Assieme a Lincoln Child scrive da anni
di demoni, mostri e orrori vari. Tutti provenienti dal
passato e dalle paure più profonde dell’uomo. Douglas
Preston in questa intervista ci racconta il suo ultimo
romanzo La stanza degli orrori. E (in attesa
dell’inevitabile film) spiega il suo segreto: iniziare a
scrivere senza sapere dove si andrà a finire. Per scoprire
i misteri assieme al lettore
Douglas
Preston e Lincoln Child sono ormai un'affermata coppia di
autori di bestsellers, tutti pubblicati in Italia
da Sonzogno: Relic, Mount Dragon, Reliquary, Marea,
Maledizione e Ice Limit-Barriera di ghiaccio. Da
Relic il regista Peter Hyams ha tratto l'omonimo film,
ed è già in lavorazione Marea. Ma il loro romanzo
La stanza degli orrori è uno dei più intriganti e
spaventosi degli ultimi anni: nella New York
dell'Ottocento, un pubblico chiassoso e variegato
affollava i "Saloni delle curiosità", veri e propri musei
degli orrori dove erano esposti macabri reperti e
grottesche mostruosità. Il più celebre era il Salone
Shottum, sul conto del quale, all'epoca, correvano voci
strane e inquietanti... Oggi un moderno grattacielo sta
per innalzarsi sul terreno in cui, più di un secolo fa,
sorgeva il Salone Shottum. Ma quando le scavatrici
abbattono il muro di una vecchia cantina viene fatta
un'orribile scoperta: un sepolcro sotterraneo in cui
giacciono i resti di trentasei persone, uccise e smembrate
da un ignoto assassino con la passione per il sacrificio
collettivo.
La polizia vuole chiudere rapidamente il caso come
l'opera di un serial killer d'altri tempi. Ma l'agente
Pendergast dell'FBI non è d'accordo e coinvolge nella
propria inchiesta l'archeologa Nora Kelly e il giornalista
Bill Smithback. Dai polverosi archivi del Museo di Storia
Naturale agli oscuri sotterranei di New York, fino a una
tomba sotto un palazzo di arenaria a Chinatown, emergono
indizi e vecchi documenti: tutti riportano alla luce le
tracce evanescenti di un misterioso dottore che un tempo
vagava per la città, un geniale e disumano uomo di scienza
che conduceva esperimenti medici su esseri umani ancora
vivi...
Ben presto quella che sembrava una semplice indagine
storica diventa agghiacciante attualità: un misterioso
assassino lascia dietro di sé una nuova serie di cadaveri
spaventosamente mutilati. "Il Chirurgo", come la stampa lo
battezza, segue lo stesso modus operandi del suo
predecessore ottocentesco, perciò per scoprire la chiave
dei nuovi delitti occorre prima risolvere il caso del XIX
secolo. Ma il Chirurgo è sempre un passo avanti rispetto
agli investigatori e li attende al varco, per impedire
loro di scoprire il suo segreto. Un dubbio tormenta però
l'agente Pendergast. Chi è veramente il Chirurgo? E'
davvero soltanto un moderno imitatore? La soluzione si
nasconde in una casa degli orrori a Riverside Drive.
Per parlare del nuovo romanzo, Nautilus ha intervistato
Douglas Preston in esclusiva.
Fino agli anni Cinquanta la nostra percezione della
paura sembrava provenire dall’alto. Il male calava come le
tenebre sulla città. Negli ultimi anni, invece, sia in
letteratura con i vostri libri e quelli di Jeffry Deaver
che al cinema e nella televisione di Millennium e
degli X files, il Male sembra sempre emergere dalla
terra, dal passato e da un’oscurità molto personale…
E’
una domanda molto interessante. Oggi gli autori esplorano
di più il buio e il male psicologico che esistono
sfortunatamente negli esseri umani. I libri riguardo i
serial killers e con protagonisti assassini dalla
mente malata sono più frequenti di quelli con gli alieni
che vengono dallo spazio o di mostri volanti, perché noi
siamo più intimiditi da quello che abbiamo sotto i piedi
rispetto a quello che ci sovrasta. Noi cerchiamo di
esplorare le paure ancestrali e di portarle all’aperto.
Migliaia di anni fa eravamo delle specie che combattevano
per la sopravvivenza. Il nostro lavoro è quello di portare
in superficie quella paura ancestrale di essere vittime ed
oggetto di persecuzioni e di vere e proprie cacce
all’uomo.
Nel caso de La stanza degli orrori il Male
proviene dal passato ed è molto interessante sottolineare
questa cura che voi avete per l’archeologia del Male e
della paura…
Gli scavi fisici sono una metafora di quelli spirituali
che i nostri protagonisti compiono nella loro anima. Il
Male giace sopito in tutti noi. Sono un giornalista e sono
sempre stato affascinato dal lavoro degli archeologi che
spesso si trovano dinanzi a situazioni mostruose e
orripilanti. Anni fa ho seguito una spedizione che nel sud
est degli Usa ha trovato centinaia di cadaveri di persone
che venivano cucinate e mangiate anche quaranta per volta.
Da chi? Non si sa. Perché? Non si sa. Nessuno ha idea se
si trattasse di religione o di guerra. Questo è il tipo di
quesiti cui la moderna archeologia può dare risposta. Del
resto la storia dell’umanità non è una passeggiata in
giardino, bensì un viaggio sanguinoso e terrorizzante.
Un’altra qualità de La stanza degli orrori è il
fatto che aiuta i lettori a comprendere la fenomenologia
del Male…
Sono contento che lo dica. Un libro che spaventa e
basta non serve a nulla. Un romanzo che tenta di spiegare
il Male è destinato a rimanere. Il Male è interessante
perché è un concetto misterioso. I latini dicevano
Misterium inequitatis ovvero il mistero del Male. E il
Male è davvero un mistero. Lo comprendiamo quando lo
vediamo, ma ha diversi milioni di sfaccettature. E’
decisamente più facile comprendere il Bene.
Il vostro è uno stile in cui la componente visuale
risulta predominante. Dipende dal fatto che la vostra
generazione di scrittori è stata tanto influenzata dal
cinema?
Penso che un avido lettore sia sempre in grado di
visualizzare autonomamente le storie che legge. Quando
scrivo un libro è come se descrivessi le loro azioni
vedendole nella mia mente. Penso che il cinema e la
televisione in particolare tendano a distruggere l’abilità
di una persona di visualizzare la pagina scritta.
Perché avete creato un sito Internet
(http://www.prestonchild.com) in cui cercate tanto il
contatto con i lettori?
Ci piace avere il contatto con i nostri lettori. Per
questo i nostri indirizzi email sono pubblicati nei nostri
libri e abbiamo un sito per mantenere uno stretto rapporto
con loro. Questo non significa che preferiremo i libri
elettronici a quelli cartacei. Internet è uno strumento
per comunicare e veicolare un certo tipo di informazioni.
Una caratteristica del vostro stile è che non vi ponete
mai troppo avanti rispetto ai vostri lettori…
Mi
fa piacere che lei l’abbia notato. Quando scriviamo è la
nostra preoccupazione principale. Il nostro metodo è
quello di sapere da dove partiamo e dove vogliamo andare,
ma non siamo mai troppo sicuri di come ci arriveremo. E’
un viaggio di scoperta. I nostri libri sono viaggi nel
mistero. Non vogliamo che i nostri lettori si sentano come
manipolati o presi in giro. Noi vogliamo incontrare i
nostri misteri insieme ai lettori e ai nostri personaggi.
Nascondere le informazioni è una vergogna…
m.s.