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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema ottobre 2001


Noi, figli di Diego Maradona

Intervista a Marco Ponti

Santa Maradona è un film dalla genesi molto felice: segna l’esordio alla regia del torinese Marco Ponti, un ragazzo simpatico e in gamba destinato a sorprenderci ancora. Inoltre Stefano Accorsi è il protagonista di questa pellicola divertente, sexy e intrigante insieme a Libero De Rienzo, a Anita Caprioli e a Mandala Tayde. Un film diverso, curato in ogni suo singolo aspetto.

Da dove nasce l’esigenza di raccontare una storia del genere?

Ho scritto anche altre cose molto diverse, ma di Santa Maradona quello che mi piaceva di più era l’idea di una storia mai raccontata prima. Mi divertiva l’idea di fare una commedia senza fare, però, una commediola. Il cinema italiano e quello americano hanno più volte utilizzato questo genere in apparenza leggero per mostrare al pubblico storie molto importanti.

L’audiovisivo in generale, e il cinema in particolare sono diventati la forma d’arte principale del ventunesimo secolo. Perché un esordiente che vuole raccontare una storia come lei, decide di fare un film piuttosto che scrivere un libro? Perché la componente visuale è diventata dominante il nostro modo di creare storie?

Io sono una persona dalla forte vocazione "visiva". Amo moltissimo guardami intorno tentando di leggere quello che vedo. Preferisco trovarmi in mezzo alla gente, andare a lavorare in bicicletta o metropolitana guardandomi intorno. Contemporaneamente in mezzo a questo strabordio di messaggi visivi, la maggior parte delle cose sono irrilevanti. Venti minuti di zapping in televisione non valgono quanto una passeggiata in centro, perché non vedi nulla che valga la pena di essere osservato. Se la televisione venisse privata delle notizie, dei film e – dal mio punto di vista – del gran premio di Formula Uno, sarebbe soltanto una simulazione del visivo. Oggi come oggi c’è un forte bisogno del "piacere del visivo" ed è per questo che il cinema vede ancora di più rafforzata la sua funzione sociale in questo senso.

Cosa pensa di Stefano Accorsi?

Credo che in questo momento stia raccogliendo quello che gli è assolutamente dovuto. Non pensavo che fosse così straordinario fino a quando non l’ho visto sul set. E’ un ragazzo preciso e sensibilissimo. Non si stanca mai ed è estremamente collaborativo. Ha proposto un sacco di idee per il suo personaggio e ha anche improvvisato molto. E’ un attore straordinario e sono contento che oggi sia al numero uno.

Accorsi insieme a Luigi Lo Cascio, Fabrizio Gifuni, Sonia Bergamasco, Sandra Ceccarelli, Giovanna Mezzogiorno e altri è un attore che ha una solida formazione artistica. E’ possibile che la cifra stilistica della sua generazione di attori sia la preparazione?

Una caratteristica che un autore può avere è la disponibilità. Per come lavoro io non sono interessato a lavorare con degli esecutori, bensì di mettermi in gioco con persone (attori e tecnici) in grado di aggiungere anche un po’ della loro visione del film. Se un attore è come Stefano o anche come Libero De Rienzo può davvero darti qualcosa in più. A patto che abbia una formazione, un’educazione artistica e una sensibilità in linea con quella del regista. In tal caso lo scambio è molto ricco. Questa generazione di attori, i nomi che ha citato, è molto ricca. Queste sono persone molto più disponibili rispetto al passato e forse c’è più ricerca da parte loro.

Stefano Accorsi e quelli come lui rappresentano in un certo senso l’idea de L’uomo in più?

Sicuramente, perché l’idea del regista come il Demiurgo del film è sbagliata e solo corporativa. Anche i geni assoluti hanno bisogno di aiuto. Oggi noi abbiamo bisogno di creare una scuola. Del resto facendo un paragone calcistico non puoi mettere in campo la Juventus solo con Del Piero…

Il fatto di arrivare nel mondo del cinema da "esterno", che tipo di approccio le ha dato con la realtà produttiva?

Il mio è un percorso atipico: non ho fatto scuole di cinema, non ho fatto dieci cortometraggi e non ho vinto nessun Festival. Sono uno sconosciuto che, però, è un grande appassionato di cinema. Ho visto tantissimi film e per certi versi credo che basti. Ho il vantaggio dell’incoscienza e non avere dei legami per me significa non avere nessun tipo di debito. Il rispetto c’è, naturalmente, ma ho affrontato molte situazioni del tutto nuove, che spesso ho superato con dei sentieri non del tutto canonici. Io credo che qualche piccola regola nuova si possa aggiungere al gioco.

Certo, c’è anche i rischi connessi all’ingenuità e alla stupidaggine sono elevati...

E’ una situazione di disagio?

No, la trovo molto gradevole, perché – se sbaglio – non è scritto da nessuna parte che io debba fare il regista per forza. Quando facevo leggere la mia sceneggiatura io cercavo di spiegare al mio interlocutore che l’unica forza stava nel valore del progetto. Era evidente che se fosse stata rifiutata ci sarei rimasto male, ma io non avevo comunque null’altro da mettere sul piatto se non le mie idee. Non ho un nome da tutelare come regista e dietro di me non c’è davvero nulla.

Essere un outsider cosa comporta?

Credo che c’entri qualcosa il perché uno voglia avvicinarsi al mondo del cinema. Molte persone con cui ho iniziato ad occuparmi di sceneggiatura erano più interessate a frequentare un ambiente e non a fare un film. Hanno trovato terreno fertilissimo in certi ambienti e sono contenti. A me non interessa questo, quello che conta sono i progetti e il modo di portarli a termine. Se vado a cena con Stefano Accorsi e Giovanna Mezzogiorno lo faccio perché sono degli amici che stimo molto come persone e professionisti e non certo perché spero che qualcuno creda che anche io sono "figo" come loro. A me piace stare con queste persone indipendentemente da quello che fanno e non perché qualcuno possa vedere che ci sono anche io…la trovo un’ambizione molto miserevole…Desidero fare un mestiere che mi piace. So che è particolare, ma da vicino è come tutti gli altri lavori. Ti svegli, fai colazione e arrivi sul set.

A proposito di celebrità: ha mai pensato di fare vedere a Maradona questo film?

Sì, ci ho pensato. Mi farebbe piacere farglielo vedere, anche perché il suo essere stato estremo (anche nel diventare antipatico, scomodo e perdente…) lui lo può ritrovare nei personaggi del mio film. Mi piacerebbe poterlo incontrare e spiegargli che cosa di lui ha ispirato questo film, oltre alla canzone di Manu Chao.

Ha mai pensato di fargli fare un cameo?

No, perché sarebbe equivalso a sfruttare il suo nome. Il montaggio di alcuni suoi goals nei titoli di testa è più che sufficiente.

Le piacerebbe girare un film biografico su Maradona?

Oggi non mi sento in grado di realizzare qualcosa come Man on the moon di Milos Forman su Andy Kaufman che rappresenta per me il massimo dal punto di vista biografico…magari tra dieci anni.

M. Spa.

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