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redarrowleft.GIF (53 byte) Medicina Marzo 2003  
 

Dottor Robocop

 Si chiama Cyberknife ma non è l’ultimo nemico di Terminator. E’ un chirurgo-robot per radioterapia che costa 5 milioni di euro ed è in grado di colpire con grande precisione i tumori del cervello (e non solo) risparmiando le cellule sane. Senza dolore e in 45 minuti. Perché vede tutto in tre dimensioni. In Europa ce n’è uno solo ed è in funzione ora all’ospedale di Vicenza

Il nome sa un po’ di fiction: Cyberknife. Ma non è un super eroe della Marvel o il cattivo di turno in un film di Robocop. E’ un robot chirurgo per la radioterapia di ultima generazione, capace di colpire con grande precisione anche i tumori del cervello. In tempi rapidi, senza effetti collaterali e risparmiando le cellule sane. Di macchine così ce ne sono una trentina in tutto il mondo. E solo una in Europa: quella presentata giovedì 13 marzo dall’Ulss di Vicenza che ne ha acquistata una per il reparto di Neurochirurgia dell’ospedale San Bortolo.

E’ costata 5 milioni di euro, la nuova apparecchiatura. Una parte però la finanzia la stessa ditta che la distribuisce in Italia, che in qualche modo la usa come “test” dimostrativo. Certo Cyberknife (in italiano si potrebbe tradurre “cybercoltello” o “coltello cibernetico”) è un’apparecchiatura sofisticata. Per farla funzionare servono ingegneri, fisici e clinici. A grandi linee è formata da un braccio robotico collegato ad un acceleratore lineare e ad un sistema di guida computerizzato. Ed è proprio la capacità del computer che fa del robot-radioterapista un super cecchino delle cellule tumorali. 

 “Si tratta di una tecnologia complessa che permette di inviare le radiazioni con grande precisione sulla parte malata” ha spiegato il professor Federico Colombo, direttore del reparto di neurochirurgia dell’ospedale vicentino. Il medico in fondo ha un ruolo quasi marginale: decide solo il dosaggio della radioterapia. Al resto pensa il robot. Al paziente prima vengono fatti o classici raggi e la tac. I dati vengono quindi inseriti nel computer che li confronta di continuo con quelli ricavati da due apparecchi per radiografie sempre accesi che “fotografano” il paziente e guidano il braccio robotico durante la seduta di radioterapia. Formando un’immagine in tre dimensioni del cervello e del tumore. Così Cyberknife può dirigere con precisione le radiazioni solo sulla zona interessata. Ed è in grado anche di seguire i piccoli movimenti del corpo. Per essere il più preciso possibile il chirurgo-robot usa anche le immagini delle strutture ossee del paziente come riferimento spaziale.  

I vantaggi? Non pochi. Intanto non serve più il terribile casco di contenzione, fissato con le viti sul cranio, per impedire i movimenti. Al paziente viene solo messa sul viso una maschera in materiale termoplastico. Una seduta può durare 45 minuti: poi il malato può anche tornarsene a casa. Niente lunghe degenze, niente farmaci da ingerire, niente sangue. Cyberknife spara i suoi raggi da 200 posizioni diverse, seguendo fedelmente l’immagine della massa tumorale come la vede il computer. “Lo scarto di errore della macchina non supera il mezzo millimetro” dice sempre Colombo - Così i tessuti sani circostanti assorbono dosi di radiazioni trascurabili. La terapia è indolore ed ha un ridottissimo rischio di effetti collaterali visto che colpisce solo i tessuti malati. Così la procedura, in certi casi, può essere ripetuta”. I casi già trattati con Cyberknife (soprattutto negli Usa allo Stanford University Medical Center, all’ospedale di Pittsburgh e alla Cleveland Clinic) sono circa 4mila. In particolare per il trattamento dei tumori del cervello, i più delicati e difficili. Ma lo stanno testando anche in altre zone dove la radioterapia classica non si può applicare o dà scarsi risultati: collo, spina dorsale, polmoni, fegato, pancreas e prostata. E si può usare, dice il professor Colombo, anche per le malformazioni vascolari. 

A Cyberknife però non bisogna chiedere miracoli. Il suo braccio mobile, capace di ruotare in ogni posizione, è come un cesellatore di gioielli. Arriva là dove altri non possono, colpisce le metastasi, usa bassi dosaggi di radiazioni e risparmia le cellule sane. Un vantaggio soprattutto in termini di qualità della vita dei pazienti: meno fastidi, niente ricoveri e certo più efficacia. Un Robocop, quello buono, in sala operatoria.

Alessandro Mognon

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