Li ha creati quasi tutti lui. Con la
plastilina prima, con braccia meccaniche e l’elettronica
poi. Ed è il più bravo. Per questo quando c’è da inventare
un pupazzo, un mostro o un androide per un film chiamano
Carlo Rambaldi. Anche se al papà di ET, l’alieno più amato
del cinema, resta un cruccio: non essere mai stato almeno
una volta nei panni del famoso falegname di Collodi. E
vedere un suo Pinocchio salutare davanti a una cinepresa
Vent’anni dopo l’amore per E.T. sembra non essere
diminuito. Il film di Steven Spielberg riproposto nelle
sale di tutto il mondo ha rinnovato il successo del
simpatico alieno creato da Carlo Rambaldi che spiega la
genesi di un personaggio che ha fatto la storia del
cinema.
Da dove nasce l’esigenza di proporre nuovamente al
pubblico un film come E.T. entrato nell’immaginario
collettivo?
Il
merchandising di E.T. non ha mai smesso di essere
venduto in questi venti anni e non è stato cambiato
rispetto ai modelli originali, i grandi negozi di
giocattoli sono ancora oggi pieni dei pupazzetti di E.T.
che sono sempre molto richiesti. L’Universal quindi non
voleva lasciarsi sfuggire l’occasione di riproporre un
film tanto importante al cinema. Dopo vent’anni, però, la
pellicola è andata. Così hanno deciso di ristamparlo. Al
momento in cui si trattava di ristampare l’intero film
ecco che Spielberg ha deciso di apportare delle migliorie,
reintegrando quella scena tagliata in originale e
lavorando con il computer per alcune correzioni. In
E.T. ci sono centosessanta inquadrature in
meccatronica. Se fossero fatte con il computer Spielberg
avrebbe dovuto assumere duecento persone che avrebbero
lavorato per otto mesi e non per un mese e mezzo spendendo
quattro volte tanto.
Come è cambiata la sua tecnica di lavoro nel corso
del tempo?
Uso ancora la plastilina, come primo approccio manuale
alle mie creazioni: con la tecnica digitale tu vedi
nascere il tuo personaggio, con la plastilina lo fai
nascere: questa è una differenza sostanziale.
La leggenda narra che lei si sia ispirato al suo
gatto per il volto di E.T. …
E’ una leggenda "fondata", chiunque ha a casa un gatto
e magari un gatto himalayano può scoprire da sé quale sia
la caratteristica principale del volto di E.T.,
ovvero l’innocenza. Quando Spielberg mi diede la
sceneggiatura io avevo capito subito che si trattava di un
bambino venuto dallo spazio e che sulla Terra oltre a
sembrare maldestro, sentiva di essere stato aggredito dai
terrestri. Lui non sapeva chi fossero gli abitanti del
nostro pianeta. Per quello che ne sapeva potevano essere
anche degli animali terribili e armati. Per questo il
pianeta di E.T. doveva essere un luogo pacifico e
tranquillo dove era l’innocenza il tratto dominante. I
gatti himalayani hanno questi tratti innocenti che io
volevo replicare. Magari anche forzando la natura
aumentando il rapporto che c’è tra la distanza degli occhi
dei gatti e così insistendo sulla caratteristica
dell’innocenza, enfatizzata anche dal collo lungo "alla
Modigliani". La mia idea era che fosse impossibile dire se
E.T. fosse giovane o vecchio.
Cosa rappresenta per lei la magia del cinema
rapportata agli effetti speciali?
Quando si guarda E.T. ci si dimentica di quello che c’è
dietro e nella fattispecie dentro. Credo che pochissimi
spettatori abbiano mai pensato di trovarsi dinanzi ad un
pupazzo come anche nel caso del mostro di Alien. La
tecnologia unita ad un buon movimento registico della
macchina da presa serve solo a fare dimenticare quella che
è l’artificiosità del cinema. Quella magia che serve a
creare il cinema in quanto tale.
Si dice che lei avrebbe dovuto lavorare con Roberto
Benigni per il Pinocchio attualmente in post
produzione…
Roberto mi ha chiamato per incontrarmi. Mi chiese un
consiglio per rendere credibile l’allungamento della coda
dell’asino, risposi che c’erano molti modi per farlo e non
era necessario mostrare la coda: bastava riprendere la
coda corta, il volto dell’asino stupito, successivamente
far vedere la coda allungata. Roberto si mise a ridere e
ha detto ‘non ci avevo pensato’. Dopo non sono stato più
contattato.
Pinocchio è un progetto che la perseguita da un po’…
Sì,
ho avuto una lunga diatriba giudiziaria per quello di
Comencini in cui era stata sottratta una mia idea e credo
– ancora oggi – che l’unico vero Pinocchio, fedele allo
spirito collodiano, è stato realizzato solo dalla famiglia
Cenci. Un gruppo di impiegati delle poste di Firenze che
hanno realizzato ogni giorno dopo il lavoro un cartone
animato indimenticabile. Tutti gli altri Pinocchio sono
sbagliati. Oggi Collodi avrebbe fatto un sacco di cause
anche contro Disney che ha dato tanto spazio al Grillo
Parlante. Non so se avrò il tempo di farlo, un Pinocchio
con la meccanica costerebbe molto tempo e denaro. Ci sono
sessanta personaggi non una quindicina come siamo abituati
a vedere. Del resto si tratta del libro più tradotto dopo
la Bibbia.
Qual è il segreto per un buon Pinocchio?
Il segreto di Pinocchio è dare l’idea che sia il
pupazzo di un morto di fame. Il Pinocchio di Disney è
quello di un bravissimo scultore, mentre il Geppetto di
Collodi dice pressappoco: "voglio farmi un burattino che
sappia ballare e saltare che mi faccia avere un pezzo di
pane e un bicchiere di vino."
m.s.