Dmitri
Shostakovich, 24 Preludi e Fughe, Boris Petrushansky piano,
DYNAMIC, series 2000, S 2039 / 1-3
Scomparso
l’epuratore sovietico Andrej Aleksandrovic Zdanov (1948),
nell’URSS di Stalin non cessa comunque il cosiddetto
zdanovismo ossia la pretesa del regime comunista di
esigere che l’arte, la letteratura e la musica si sottomettano
alle ragioni politiche, limitandosi ad un’espressività
retorico-patriottica e celebrativa. Così anche nel periodo in
cui Shostakovich lavora ai suoi 24 Preludi e Fughe continua la
caccia alle streghe contro i compositori "formalisti", nemici
del proletariato e costantemente – come lui – fatti oggetto di
reprimende e attacchi polemici sulla stampa.
Eppure
paradossalmente, essendo egli oggetto di ammirazione nei Paesi
oltre la Cortina di ferro, l’odiato-amato Shostakovich
è inviato all’estero in vari viaggi: vedi quello a New York,
nel 1949, e a Lipsia, l’anno successivo, in qualità di membro
della giuria del primo Concorso Bach. Così in Germania,
immerso in una stimolante atmosfera bachiana, il musicista
russo inizia a fissare sullo spartito quelli che saranno i
primi preludi e fughe dell’Op. 87. E meno di due anni dopo
sarà proprio la vincitrice del concorso pianistico lipsiano –
Tatyana Nikolayeva – a presentare in due serate, a Leningrado,
la prima esecuzione del grande ciclo liberamente ispirato al
Clavicembalo ben temperato di Bach.
Non è la prima
volta che Shostakovich si misura con il neoclassicismo (vedi i
24 Preludi dell’Op. 34: brevi pezzi giocati tra un lirismo
alquanto romantico e una disincantata ironia dissacratoria),
ma con l’Op. 87 siamo ormai nella piena maturità espressiva.
Manca in questo complesso lavoro in stile polifonico il
parodismo irriverente che permeava i primi Preludi. E se è
vero che il modello è Bach, ad onta di un certo recupero
nostalgico del passato e della volontà di ribadire il
principio tonale, l’assoluta modernità dei 24 Preludi e Fughe
è indubbia, come la loro complessità tematica e l’elaborata
polifonia.
Carattere e
sviluppo del materiale musicale di tale opera – sottolinea
giustamente Elena Averbakh nel libretto del CD – risultano
saturi dello spirito della Russia contemporanea, giacché
agevolmente sono riconoscibili "il lamento funebre (…), la
ballata popolare, la canzone del soldato, la strimpellata
sentimentale, le rime popolari chastushka, le danze
sarcastiche, i gemiti di dolore degli ebrei, i canti
ortodossi, il suono delle campane, la Marcia dei Pionieri, ed
ancora le grandi masse teatrali dell’Opera Russa".
Ora pacato, ora
cupo e drammatico (sebbene molto controllato) il registro
stilistico di questi 24 Preludi e Fughe. Magistrale l’utilizzo
del contrappunto; al limite del virtuosismo talune fughe,
d’assai difficile interpretazione pianistica, che Boris
Petrushansky (moscovita di prestigio internazionale ma
residente da anni nel nostro Paese, dove a Imola insegna
all’Accademia pianistica "Incontri col Maestro) esegue con
misurata precisione grazie ad una tecnica attenta alla più
minuscola sfumatura ed una sensibilità espressiva emotivamente
sempre profonda e partecipe
Francesco Roat |