L’inverno del nostro
scontento
Non le
interessa l'attualità. E nemmeno l'analisi sociale. Per il
suo ultimo film la registra napoletana Nina di Majo ha
scelto di parlare solo di emozioni, anime e sentimenti.
Anche quelli gelidi, nevrotici e incapaci di uscire allo
scoperto che si incrociano ne "L'Inverno" tra Fabrizio
Gifuni, Valeria Bruni Tedeschi e Valeria Golino
Nina di Majo è nata a
Napoli il 20 agosto del ’75. Dal ’93 lavora come
assistente alla regia e aiuto regista in teatro e
successivamente nel cinema per Mario Martone per il film
L’amore molesto, di Stefano Incerti per il
film Il verificatore, di Maurizio Fiume per il
corto Drogheria. Adesso è al suo film da regista
dopo che L’autunno è stato presentato con scarsa
fortuna al Festival di Venezia del 1999.
L’inverno
è una storia emotivamente
complessa che vede coinvolte due coppie. Nel cast,
Fabrizio Gifuni, Valeria Bruni Tedeschi e Valeria Golino.
Ne L’inverno Le
ambientazioni post industriali sono puntellate da
un’assoluta mancanza di tecnologia. Perché?
Il
mio tentativo era quello di astrarmi dalla realtà,
cercando un luogo dell’anima che consentisse una
dilatazione emotiva interiore senza alcun elemento di
contatto con l’attualità. Tramite una ricerca espressiva
ho tentato di raccontare un mondo interiore che procede
tramite altri flussi. L’inverno parla di un mondo
lontano della realtà e di personaggi che vivono in una
sorta di bolla dell’anima. Non mi interessano né il
realismo, né l’analisi sociale di quello che accade. E’
uno scavo da entomologo dell’anima. Cerco di guardare ad
una borghesia intellettuale in maniera diversa. Qui punto
all’emotività, mentre nel mio primo film avevo sostenuto
più un atteggiamento da antropologa. In questo senso ho
voluto che fosse creato un tappeto sonoro che costituisse
l’aria emotiva del film.
I personaggi de
L’inverno soffrono di egocentrismo?
No, ma la miscela tra la
solitudine e le altre nevrosi può risultare fatale.
Il film è girato nella casa
de Le fate ignoranti. Non teme che questa sia una
location troppo riconoscibile?
Ho cercato un po’ di
camuffarla, ma non potevo fare a meno di utilizzarla. A
Roma o giri in alcuni luoghi, oppure c’è il rischio che
non ti facciano fare il film. In qualche maniera credo di
avere "dissimulato".
Forse il personaggio di
Margherita Buy ha traslocato per andare a vivere con
Accorsi dietro il Gazometro e ha lasciato l’appartamento
ai protagonisti de
L’inverno…
Potremmo fare un film sul
trasloco della Buy e l’arrivo della "mia" Anna.
Lei
non ha mai avuto la tentazione di essere "furba" con il
pubblico, introducendo elementi che rendessero questi
personaggi in maniera più simpatica?
No, non mi interessa e non
sarei capace di fare film ispirati dalla
captatio benevolentiae.
All’inizio del film c’è un
momento in cui Margherita Buy e Valeria Bruni Tedeschi
recitano in maniera molto simile e ricordano come
interpretava lei il suo personaggio nel film precedente:
L’autunno. Solo un caso?
In realtà quando scrivo è
come se parlassi e forse questi due personaggi –
all’inizio – mi assomigliano un po’. Un dialogo rapido e
frammentato c’è, ma non è ispirato da un percorso
imitativo.
L’inverno è attraversato da
una vena sexy molto forte…
E’ un elemento imploso e
compresso, che serpeggia a livello di tensione senza mai
riuscire ad esplodere davvero. Le avances sono
fallimentari o immaginarie. E’ un erotismo "cerebrale" che
mi interessava per raccontare i blocchi emotivi e fisici
di questi personaggi.
I personaggi de
L’inverno sfuggono a tutti i cliches. Però
hanno pur essendo in apparenza dimessi, sono molto
glamour e si vestono con abiti in grado di nascondere
messaggi seducenti. Perché questa scelta
anticonvenzionale?
Abbiamo cercato di ricreare
una scarna eleganza post industriale e se ci siamo
riusciti è frutto di un lavoro di gruppo. Volevo
realizzare un film in cui tutto fosse mascherato, tranne i
sentimenti che, invece, sono molto riconoscibili e facili
da decifrare per chiunque. Questa pellicola è ispirata da
un senso di freddo e di essere nudi in un freddo da cui è
difficile potersi allontanare.
Lei crede nei rapporti
umani?
Nonostante
il mio cinema sembrerebbe esprimere qualcosa di diverso se
non addirittura contrario, assolutamente sì. Credo nel
dialogo. Come autrice, invece, punto a raccontare qualcosa
che non saprei dire a parole e che temo, tentando quasi di
esorcizzarlo tramite il mio lavoro. Credo che esista una
grande tensione nel volere comunicare i propri sentimenti.
Anche quando non ci si riesce…
Ha mai pensato di scegliere
per sé uno dei due ruoli?
No, perché per me è stato
molto faticoso dirigere un film e recitare in Autunno.
Così ho preferito lavorare solo dietro alla macchina
da presa.
m.s. |