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redarrowleft.GIF (53 byte) Musica Maggio 2002  
 

Elvis Costello, talento per noia

 Un nome d’arte in onore del suo idolo Presley. E una storia di successi discografici a partire dal 1977 fra rock, punk, new wave fino alle “colonne sonore” di Burt Bacharach. Ora del musicista londinese esce l’ultimo cd. Diverso, ancora una volta, da tutti gli altri. Perché, spiega, si stanca presto di suonare le stesse cose

Proprio a venticinque anni esatti dalla morte di Elvis Presley, l’altro Elvis quel Costello che scelse per nome d’arte quello del suo idolo re del Rock and Roll, fa uscire il suo nuovo e straordinario Cd intitolato When I was cruel. Un disco, come al solito, sorprendente in cui l’amalgama di suoni ed emozioni si rivolge verso il passato, lontano dalle straordinarie suggestioni delle collaborazioni con artisti come Burt Bacharach e la soprano Anne Sophie Von Otter che hanno dato alla luce cd originali ed emozionanti come Painted from memory e For the stars.

Un ritorno ad un passato recente che Costello affronta con la solita grande energia artistica e narrativa. 12 canzoni intense, che vengono dal cuore nel suo stile inconfondibile, stavolta lontano dalle contaminazioni e dagli incontri, peraltro felici come quello di qualche anno fa con Chet Baker, che hanno segnato gli ultimi anni della sua carriera. Declan Patrick McManus alias Elvis Costello è nato a Londra il 25 agosto del 1954. Figlio d’arte (suo padre Ross è stato a lungo il trombettista e il cantante del gruppo The Joe Loss Orchestra, formazione che riscosse un discreto successo nella Gran Bretagna dei ruggenti anni Sessanta) dopo una gioventù trascorsa tra la capitale britannica e Liverpool, appena diciassettenne, ha abbandonato gli studi per dedicarsi a tempo pieno al suo grande amore: quella musica pop che a soli quindici anni lo fece esordire come membro di alcune piccole band che si esibivano in alcuni fumosi pubs londinesi. Mentre la mattina lavorava come operatore del computer della fabbrica di Elizabeth Arden la sera si scatenava con la chitarra, proprio quando il fenomeno del Punk era ai suoi albori. Fu allora che utilizzò per la prima volta lo pseudonimo di Elvis Costello. Il cognome di sua madre era accoppiato al nome del suo grande mito musicale, quell’Elvis Presley che – ironia della sorte – morì proprio all’indomani della pubblicazione del suo primo album My Aim Is True nel luglio del 1977. In poco più di venti anni, Elvis Costello è diventato un’icona per la musica rock e pop. Dagli esordi a metà strada tra il Punk, il Rockabilly e la New Wave fino ad arrivare alla recentissima collaborazione con Burt Bacharach per l’album Painted from memory, Costello è un personaggio la cui stessa iconografia risulta imprescindibile dall’immancabile paio di occhiali. Quello che, però, più colpisce di Elvis Costello è il suo essere diventato non solo una delle più importanti e influenti stelle del mondo della musica, ma anche una figura di rara correttezza e intelligenza artistica. Un autore che non si è mai svenduto e che nonostante una produzione vastissima e raffinata non ha mai ceduto alle lusinghe a nove zeri dei guadagni facili. Anche nel momento in cui ha cantato una cover di una canzone di Charles Aznavour come tema di chiusura per il film Notting Hill con Julia Roberts e Hugh Grant, Costello ha mantenuto intatta la sua tipica modestia e ingenuità: "Quando mi hanno chiesto di interpretare ‘She’ mi sono assicurato di non dovere andare in Francia per un po’, perché temevo che quando i francesi si sarebbero accorti di questa cosa mi avrebbero messo a rogo nel centro di Parigi. In realtà credo che quando hanno mostrato ‘Notting Hill’ in America nessuno riuscisse a capire le parole di Aznavour per colpa del suo accento tremendo. Così devono essersi detti: ‘Perché non pigliamo qualcuno che canti la stessa canzone con un buon accento inglese?’ Una vera fortuna per me, perché il testo e la musica sono semplicemente meravigliosi." Il 1999 è stato l’anno davvero fortunato per Costello che oltre a portare in un trionfale tour mondiale il suo album con Bacharach, ha partecipato per un breve cameo a Austin Powers 2 : La spia che ci provava, dove proprio con l’autore di canzoni come Walk on by o Raindrops keep falling on my head duetta in I’ll never fall in love again. Esperienze nuove e divertenti per il cantante che oltre a non perdere il suo usuale humour, puntualizza come sia sempre stato attratto dalla musica per film e dai video. "La combinazione di immagini, parole e melodia ha sempre esercitato un enorme fascino su di me. Partecipare a un film è qualcosa di straordinario, anche se è imbarazzante, perché ti trattano come se fossi una sorta di ospite di riguardo e non una persona che sta lì per lavorare." Costello a differenza di molti suoi colleghi non ha mai, infatti, dimenticato le difficoltà degli inizi e rifiuta in pieno il venire considerato una celebrità. Nautilus l’ha intervistato

