La doppia vita di mr.
Dicaprio
Due anni di quasi
silenzio dopo i trionfi del Titanic. Ma
ora l’oramai cresciuto ex idolo delle
ragazzine vive un ritorno alla grande.
Leonardo Dicaprio infatti è sugli
schermi con i film di due super registi
come Scorsese e Spielberg. “E senza un
direttore capace – racconta in questa
intervista – anche il personaggio
migliore rischia di finire male”
Può
capitare che un attore “scompaia” dal
grande schermo per un po’. E può
capitare anche che appaia
improvvisamente in maniera inaspettata
con due film. Questa la sorte di
Leonardo Dicaprio, attore che non
vedevamo al cinema dai tempi di The
Beach (2000) e che adesso torna con
ben due film di autori del calibro di
Martin Scorsese e Steven Spielberg:
Gangs of New York e Prova a
prendermi sono i film che lo vedono
nel ruolo di un ragazzo con problemi con
la figura paterna e che – in epoche e in
momenti storici diversi – richiedono una
risposta salda ed immediata al dramma
personale e umano. Dopo Amsterdam Vallon
e Frank Abagnale Jr., Dicaprio tornerà
presto sul set per interpretare prima
Alessandro Magno per la regia di Baz
Luhrmann che lo aveva lanciato con
Romeo + Giulietta, poi ancora per
Martin Scorsese il ruolo del miliardario
regista agorafobico e autoreclusivo in
The Aviator.
Mr. Dicaprio, arrivato a
questo punto molto fortunato della sua
carriera, come sceglie tra le
sceneggiature dei suoi film?
Credo che tutto riguardi
principalmente il personaggio: bisogna,
infatti, capire quello che vuole da te
il regista. Senza un regista capace,
anche il personaggio migliore può
“finire male”. Inoltre – durante la
lavorazione – sono molto utili i
colloqui che si hanno con gli altri
attori. Nel caso di Gangs of New
York, dopo avere accettato di girare
il film, è stato molto utile parlare con
Daniel Day Lewis e Martin Scorsese.
A proposito della
lavorazione a Cinecittà, che differenza
c’è tra il girare un film in costume e
uno ambientato ai giorni nostri?
In un certo senso tutti i
film sono in costume. Gangs of New
York non era il primo, avendo io già
fatto Titanic, La maschera di ferro,e
qualche altro film. La differenza era,
però, che in questo set gigantesco,
grazie al talento di Dante Ferretti che
ci ha fatto immergere nella realtà di
un’altra epoca, tutti gli attori hanno
percepito qualcosa di diverso. Sentirsi
parte di un altro tempo, per noi, ha
rappresentato un’ottima possibilità e ci
ha fatto sentire più a nostro agio per
entrare nei ruoli. Scorsese, poi, si è
comportato quasi come un archeologo.
Abbiamo sentito tutti l’esigenza di
capire come si è formata la metropoli di
New York e io in particolare ho cercato
di comprendere tante dinamiche storiche
che mi erano sconosciute.
Qual è stata la cosa più
difficile del personaggio di Amsterdam
Vallon?
La combinazione di tanti
elementi diversi: da quelli storici a
quelli comici. Io e Martin Scorsese
abbiamo parlato a lungo di chi fosse in
realtà quest’uomo e di come dovesse
apparire agli occhi del mondo.
Sicuramente l’elemento più difficile è
stato quello di tentare di dare ad
Amsterdam il giusto equilibrio tra tanti
fattori ed influenze diverse. Del resto
quale maggiore drammatica ironia ci può
essere rispetto a quella di trovare una
figura paterna proprio nell’uomo che ha
ucciso suo padre?
2000 fans scatenate a
Londra, altre migliaia nel resto del
mondo. Perdere la privacy è il
prezzo della celebrità?
Credo sia meraviglioso e
quasi commovente vedere tanto amore e
attenzione nei confronti di noi attori e
dei nostri film.
Qual è il suo rapporto
con l’Italia dopo una lavorazione tanto
lunga per Gangs of New York?
