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redarrowleft.GIF (53 byte) Lettura Gennaio 2002  
 

Balordi d’Italia

Un Paese allo sbando guidato da un premier-imprenditore-imbonitore e sconvolto dal terrorismo; una banda di ingenui sfortunati e perdenti che finiscono nei guai; una delicata storia d’amore. E un colpo di scena finale. Sono gli ingredienti dell’ultimo poetico e sarcastico romanzo di Rugarli

Giampaolo Rugarli, La viaggiatrice del tram numero 4, Marsilio, pp.475, L.34.000, €17,56

E’ un’Italia ottusa e cinica quella che ci descrive Giampaolo Rugarli nel suo ultimo romanzo. Uno squallido Belpaese, governato dal cavalier Bernardini: personaggio il quale, più che "grande imprenditore disceso in campo per soccorrere le istituzioni minacciate", appare un imbonitore giunto perfino a promettere "un utero a tutti i poveri maschi". Una nazione sconvolta dal terrorismo (dove si fa strage di deputati) e ancor più dai mass media cialtroni. Un luogo degradato da cui Stefania – uno dei sette protagonisti di questa storia dolceamara, di questa tragicommedia dai toni demenziali – vuole fuggire anelando ad un soggiorno presso le favolose isole Sciann Katjuss.

Ma i sogni son difficili da avverarsi, e la ragazza finirà coinvolta in una peripezia attraverso l’Europa in compagnia di altri sei balordi compagni di avventure/sventure, per recuperare una valigia piena di soldi frutto di una rapina. Risultato: i sette verranno trovati dalla polizia con un mitra nel bagagliaio dell’auto in cui viaggiavano. Così davanti ad un sedicente commissario essi, a turno, confesseranno le proprie malefatte e miserie attraverso con una serie di stralunati monologhi in cui ognuno si metterà a nudo impietosamente.

La prima a vuotare il sacco è, si diceva, Stefania. Ma la poveretta non ha molto da confessare. Ci vuol poco, infatti, a capire come la ragazza sia stata usata come inconsapevole corriera dal suo amante provvisorio Lord Byron: un pirla di delinquente con una gamba artificiale in combutta con Polpa, macellaio sempre impasticcato di ecstasy e ancor più tonto dell’amico. Non che gli altri poveracci del gruppo siano gran menti, però. Ci sta un vecchio imbrattatele, convinto che i terroristi siano "il sale della terra" e perso dietro vani miraggi di insurrezione armata; un impotente, soprannominato "professore", a rimorchio dell’anarchico; infine una bella femmina, tale Elisabetta, sorta di segretaria del professore, nonché concupita da Stefano (il fratello di Elisabetta): altra vittima inconsapevole del losco traffico di cui egli è all’oscuro. Ma alla fin fine tutti e sette i personaggi sono solo vittime: della propria incapacità a gestire se stessi in un mondo che a loro avviso "appartiene a chi bara. E anche a chi ruba".

Così dall’incrociarsi delle varie deposizioni, spesso contraddittorie fra loro, l’unica cosa che risulta plausibile è di trovarsi di fronte non già ad un gruppo di efferati terroristi, ma ad un branco di poveri diavoli allo sbando. Forse quindi, come afferma il professore, non c’è alcun piano eversivo da concertare e con l’assassinio dei deputati lo squinternato gruppetto non ha nulla a che fare. E il colpo di scena finale (cui accenno solamente, non volendo guastare la sorpresa al lettore) che rimescola per l’ennesima volta le carte di questa partita truccata, svela come anche questa farsa abbia sempre a che fare con i mass media, (in primo luogo la Tv), la spettacolarizzazione e la finzione.

Si salva dalla generale meschinità la delicata storia d’amore che percorre lateralmente ma in modo incisivo il romanzo: quella tra il professore e la viaggiatrice del tram numero 4. Una storia narrata attraverso una prosa dal registro poeticissimo che Rugarli alterna magistralmente a quello sarcastico e grottesco, a sicuro effetto di straniamento.

Francesco Roat  

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