Un’adolescente che si sente
fuori posto. Tra violenze, abusi e maschilismo imperante. Una
storia di contraddizioni e ricerca, di inquietudine e coraggio
tutta al femminile. Forse senza soluzione, ma con una
maternità finale che diventa riscatto
Francesco Roat, Una donna sbagliata,
Avagliano Editore, pp.119, Euro 9
"Una donna sbagliata" è il titolo
dell’ultimo libro di Francesco Roat, edito da Avagliano. La
storia, frammentata in piccoli capitoli, quasi segmenti di
vita quotidiana, è ambientata a Trento durante il periodo
fascista. La protagonista è l’adolescente Elena, una piccola
donna in fieri che si sente sbagliata in un mondo sbagliato
fatto di abusi e violenze: "Avrei voluto essere uomo non
perché mi piacessero i maschi, anzi, mi sembravano illusi,
persi dietro a ambizioni povere: soldi, donne o politica. Ma
almeno scegliere come perdersi lo potevano. Io, noi femmine,
no". Tra gli errori politici e gli errori sociali
dell’epoca, Elena cerca il riscatto a un ipotetico errore
genetico, la sua femminilità, nel confronto con altre figure
femminili: la omonima compagna di classe, con la quale
instaura un ambiguo rapporto, le bambine di una scuola
elementare dove lei insegnerà e l’anziana affittacamere che
l’aiuterà ad accettare la gravidanza. Elena, ultima
contraddizione della sua vita, rimarrà, infatti, incinta di un
biondo ebreo, gerarca fascista che suonava Chopin e il jazz.
Quello di Roat è racconto semplice, lucido,
ma difficile perché l’autore si cala con estrema sensibilità
in un personaggio femminile nella fase del "passaggio" con
tutti i turbamenti e le inquietudini che accompagnano il
divenire verso l’età adulta. I capitoli spezzati sono i
pensieri interrotti delle ragazzine, il periodare essenziale,
ma trepido e spesso dolcemente acerbo riflette i comportamenti
delle piccole donne. Alcune espressioni forti, spesso
laceranti spingono la protagonista a crearsi un varco nel
mondo violento dei maschi, tanto grandi, ma anche tanto
miseramente piccoli, come il fratello e il padre di Elena: "Mi
piace credere che mio padre faccia qualche cosa d’immorale o
almeno di rischioso. Eppure è sempre così fiacco, quando esce.
E curvo. Lo ammazzano questi piaceri, questi contatti
clandestini. Che la vita sia solo dissiparsi?".
In "Una donna sbagliata" o forse solo "una
donna", se si potesse rinominare il bel racconto di Francesco
Roat , Elena percepisce con una sofferenza Shopenaueriana la
rappresentazione del mondo maschilistista e gerarchizzato,
assurdo e violento nel quale ogni giovane, come lei, si
sentirebbe sbagliata. Ma Roat salva dalle contingenze le
adolescenti del suo libro dando loro un’anima che le
atemporalizza e le trasfigura in esseri sacri, divini,
angelici, pur nelle inquietudini delle loro emozioni dettate
dai corpi che crescono. Si prestano a ogni tipo di
decontestualizzazione, storica, sociale e politica e non
smettono mai di posare il loro sguardo meravigliato su ciò che
le circonda. Sono le Elene di tutti i tempi, con il loro
coraggio, con il loro anticonformismo, con le loro
contraddizioni, con una forza vitale che in certi momenti
rischia l’annichilimento, ma che è comunque capace di
molteplici sublimazioni come quella della maternità. Ed è con
un dolcissimo inno alla vita, alla vigilia del secondo
terribile conflitto mondiale, che si chiude la poetica storia
di Roat ennesimo contrasto fra la morte e la vita dove a
prevalere sarà quest’ultima nella personificazione della
piccola Anna: "Il mio corpo ha un’anima: si chiama Anna.
Non sono mai stata così felice".
Maria Chiara Passera