E’ un paese che mi piace
molto: Durante i nove mesi di riprese di
Gangs of New York, ho avuto modo
di conoscere l'Italia. Ho visitato tutti
i musei e i luoghi più belli di Roma, ma
sono anche stato a Pompei, Venezia,
Napoli, Capri e Firenze. Per quanto
riguarda il cinema italiano, adoro i
film di Fellini e di De Sica, che sono
dei punti di riferimento per tutti gli
appassionati nel mondo. Sono onorato del
fatto di portare un cognome italiano.
In Prova a prendermi
di Steven Spielberg lei interpreta
un ragazzo solo e in difficoltà che
scopre di avere il talento della truffa…
Credo che sia la storia
di un ragazzo all'inseguimento di un
sogno. Certo, si può parlare di una
giovinezza sprecata, ma c'è qualcosa di
straordinario in questa storia:
l'ispirazione maggiore è venuta
dall'incontro con il vero Frank Abagnale
Jr. che è il vero protagonista della
storia. Ero molto preoccupato
all'inizio, ma poi è stato decisamente
piacevole. Abbiamo parlato della sua
vita, della sua capacità di falsificare
gli assegni e anche quella di cambiare
accento a seconda delle persone che
aveva di fronte. La mia sensazione è
stata quella di parlare con la persona
più innocente del mondo, non certo
quello che in passato era stato l'uomo
più ricercato d'America. D'altronde,
credo che uno dei motivi che l'hanno
spinto a compiere certe azioni fosse
quello di vendicarsi delle banche che
avevano distrutto la vita di suo padre.
A prima vista, penseresti che non sia
capace di rubare neppure un francobollo.
Ma possiede una forza, quasi inconscia,
di conquistarti con lo sguardo, che
trasmette una grande energia e
un’intelligenza vivacissima. Del vero
Frank mi interessava soprattutto
trasmettere la spontaneità con cui, da
giovane, aveva affrontato il mondo.
Volevo che il pubblico fosse coinvolto
nel suo viaggio alla scoperta di sé, che
vedesse la luce che gli accese lo
sguardo la prima volta che vide un
pilota trattato con tutti gli onori,
come fosse un divo del cinema, oppure lo
seguisse nei suoi primi passi ed errori…
Non volevo che apparisse sempre
perfetto, perché sono convinto che il
segreto del successo di Frank risiedesse
nel suo temperamento, nel suo fascino,
nella sua capacità di illudere la gente
piuttosto che nella sua abilità da
trasformista. Credo che le motivazioni
di questa singolare scelta di vita siano
da ricercare nella personalità di questo
ragazzo arrogante, sicuro di poter
ingannare chiunque, persino l’Fbi….
come, in effetti, è accaduto.
Anche questo di Spielberg
è un film praticamente in costume…
Assolutamente: quella di
Abagnale era una società più ingenua e
fiduciosa negli altri e solo in un
contesto del genere
uno come Abagnale avrebbe
potuto truffare con tanta agilità le
multinazionali americane. Oggi con il
controllo che c'è e l' avanzamento
tecnologico al galoppo non sarebbe stato
possibile.
Lei ha lavorato con tanti
registi straordinari: cosa significa
essere diretti da Spielberg?
Steven Spielberg è sempre
disponibile al confronto e non solo con
gli attori ma con qualsiasi membro della
troupe. Questa è una delle doti che lo
rendono un grande regista; riesce a
ottenere il meglio dai suoi
collaboratori e fa sì che tutti lavorino
per un progetto comune, come ingranaggi
ben oleati che fanno funzionare al
meglio una macchina.
Lei è reduce da un film
sul senso ultimo della paternità come
Gangs of New York e – adesso – si è
trovato coinvolto in un altro film sul
rapporto padre – figlio…
Alla fine, Carl Hanratty,
l’agente dell’Fbi che gli ha dato la
caccia, è diventato l’unica persona di
cui Frank Abagnale si fidasse. Certo era
paradossale se si pensa che l’agente
vuole a tutti i costi vederlo in
prigione. Ma col passare del tempo Carl
diventa quasi una figura paterna per
Frank perché, in fondo, è la persona che
più si preoccupa del suo futuro…
m.s.
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