When I was cruel, nonostante il titolo minaccioso, così come tutti i suoi ultimi dischi sembra incarnare una grande gioia di vivere. Perché?

Credo che sia molto importante raggiungere un certo tipo di equilibrio. Ho un volto malinconico e anche una disposizione naturale verso questo stato d’animo. Mi piacciono di più le canzoni dark e mi sento anche abbastanza "portato" verso questo campo. Del resto, non mi sentirei molto a mio agio nei panni di qualcuno che passa tutto il tempo a cercare cose luminose da cantare. For the stars è stato difficile da realizzare perché Anne Sofie Von Otter è un’artista molto precisa per quello che riguarda la musica. Abbiamo lavorato molto duramente in ogni aspetto delle canzoni ed eravamo molto concentrati. Però, alla fine la gioia è venuta fuori dalla consapevolezza di stare lavorando a qualcosa di molto soddisfacente. Sapevamo di stare realizzando un disco che ad ogni ascolto poteva offrire qualcosa di nuovo.

Tutti i suoi lavori, in genere, hanno questa caratteristica di offrire sfumature nuove all’ascolto. Da dove nasce questo tipo particolare di ispirazione?

Non è ho proprio idea. E’ divertente, ma credo che se uno sapesse da dove viene questa ispirazione non sarebbe in grado di sfruttarla come una catena di montaggio.

Sono sfide che io raccolgo per andare avanti. Molte persone sono molto più abili di me e sanno cantare le cose molto meglio, ma io so immaginare la mia musica per altri, eseguita perfino da strumenti che non so suonare. So tutto della parte pratica del mio lavoro: so esattamente come voglio che sia il suono, il tipo di strumenti, la marca, la sonorità del posto dove suono, mi rendo conto anche come una sala e le sue luci possono influenzarmi mentre canto. Da dove venga, però, lo stato di grazia che rende un concerto eccezionale è un interrogativo cui non so rispondere. Le cose succedono anche quando tu hai un’idea completamente diversa di quello che stai per fare. Perfino quando scrivo una canzone e so esattamente quello che voglio, ad un tratto accade qualcosa di misterioso e mistico per cui – come in una sorta di trance – il mio lavoro prende un’altra strada e la mia idea di evolve diversamente. Ed è inutile starci a pensare troppo, la musica si impadronisce della tua immaginazione. Vuole sapere - poi – una cosa davvero strana? Sono fermamente convinto che ogni ascoltatore sia parte di questo processo creativo, perché è lui con la sua anima e la sua soggettività a decretare come e soprattutto dove vanno a finire gli sforzi di un musicista e – più in generale – di un artista. La funzione di un ascoltatore è quella di dare corpo all’immaginazione del cantante, perché non ci sono solo canzoni – e io ne ho scritte molte – che dicono esattamente a chi le ascolta come si deve sentire riguardo a qualcosa.

A cosa è dovuto il carattere poliedrico della sua carriera?

Mi annoio molto facilmente e penso che dopo un po’ di tempo un tipo di approccio alla musica semplicemente finisca per esaurirsi. Poi le cose cambiano e nuove opportunità si sviluppano all’interno di un certo tipo di lavoro. Quando mi è stato chiesto di cantare God give me strenght per la colonna sonora del film Grace of my heart non avrei pensato che questo mi avrebbe portato a lavorare a lungo con Burt Bacharach. Così come non pensavo che l’utilizzo di alcune mie vecchie canzoni per 200 cigarettes avrebbe portato la regista a costruire tutta la storia su di me, utilizzato come un personaggio appena visibile. Quando lavori con qualcuno diventi per lui una specie di risorsa ed è divertente lasciarsi usare. Spesso quando sento le cover delle mie canzoni rimango sorpreso dall’intelligenza artistica di certi cantanti e questo mi fa sentire bene. Ma sa, spesso le cose succedono per volontà del destino, senza che tu le abbia davvero pianificate. Le ripercussioni di quello che fai, poi, riescono a farsi sentire addirittura per anni.

m.s.

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