No, perché il mio
lavoro resta sempre lo stesso e lo dimostro con questo
film che inizia nello stesso teatro dove era terminato
Tutto su mia madre era finito. Sono ancora il padrone
della mia carriera, dopo tutta quella follia di Los
Angeles volevo solo ritornare al più presto a Madrid e
dimostrare a me stesso e agli altri che ero sempre uguale.
Mi hanno proposto produzioni americane con budget
pazzeschi, divi internazionali, una vera follia! Avevo
voglia di tornare a casa ed essere più piccolo che mai. Io
voglio essere indipendente, non posso fare film in altro
modo. L’unico privilegio di tanta celebrità è poter fare
quello che il mio cuore mi dice di fare. Così, quando
decido di raccontare una storia seguo il mio istinto, il
mio intuito, quindi non sono sempre consapevole del perché
faccio una scelta, in questo caso mi appassionava la
storia di questi due uomini fragili, sofferenti,
dell’amicizia che si sviluppa tra di loro, mi sono sempre
piaciute le amicizie tra uomini e questi sono due uomini
contemporanei. Sono molto felice di avere avuto questi
quattro interpreti per il mio film, grazie a loro il
margine di insuccesso si è quasi ridotto a zero, perché
sono bravissimi e hanno recitato in uno stato di grazia.
Dopo tanti film
sulle donne Parla con lei ha come protagonisti
degli uomini…
Quando
penso alle donne mi vengono fuori le commedie, quando
penso agli uomini i film sono drammatici, è una cosa
spontanea anche se la storia di Parla con lei resta
molto complicata, in termini di narrazione, di personaggi
e di struttura interna, però volevo che risultasse
trasparente per lo spettatore. E’ una storia che va e
viene nel tempo, i ricordi e le situazioni sono raccontate
dai personaggi e poi c’è una storia parallela e non potevo
permettermi di perdere lo spettatore. Solitamente tutti i
giorni alla fine delle riprese io guardo il girato, in
questo caso non mi è stato possibile ed ero nervoso e
insicuro, quindi ho dovuto lavorare il doppio sulla
fruibilità della storia ma credo di esserci riuscito.
Credo che il film sia molto più facile da vedere che da
raccontare.
Cosa rappresenta per
lei l’idea di amore?
In sé non esiste e
lo considero sempre in relazione al corpo. L’amore non è
mai disgiunto dalla passione carnale. E’ l’unico
combustibile necessario per l’essere umano, non voglio
dire che dobbiamo trascorrere la nostra vita perennemente
innamorati ma dobbiamo conoscerlo l’amore, è un’esperienza
che si deve fare perché bisogna capire cosa vuol dire non
essere padroni di se stessi.
La solitudine è un
po’ il trait d’union tra tutti i suoi ultimi film.
Perché?
Ormai mi sono
abituato alla solitudine e faccio in modo che diventi un
elemento fertile della mia esistenza. Credo che ci sia una
forma di solitudine che appartiene alla vita stessa degli
esseri umani e con la quale bisogna imparare a convivere.
E poi non è detto che la compagnia delle persona che ami
debba essere fisica, ci può essere anche lo spirito di
quella persona vicino a noi, lo spirito di persone che non
ci sono più e credo che sia proprio quello spirito a
salvare me, credo che la vera solitudine sia quella di non
sentirsi desiderati. Ed è come una molla, una spinta ad
uscire da sé per cercare all’esterno qualcosa di
interessante e di buono. Io amo scrivere i miei film da
solo, ho proprio bisogno di essere solo.
M.S.