: comprare i diritti di tutte le
immagini di Ikonos che riguardano l’Afghanistan. Comprese
quelle del primo giorno di attacco. Una pura questione di
"guerra psicologica", visto che ai militari quelle
foto non interessano: loro ne hanno di 10 volte più definite,
ottenute grazie ai satelliti Keyholes ("Buchi di
serratura") che vanno ben oltre il metro di risoluzione
di Ikonos.
Si potrebbe chiedere aiuto ai
russi (che hanno il sistema satellitare Cosmos), ma per ora
non ci sono risposte. E vista la passione con cui appoggiano l’intervento
Usa in Afghanistan, difficile che scontentino il Pentagono per
far piacere al New York Times. Così si è forse aperta una
nuova strada nei (da sempre) difficili rapporti
stampa-militari: se non posso combatterti, ti compro. Nel vero
senso della parola: prossimo passo sarà la proprietà del
ministero della Difesa di un giornale o di una rete tv. L’unico,
ovviamente, autorizzato a trasmettere dal campo di battaglia e
chiudere i suoi servizi in stile Cnn: "…e quindi nessun
civile è rimasto vittima dei bombardamenti. Generale Powell,
PentagonTv, Afghanistan…".
a.m.