Elvis Costello, talento per noia
Un
nome d’arte in onore del suo idolo Presley. E una storia di
successi discografici a partire dal 1977 fra rock, punk, new
wave fino alle “colonne sonore” di Burt Bacharach. Ora del
musicista londinese esce l’ultimo cd. Diverso, ancora una
volta, da tutti gli altri. Perché, spiega, si stanca presto di
suonare le stesse cose
Proprio
a venticinque anni esatti dalla morte di Elvis Presley,
l’altro Elvis quel Costello che scelse per nome d’arte quello
del suo idolo re del Rock and Roll, fa uscire il suo nuovo e
straordinario Cd intitolato When I was cruel. Un disco,
come al solito, sorprendente in cui l’amalgama di suoni ed
emozioni si rivolge verso il passato, lontano dalle
straordinarie suggestioni delle collaborazioni con artisti
come Burt Bacharach e la soprano Anne Sophie Von Otter che
hanno dato alla luce cd originali ed emozionanti come
Painted from memory e For the
stars.
Un ritorno ad un passato
recente che Costello affronta con la solita grande energia
artistica e narrativa. 12 canzoni intense, che vengono dal
cuore nel suo stile inconfondibile, stavolta lontano dalle
contaminazioni e dagli incontri, peraltro felici come quello
di qualche anno fa con Chet Baker, che hanno segnato gli
ultimi anni della sua carriera. Declan Patrick McManus alias
Elvis Costello è nato a Londra il 25 agosto del 1954. Figlio
d’arte (suo padre Ross è stato a lungo il trombettista e il
cantante del gruppo The Joe Loss Orchestra, formazione
che riscosse un discreto successo nella Gran Bretagna dei
ruggenti anni Sessanta) dopo una gioventù trascorsa tra la
capitale britannica e Liverpool, appena diciassettenne, ha
abbandonato gli studi per dedicarsi a tempo pieno al suo
grande amore: quella musica pop che a soli quindici anni lo
fece esordire come membro di alcune piccole band che si
esibivano in alcuni fumosi pubs londinesi. Mentre la mattina
lavorava come operatore del computer della fabbrica di
Elizabeth Arden la sera si scatenava con la chitarra, proprio
quando il fenomeno del Punk era ai suoi albori. Fu allora che
utilizzò per la prima volta lo pseudonimo di Elvis Costello.
Il cognome di sua madre era accoppiato al nome del suo grande
mito musicale, quell’Elvis Presley che – ironia della sorte –
morì proprio all’indomani della pubblicazione del suo primo
album My Aim Is True nel luglio del 1977. In poco più
di venti anni, Elvis Costello è diventato un’icona per la
musica rock e pop. Dagli esordi a metà strada tra il Punk, il
Rockabilly e la New Wave fino ad arrivare alla recentissima
collaborazione con Burt Bacharach per l’album Painted from
memory, Costello è un personaggio la cui stessa
iconografia risulta imprescindibile dall’immancabile paio di
occhiali. Quello che, però, più colpisce di Elvis
Costello è il suo essere diventato non solo una delle più
importanti e influenti stelle del mondo della musica, ma anche
una figura di rara correttezza e intelligenza artistica. Un
autore che non si è mai svenduto e che nonostante una
produzione vastissima e raffinata non ha mai ceduto alle
lusinghe a nove zeri dei guadagni facili. Anche nel momento in
cui ha cantato una cover di una canzone di Charles
Aznavour come tema di chiusura per il film Notting Hill
con Julia Roberts e Hugh Grant, Costello ha mantenuto intatta
la sua tipica modestia e ingenuità: "Quando mi hanno
chiesto di interpretare ‘She’ mi sono assicurato di non dovere
andare in Francia per un po’, perché temevo che quando i
francesi si sarebbero accorti di questa cosa mi avrebbero
messo a rogo nel centro di Parigi. In realtà credo che quando
hanno mostrato ‘Notting Hill’ in America nessuno riuscisse a
capire le parole di Aznavour per colpa del suo accento
tremendo. Così devono essersi detti: ‘Perché non pigliamo
qualcuno che canti la stessa canzone con un buon accento
inglese?’ Una vera fortuna per me, perché il testo e la musica
sono semplicemente meravigliosi." Il 1999 è stato l’anno
davvero fortunato per Costello che oltre a portare in un
trionfale tour mondiale il suo album con Bacharach, ha
partecipato per un breve cameo a Austin Powers 2 :
La spia che ci provava, dove proprio con l’autore di
canzoni come Walk on by o Raindrops keep falling on
my head duetta in I’ll never fall in love again.
