Cambia in continuazione
generi e tecniche. Passa dal thriller violento alla
commedia giallo-rosa. Anche se passati i tempi di "Sesso,
bugie e videotape" ha capito come lavorare in pieno stile
Hollywood. Con relativo corollario di divi. E ora, tra una
regia e l’altra, Steven Soderbergh sta pensando anche ad
un film di fantascienza
E’ uno dei pochi registi della storia
che può vantare il fatto di essere stato nominato
all’Oscar per due film contemporaneamente: Steven
Soderbergh dopo il successo di Erin Brockovich con
Julia Roberts (anche lei vincitrice della preziosa
statuetta) e di Traffic non è certo stato con le
mani in mano. Prima ha realizzato con George Clooney, Brad
Pitt, Matt Damon, Andy Garcia e la stessa Roberts
Ocean’s eleven poi si è lanciato a studiare la
possibilità di produrre un film di fantascienza e subito
dopo un seguito del fortunatissimo Sesso, bugie e
videotapes ancora una volta con protagonista Julia
Roberts.
Quanto è difficile dirigere un gruppo di
attori tanto famosi?
La vera protagonista di Ocean’s
Eleven resta la storia e io ho scelto un cast di
attori in grado di sottomettersi all’esigenza di
raccontare questa trama al meglio. Non volevo cambiare la
sceneggiatura e per questo sapevo di dovere contare su un
gruppo di professionisti che non mi avrebbe richiesto
alcun cambiamento. In Traffic, invece, abbiamo più
volte messo mano al copione per ottemperare diverse
esigenze. Personalmente scelgo i film in base al materiale
narrativo che mi viene proposto. Quando abbiamo lavorato
io e George Clooney a mettere su il cast per questo film,
abbiamo cercato di scegliere degli interpreti che
volessero fare parte di una squadra e non certo dei
solisti in cerca di un pezzettino di riflettore per conto
loro.
Lei crede con Out of sight e con
The Limey di avere ridato impulso al genere
cinematografico legato alle gesta di banditi gentiluomini?
No, credo di no. E’ un genere che ha
generato tanti film nel corso degli anni: Butch Cassidy
& Billy the Kid potrebbe rappresentare un nome su
tutti, ma ce ne sono anche molti altri come I tre
giorni del Condor C’è una tradizione molto antica di
questi personaggi, ma quello che mi piaceva di più di
Ocean’s Eleven era il fatto che la sceneggiatura non
era violenta, volgare ed eccessivamente "realista". Poiché
avevo finito da poco di girare Traffic mi è
sembrata quasi una boccata d’aria fresca…
Parliamo un po’ di Traffic: un
film molto "doloroso" che le ha consentito, però, di
vincere il suo primo premio Oscar…
Quando si ha a che fare con il mondo
della droga vieni trascinato in qualcosa di enorme. Molto
più grande di quello che sei tu. E non importa che tu stia
spacciando, comprando o sequestrando droga. Tu hai a che
fare con qualcosa di enorme. Questo è quello che
attraversa ogni singola storia di Traffic la sua
forza e la sua misura superano di gran lunga i singoli
protagonisti.
In Traffic lei ha lavorato con
uno stile molto più "sperimentale" che in quest’ultimo
Ocean’s Eleven…
Non volevo creare dei mal di testa alle
persone, ma le tre storie richiedevano tre diversi stili
di ripresa e tipi diversi di immagini. Mi piaceva anche
creare una sorta di cesura tra le storie proprio grazie ad
uno stile di ripresa totalmente diverso. La grande
difficoltà del film è stata quella di girare con Catherine
Zeta Jones incinta. Le sue scene richiedevano una certa
partecipazione emotiva e credo che in questo sia stata
molto aiutata dalla gravidanza. Considero davvero
straordinario il lavoro che ha fatto.
Si è occupato anche della fotografia…
Negli ultimi anni, poi, ho lavorato con
diversi direttori della fotografia in pellicole a basso
budget. Abbiamo collaborato in maniera molto stretta e
per questo ho deciso di occuparmi anche della fotografia
di Traffic. Mi sentivo pronto a prendermi anche
questa responsabilità.
Cosa è cambiato nel suo cinema degli
ultimi anni?
Nulla. Ho esteso il campo dei miei
interessi cercando storie diverse e nuove. Ho fatto undici
film e in tutti questi ho tentato di cambiare stile. Oggi
sono più libero di cambiare e di commettere errori. Certo,
sono anche più veloce e più aperto ad esperienze diverse.
Cosa pensa degli attori che vogliono
diventare registi?
E’ un fenomeno che c’è sempre stato.
Penso, però, che negli ultimi anni le persone si siano
stufate di stare sedute ad attendere che un telefono
squilli. Credo che sia anche un’attitudine connaturata a
chi è sempre in cerca di buon materiale che non è davvero
facile da trovare di questi tempi.
E dove l’ha portata la sperimentazione
del suo prossimo film?
Bisogna aspettare un poco per dirlo. E’
un film molto strano: vedremo in primavera quando uscirà…
m.s.