E’
la prima volta nella storia del cinema che tre attori neri
possono esibire tutti insieme la statuetta che costituisce
il più ambito riconoscimento del mondo del cinema. Sidney
Poitier, Halle Berry e Denzel Washington sono state le
uniche "buone" notizie di un’edizione scialba,
complessivamente nervosa dove nessun bel film si è davvero
imposto sugli altri. A parte, ovviamente, A beautiful
mind di Ron Howard che fatti salvi gli spettatori di
un altro premio all’odioso Russell Crowe ha conquistato i
riconoscimenti in tutte le categorie davvero meritate.
(Film, sceneggiatura non originale, regia, miglior attrice
non protagonista). Ci poteva essere quello per la colonna
sonora, ma è stato evidentemente destinato a Il signore
degli anelli a parziale ricompensa per tredici
candidature vanificate in poche ore. Anche se il
protagonista de Il gladiatore alla sua terza
nomination, avrebbe potuto aspirare al premio, la sua
lacerazione tra il grande artista e l’uomo borioso e
meschino, che lo rende così antipatico non fa gridare allo
scandalo per il suo mancato riconoscimento.
Fa, invece, gioire
doppiamente per il premio andato a Washington che, forse,
lo merita più alla carriera che per il discutibile
Training Day. Un risarcimento in solido di quello non
vinto per Hurricane nell’anno dell’affermazione di
American Beauty e di Kevin Spacey. In questa annata
tanto debole, l’Academy ha comunque reso giustizia
dell’incomprensibile sovraesposizione di film non meritori
di tanta attenzione come Il signore degli anelli,
Gosford Park e In the bedroom. Se da un lato
può dispiacere che Moulin Rouge sia stato tanto
trascurato, colpisce il mancato riconoscimento alle due
sceneggiature più originali come I Tenebaum di Wes
Anderson e Memento di Christopher Nolan. Il premio
a Gosford Park non fa felice nessuno. Da notare che
nella nuova categoria del film d’animazione Shrek
ha avuto la meglio su Monsters & Co. una lotta
all’ultimo voto che lascia comunque soddisfatti.
Così
come fa piacere vedere Jim Broadbent, ottenere la
statuetta come migliore attore non protagonista, lui
interprete di ben tre film in odore di premio come
Iris, Moulin Rouge e Il diario di Bridget Jones.
Non ce l’ha fatta nemmeno Ridley Scott di arrivare al
premio alla regia con il suo Black Hawk Down, ma –
almeno - il nostro Pietro Scalia ha conquistato il suo
quarto Oscar. Chi, forse, esce eccessivamente
ridimensionato è Il favoloso mondo di Amelie cui è
stato preferito No man’s land di Danis Tanovic. Già
la mancata candidatura in categorie diverse oltre quella
di miglior film straniero poteva essere interpretato come
un segnale significativo.
Non ci resta adesso che
aspettare il prossimo anno, in attesa di una stagione di
film di qualità più elevata, però.