Noi, figli di Diego
Maradona
Intervista
a Marco Ponti
Santa
Maradona è un film
dalla genesi molto felice: segna l’esordio alla regia
del torinese Marco Ponti, un ragazzo simpatico e in gamba
destinato a sorprenderci ancora. Inoltre Stefano Accorsi
è il protagonista di questa pellicola divertente, sexy e
intrigante insieme a Libero De Rienzo, a Anita Caprioli e
a Mandala Tayde. Un film diverso, curato in ogni suo
singolo aspetto.
Da dove
nasce l’esigenza di raccontare una storia del genere?
Ho scritto
anche altre cose molto diverse, ma di Santa Maradona
quello che mi piaceva di più era l’idea di una storia
mai raccontata prima. Mi divertiva l’idea di fare una
commedia senza fare, però, una commediola. Il cinema
italiano e quello americano hanno più volte utilizzato
questo genere in apparenza leggero per mostrare al
pubblico storie molto importanti.
L’audiovisivo
in generale, e il cinema in particolare sono diventati la
forma d’arte principale del ventunesimo secolo. Perché
un esordiente che vuole raccontare una storia come lei,
decide di fare un film piuttosto che scrivere un libro?
Perché la componente visuale è diventata dominante il
nostro modo di creare storie?
Io sono una
persona dalla forte vocazione "visiva". Amo
moltissimo guardami intorno tentando di leggere quello che
vedo. Preferisco trovarmi in mezzo alla gente, andare a
lavorare in bicicletta o metropolitana guardandomi
intorno. Contemporaneamente in mezzo a questo strabordio
di messaggi visivi, la maggior parte delle cose sono
irrilevanti. Venti minuti di zapping in televisione non
valgono quanto una passeggiata in centro, perché non vedi
nulla che valga la pena di essere osservato. Se la
televisione venisse privata delle notizie, dei film e –
dal mio punto di vista – del gran premio di Formula Uno,
sarebbe soltanto una simulazione del visivo. Oggi come
oggi c’è un forte bisogno del "piacere del
visivo" ed è per questo che il cinema vede ancora di
più rafforzata la sua funzione sociale in questo senso.
Cosa pensa
di Stefano Accorsi?
Credo che
in questo momento stia raccogliendo quello che gli è
assolutamente dovuto. Non pensavo che fosse così
straordinario fino a quando non l’ho visto sul set. E’
un ragazzo preciso e sensibilissimo. Non si stanca mai ed
è estremamente collaborativo. Ha proposto un sacco di
idee per il suo personaggio e ha anche improvvisato molto.
E’ un attore straordinario e sono contento che oggi sia
al numero uno.
Accorsi
insieme a Luigi Lo Cascio, Fabrizio Gifuni, Sonia
Bergamasco, Sandra Ceccarelli, Giovanna Mezzogiorno e
altri è un attore che ha una solida formazione artistica.
E’ possibile che la cifra stilistica della sua
generazione di attori sia la preparazione?
Una
caratteristica che un autore può avere è la
disponibilità. Per come lavoro io non sono interessato a
lavorare con degli esecutori, bensì di mettermi in gioco
con persone (attori e tecnici) in grado di aggiungere
anche un po’ della loro visione del film. Se un attore
è come Stefano o anche come Libero De Rienzo può davvero
darti qualcosa in più. A patto che abbia una formazione,
un’educazione artistica e una sensibilità in linea con
quella del regista. In tal caso lo scambio è molto ricco.
Questa generazione di attori, i nomi che ha citato, è
molto ricca. Queste sono persone molto più disponibili
rispetto al passato e forse c’è più ricerca da parte
loro.
Stefano
Accorsi e quelli come lui rappresentano in un certo senso
l’idea de L’uomo in più?
Sicuramente,
perché l’idea del regista come il Demiurgo del film è
sbagliata e solo corporativa. Anche i geni assoluti hanno
bisogno di aiuto. Oggi noi abbiamo bisogno di creare una
scuola. Del resto facendo un paragone calcistico non puoi
mettere in campo la Juventus solo con Del Piero…
Il fatto di
arrivare nel mondo del cinema da "esterno", che
tipo di approccio le ha dato con la realtà produttiva?
Il mio è
un percorso atipico: non ho fatto scuole di cinema, non ho
fatto dieci cortometraggi e non ho vinto nessun Festival.
Sono uno sconosciuto che, però, è un grande appassionato
di cinema. Ho visto tantissimi film e per certi versi
credo che basti. Ho il vantaggio dell’incoscienza e non
avere dei legami per me significa non avere nessun tipo di
debito. Il rispetto c’è, naturalmente, ma ho affrontato
molte situazioni del tutto nuove, che spesso ho superato
con dei sentieri non del tutto canonici. Io credo che
qualche piccola regola nuova si possa aggiungere al gioco.
Certo, c’è
anche i rischi connessi all’ingenuità e alla
stupidaggine sono elevati...
E’ una
situazione di disagio?
No, la
trovo molto gradevole, perché – se sbaglio – non è
scritto da nessuna parte che io debba fare il regista per
forza. Quando facevo leggere la mia sceneggiatura io
cercavo di spiegare al mio interlocutore che l’unica
forza stava nel valore del progetto. Era evidente che se
fosse stata rifiutata ci sarei rimasto male, ma io non
avevo comunque null’altro da mettere sul piatto se non
le mie idee. Non ho un nome da tutelare come regista e
dietro di me non c’è davvero nulla.
Essere un outsider
cosa comporta?
Credo
che c’entri qualcosa il perché uno voglia avvicinarsi
al mondo del cinema. Molte persone con cui ho iniziato ad
occuparmi di sceneggiatura erano più interessate a
frequentare un ambiente e non a fare un film. Hanno
trovato terreno fertilissimo in certi ambienti e sono
contenti. A me non interessa questo, quello che conta sono
i progetti e il modo di portarli a termine. Se vado a cena
con Stefano Accorsi e Giovanna Mezzogiorno lo faccio
perché sono degli amici che stimo molto come persone e
professionisti e non certo perché spero che qualcuno
creda che anche io sono "figo" come loro. A me
piace stare con queste persone indipendentemente da quello
che fanno e non perché qualcuno possa vedere che ci sono
anche io…la trovo un’ambizione molto miserevole…Desidero
fare un mestiere che mi piace. So che è particolare, ma
da vicino è come tutti gli altri lavori. Ti svegli, fai
colazione e arrivi sul set.
A proposito
di celebrità: ha mai pensato di fare vedere a Maradona
questo film?
Sì, ci ho
pensato. Mi farebbe piacere farglielo vedere, anche
perché il suo essere stato estremo (anche nel diventare
antipatico, scomodo e perdente…) lui lo può ritrovare
nei personaggi del mio film. Mi piacerebbe poterlo
incontrare e spiegargli che cosa di lui ha ispirato questo
film, oltre alla canzone di Manu
Chao.
Ha mai
pensato di fargli fare un cameo?
No, perché
sarebbe equivalso a sfruttare il suo nome. Il montaggio di
alcuni suoi goals nei titoli di testa è più che
sufficiente.
Le
piacerebbe girare un film biografico su Maradona?
Oggi non mi
sento in grado di realizzare qualcosa come Man on the
moon di Milos Forman su Andy Kaufman che rappresenta
per me il massimo dal punto di vista biografico…magari
tra dieci anni.
M. Spa.
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