Platone, i Rolling Stones e l’amore gay
Nel
film è (quasi) tutto lui: regista, sceneggiatore, attore e
cantante. Per interpretare una drag queen della Germania
Est e parlare di psicologia e filosofia attraverso la
musica rock. E, spiega nell’intervista John Cameron
Mitchell, per conoscere sé stesso attraverso gli occhi
degli altri
Hedwig
è il suo film d’esordio. Una pellicola
divertente che coniuga le tematiche care a tutte le opere
rock (la musica come emancipazione estrema del nostro io)
ad inconsuete suggestioni filosofiche fino ad arrivare ad
elementi di identificazione più personali riguardo
l’omosessualità. Lui è John Cameron Mitchell, regista,
sceneggiatore, attore e cantante di una storia surreale,
ma interessante, in cui una drag queen proveniente
dalla Germania Est è l’amante–pigmalione di una delle
nuove stelle del rock. Un film d’esordio dopo una lunga
serie di comparsate televisive (Law & Order, Ai confini
della realtà) e qualche pellicola più impegnata come
Girl 6 di Spike Lee.
Tra
Hegel e i Pink Floyd chi l’ha influenzata di più per
questo film?
Veramente
non sono mai stato un fan di nessuno dei due.
E di
Platone?
Sì, di
Platone sì. Alcuni testi delle mie canzoni sono ispirate
al Simposio, una raccolta ineguagliabile di
pensieri riguardo l’amore tra due uomini e soprattutto
riguardo l’amore stesso più in generale. Anni fa ne ho
visto a Los Angeles una trasposizione teatrale e da allora
ne sono rimasto estremamente colpito. Quel dialogo è
veramente interessante per capire il senso di
completamento di cui ha bisogno un essere umano.
Nel
film, poi, viene detta una battuta: “You Kant always get
what you want”: una traslitterazione del titolo della
canzone dei Rolling Stones You can’t always get what
you want e se tradotta con la frase “Tu, Kant hai
sempre quello che vuoi” diventa una sintesi perfetta
della filosofia kantiana…
Sì, in
particolare della critica della ragione pura…
Cosa significa per lei portare sullo
schermo un personaggio estremo come Hedwig?
Beh,
innanzitutto è una conoscenza di me stesso attraverso
l’esterno. Il completamento che tutti ricerchiamo nella
vita può arrivarci solo dagli altri. Tutti quanti noi
siamo la somma delle nostre relazioni che va a scontrarsi
con la rabbia che ci portiamo dentro. Non sento un
approccio buddista verso la vita, ma cerco di affrontare
la realtà per capirla fino in fondo, disposto mille volte
ad arrabbiarmi contro la stupidità altrui.
Qual è
il tema che ritiene essere stato più difficile trasporre
sullo schermo?
Quello
relativo al potere. Nato a Berlino Est, Hedwig è figlio di
una madre ossessionata dai peccati del Terzo Reich in una
società fondata sul sospetto come quella comunista. Io
sono cresciuto come un gay e ho sempre considerato la mia
parte femminea come un dono da preservare rispetto al
potere di un maschilismo dominante. Capire l’equilibrio
tra questi elementi equivale a trovare il proprio ruolo
nel mondo. La vera lotta di Hedwig è questa: contro il
potere che vuole negare a lei e a quelli come lei ciò che
è che vorrebbe avere in più
m.s. |