Esperienze nuove e divertenti per il cantante che oltre a non
perdere il suo usuale humour, puntualizza come sia
sempre stato attratto dalla musica per film e dai video. "La
combinazione di immagini, parole e melodia ha sempre
esercitato un enorme fascino su di me. Partecipare a un film è
qualcosa di straordinario, anche se è imbarazzante, perché ti
trattano come se fossi una sorta di ospite di riguardo e non
una persona che sta lì per lavorare." Costello a
differenza di molti suoi colleghi non ha mai, infatti,
dimenticato le difficoltà degli inizi e rifiuta in pieno il
venire considerato una celebrità. Nautilus l’ha intervistato
When I was cruel,
nonostante il titolo minaccioso, così
come tutti i suoi ultimi dischi sembra incarnare una grande
gioia di vivere. Perché?
Credo che sia molto
importante raggiungere un certo tipo di equilibrio. Ho un
volto malinconico e anche una disposizione naturale verso
questo stato d’animo. Mi piacciono di più le canzoni dark
e mi sento anche abbastanza "portato" verso questo campo.
Del resto, non mi sentirei molto a mio agio nei panni di
qualcuno che passa tutto il tempo a cercare cose luminose da
cantare. For the stars è stato difficile da realizzare
perché Anne Sofie Von Otter è un’artista molto precisa per
quello che riguarda la musica. Abbiamo lavorato molto
duramente in ogni aspetto delle canzoni ed eravamo molto
concentrati. Però, alla fine la gioia è venuta fuori dalla
consapevolezza di stare lavorando a qualcosa di molto
soddisfacente. Sapevamo di stare realizzando un disco che ad
ogni ascolto poteva offrire qualcosa di nuovo.
Tutti i suoi lavori, in
genere, hanno questa caratteristica di offrire sfumature nuove
all’ascolto. Da dove nasce questo tipo particolare di
ispirazione?
Non è ho proprio idea.
E’ divertente, ma credo che se uno sapesse da dove viene
questa ispirazione non sarebbe in grado di sfruttarla come una
catena di montaggio.
Sono sfide che io
raccolgo per andare avanti. Molte persone sono molto più abili
di me e sanno cantare le cose molto meglio, ma io so
immaginare la mia musica per altri, eseguita perfino da
strumenti che non so suonare. So tutto della parte pratica del
mio lavoro: so esattamente come voglio che sia il suono, il
tipo di strumenti, la marca, la sonorità del posto dove suono,
mi rendo conto anche come una sala e le sue luci possono
influenzarmi mentre canto. Da dove venga, però, lo stato di
grazia che rende un concerto eccezionale è un interrogativo
cui non so rispondere. Le cose succedono anche quando tu hai
un’idea completamente diversa di quello che stai per fare.
Perfino quando scrivo una canzone e so esattamente quello che
voglio, ad un tratto accade qualcosa di misterioso e mistico
per cui – come in una sorta di trance – il mio lavoro
prende un’altra strada e la mia idea di evolve diversamente.
Ed è inutile starci a pensare troppo, la musica si
impadronisce della tua immaginazione. Vuole sapere - poi – una
cosa davvero strana? Sono fermamente convinto che ogni
ascoltatore sia parte di questo processo creativo, perché è
lui con la sua anima e la sua soggettività a decretare come e
soprattutto dove vanno a finire gli sforzi di un musicista e –
più in generale – di un artista. La funzione di un ascoltatore
è quella di dare corpo all’immaginazione del cantante, perché
non ci sono solo canzoni – e io ne ho scritte molte – che
dicono esattamente a chi le ascolta come si deve sentire
riguardo a qualcosa.
A cosa è dovuto il
carattere poliedrico della sua carriera?
Mi annoio molto
facilmente e penso che dopo un po’ di tempo un tipo di
approccio alla musica semplicemente finisca per esaurirsi. Poi
le cose cambiano e nuove opportunità si sviluppano all’interno
di un certo tipo di lavoro. Quando mi è stato chiesto di
cantare God give me strenght per la colonna sonora del
film Grace of my heart non avrei pensato che questo mi
avrebbe portato a lavorare a lungo con Burt Bacharach. Così
come non pensavo che l’utilizzo di alcune mie vecchie canzoni
per 200 cigarettes avrebbe portato la regista a
costruire tutta la storia su di me, utilizzato come un
personaggio appena visibile. Quando lavori con qualcuno
diventi per lui una specie di risorsa ed è divertente
lasciarsi usare. Spesso quando sento le cover delle mie
canzoni rimango sorpreso dall’intelligenza artistica di certi
cantanti e questo mi fa sentire bene. Ma sa, spesso le cose
succedono per volontà del destino, senza che tu le abbia
davvero pianificate. Le ripercussioni di quello che fai, poi,
riescono a farsi sentire addirittura per anni.