I
tacchi alti del soldato Jane
Lieve e aggressiva, disarmante
e battagliera, caldamente cedevole e gelidamente determinata:
la donna italiana oggi dice sì senza riserve alla guerra.
Anche da vivere in prima persona. Ma i segnali sociali e di
costume, in prima linea il mondo della moda, la dipingono solo
con tanta voglia di tenerezza. Una “doppiezza” che ha forse un
perché: l’estinzione delle “madri e spose”
Vogliono
o no la guerra le donne italiane? Pare che, mentre i maschi si
definiscono incerti e preoccupati, una buona parte del mondo
femminile sostenga che “quando una cosa ci vuole, ci vuole”.
Anna di 37 anni, ad esempio,
commenta: “Non si può fare a meno di entrare da
protagonisti in questo conflitto che è quanto mai necessario e
sentito.”
Roberta, 16 anni incalza “Certo
che si deve andare in guerra, bisogna dare una lezione a quei
pazzi!”
Marta, 52 anni aggiunge” In
questo momento la guerra è inevitabile e se fossi giovane
vorrei andare io a combattere.” E alla domanda: “Vorresti
essere la moglie del soldato?” “Sì, il soldato mi dà
il senso della forza e del coraggio”, dice Valeria 18
anni, mentre Sara, 29 anni afferma: “Vorrei essere al suo
fianco e combattere col mio uomo tutte la battaglie.”
Dunque parte delle femmine
avverte istinti bellicosi….
I tempi sono molto cambiati: non
la pensavano certo così le donne degli eroi mitici. Ricordate,
ad
esempio,
l’incontro tra Andromaca “dalle bianche braccia” e il marito
Ettore alle porte Scee, quelle a ovest della città di Troia,
preludio di morte? La sposa ricorse agli argomenti più
toccanti e poetici della letteratura per trattenere l’amato
dalla guerra e la mirabile quaterna sentimentale con cui lo
aveva definito “ padre, madre, fratello, giovane sposo”
avrebbe fatto desistere il più incallito dei guerrafondai e,
se non ci fosse stato di mezzo il destino, anche Ettore,
forse, avrebbe preferito il dolce talamo alla battaglia. In
passato l’ostilità delle donne alla guerra apparteneva quasi
all’ordine naturale delle cose e il rifiuto della violenza era
considerato un fatto istintivo della sposa e della madre
costrette a separarsi dal marito o dal figlio.
Durante la prima guerra mondiale,
però, le cose stavano già cambiando e alcuni elementi
modificarono radicalmente il rapporto “donne - guerra”,
rapporto che, come è storicamente documentato, accelerò il
processo di emancipazione femminile. Dal 1915 al ‘18 infatti
centinaia di migliaia di
donne
presero il posto di lavoro degli uomini chiamati alle armi. Un
articolo pubblicato nel 1918 sul Corriere della Sera faceva
notare che “… fiumane di donne erano penetrate in luoghi di
lavoro degli uomini. Campi, fabbriche, uffici, ospedali,
stazioni, tranvie,banche, botteghe pullulavano ormai di
impiegate, operaie, commesse…”
Con la seconda guerra mondiale il
fenomeno si accentuò e il mondo femminile finì per trovare
vantaggi dalla guerra: lavoro continuo, salari prima
insperati, una certa agiatezza dopo tanta miseria e,
soprattutto, nuovi diritti legati ai nuovi doveri. Le donne
cominciarono a mostrare aggressività, grinta e gli angeli del
focolare si trasformarono in “furie” come le definiva
Turati perché avevano più coraggio di protestare degli uomini,
erano più libere e agguerrite (forse perché non temevano di
essere mandate al fronte).
Al tempo della guerra del Golfo
alcune mogli di soldati trovarono addirittura vantaggi dai
media che avevano buttato il conflitto in continua diretta
dando spazio a immagini di piccoli, grandi eroi e delle loro
donne, diventate quasi delle star.
E
oggi? Al fronte ci vogliono andare loro, le donne, e se non
proprio al fronte, lì vicino. Comunque l’interventismo
femminile è in forte ascesa e sembra superare quello maschile.
Ma allora, perché le sfilate di moda di questi giorni per la
prossima estate ci propongono, in controcorrente, immagini
traboccanti di glamour, figurine angelicate che chiedono e
muovono a tenerezza con abitini leggeri e borotalcati come
quelli di Gattinoni o fluttanti di chiare trasparenze come
quelli di Givenchy ? Bisogno di evasione dalla violenza,
voglia di poesia come terapia contro la paura, dicono gli
stilisti. Ma non è altrettanto poetica secondo voi la figura
femminile del terzo Millennio proprio per quello “spirto
guerrier ch’entro le rugge”?
Certo è che questi venti di guerra
sembrano divertirsi a dipingere una strana e contraddittoria
immagine di donna, ora piccolo soldato Jane, ora aggraziato e
tenero angioletto, ma è sicuro che in questo ambiguo quadro,
“madri e spose” trovano sempre meno spazio. Si staranno
estinguendo?
Maria Chiara Passera |