Balordi d’Italia
Un Paese allo
sbando guidato da un premier-imprenditore-imbonitore e
sconvolto dal terrorismo; una banda di ingenui sfortunati e
perdenti che finiscono nei guai; una delicata storia d’amore.
E un colpo di scena finale. Sono gli ingredienti dell’ultimo
poetico e sarcastico romanzo di Rugarli
Giampaolo Rugarli, La viaggiatrice del tram numero 4,
Marsilio, pp.475, L.34.000, €17,56
E’
un’Italia ottusa e cinica quella che ci descrive Giampaolo
Rugarli nel suo ultimo romanzo. Uno squallido Belpaese,
governato dal cavalier Bernardini: personaggio il quale, più
che "grande imprenditore disceso in campo per soccorrere le
istituzioni minacciate", appare un imbonitore giunto perfino a
promettere "un utero a tutti i poveri maschi". Una nazione
sconvolta dal terrorismo (dove si fa strage di deputati) e
ancor più dai mass media cialtroni. Un luogo degradato da cui
Stefania – uno dei sette protagonisti di questa storia
dolceamara, di questa tragicommedia dai toni demenziali –
vuole fuggire anelando ad un soggiorno presso le favolose
isole Sciann Katjuss.
Ma i sogni son difficili da
avverarsi, e la ragazza finirà coinvolta in una peripezia
attraverso l’Europa in compagnia di altri sei balordi compagni
di avventure/sventure, per recuperare una valigia piena di
soldi frutto di una rapina. Risultato: i sette verranno
trovati dalla polizia con un mitra nel bagagliaio dell’auto in
cui viaggiavano. Così davanti ad un sedicente commissario
essi, a turno, confesseranno le proprie malefatte e miserie
attraverso con una serie di stralunati monologhi in cui ognuno
si metterà a nudo impietosamente.
La prima a vuotare il sacco è,
si diceva, Stefania. Ma la poveretta non ha molto da
confessare. Ci vuol poco, infatti, a capire come la ragazza
sia stata usata come inconsapevole corriera dal suo amante
provvisorio Lord Byron: un pirla di delinquente con una
gamba artificiale in combutta con Polpa, macellaio sempre
impasticcato di ecstasy e ancor più tonto dell’amico.
Non che gli altri poveracci del gruppo siano gran menti, però.
Ci sta un vecchio imbrattatele, convinto che i terroristi
siano "il sale della terra" e perso dietro vani miraggi di
insurrezione armata; un impotente, soprannominato
"professore", a rimorchio dell’anarchico; infine una bella
femmina, tale Elisabetta, sorta di segretaria del professore,
nonché concupita da Stefano (il fratello di Elisabetta): altra
vittima inconsapevole del losco traffico di cui egli è
all’oscuro. Ma alla fin fine tutti e sette i personaggi sono
solo vittime: della propria incapacità a gestire se stessi in
un mondo che a loro avviso "appartiene a chi bara. E anche a
chi ruba".
Così dall’incrociarsi delle
varie deposizioni, spesso contraddittorie fra loro, l’unica
cosa che risulta plausibile è di trovarsi di fronte non già ad
un gruppo di efferati terroristi, ma ad un branco di poveri
diavoli allo sbando. Forse quindi, come afferma il professore,
non c’è alcun piano eversivo da concertare e con l’assassinio
dei deputati lo squinternato gruppetto non ha nulla a che
fare. E il colpo di scena finale (cui accenno solamente, non
volendo guastare la sorpresa al lettore) che rimescola per
l’ennesima volta le carte di questa partita truccata, svela
come anche questa farsa abbia sempre a che fare con i mass
media, (in primo luogo la Tv), la spettacolarizzazione e la
finzione.
Si salva dalla generale
meschinità la delicata storia d’amore che percorre
lateralmente ma in modo incisivo il romanzo: quella tra il
professore e la viaggiatrice del tram numero 4. Una
storia narrata attraverso una prosa dal registro poeticissimo
che Rugarli alterna magistralmente a quello sarcastico e
grottesco, a sicuro effetto di straniamento.
Francesco Roat
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