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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Novembre/Dicembre 2001

 
Platone, i Rolling Stones e l’amore gay

 Nel film è (quasi) tutto lui: regista, sceneggiatore, attore e cantante. Per interpretare una drag queen della Germania Est e parlare di psicologia e filosofia attraverso la musica rock. E, spiega nell’intervista John Cameron Mitchell, per conoscere sé stesso attraverso gli occhi degli altri

Hedwig è il suo film d’esordio. Una pellicola divertente che coniuga le tematiche care a tutte le opere rock (la musica come emancipazione estrema del nostro io) ad inconsuete suggestioni filosofiche fino ad arrivare ad elementi di identificazione più personali riguardo l’omosessualità. Lui è John Cameron Mitchell, regista, sceneggiatore, attore e cantante di una storia surreale, ma interessante, in cui una drag queen proveniente dalla Germania Est è l’amante–pigmalione di una delle nuove stelle del rock. Un film d’esordio dopo una lunga serie di comparsate televisive (Law & Order, Ai confini della realtà) e qualche pellicola più impegnata come Girl 6 di Spike Lee.

 Tra Hegel e i Pink Floyd chi l’ha influenzata di più per questo film?

Veramente non sono mai stato un fan di nessuno dei due.

E di Platone?

Sì, di Platone sì. Alcuni testi delle mie canzoni sono ispirate al Simposio, una raccolta ineguagliabile di pensieri riguardo l’amore tra due uomini e soprattutto riguardo l’amore stesso più in generale. Anni fa ne ho visto a Los Angeles una trasposizione teatrale e da allora ne sono rimasto estremamente colpito. Quel dialogo è veramente interessante per capire il senso di completamento di cui ha bisogno un essere umano.

Nel film, poi, viene detta una battuta: “You Kant always get what you want”: una traslitterazione del titolo della canzone dei Rolling Stones You can’t always get what you want  e se tradotta con la frase “Tu, Kant hai sempre quello che vuoi” diventa una sintesi perfetta della filosofia kantiana…

Sì, in particolare della critica della ragione pura…

Cosa significa per lei portare sullo schermo un personaggio estremo come Hedwig?

Beh, innanzitutto è una conoscenza di me stesso attraverso l’esterno. Il completamento che tutti ricerchiamo nella vita può arrivarci solo dagli altri. Tutti quanti noi siamo la somma delle nostre relazioni che va a scontrarsi con la rabbia che ci portiamo dentro. Non sento un approccio buddista verso la vita, ma cerco di affrontare la realtà per capirla fino in fondo, disposto mille volte ad arrabbiarmi contro la stupidità altrui.

Qual è il tema che ritiene essere stato più difficile trasporre sullo schermo?

Quello relativo al potere. Nato a Berlino Est, Hedwig è figlio di una madre ossessionata dai peccati del Terzo Reich in una società fondata sul sospetto come quella comunista. Io sono cresciuto come un gay e ho sempre considerato la mia parte femminea come un dono da preservare rispetto al potere di un maschilismo dominante. Capire l’equilibrio tra questi elementi equivale a trovare il proprio ruolo nel mondo. La vera lotta di Hedwig è questa: contro il potere che vuole negare a lei e a quelli come lei ciò che è che vorrebbe avere in più

m.s.

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