Spy story
in dialetto veneto
Ha girato il film fra nordeuropea
Berlino, le dolci campagne trevigiane di
Asolo e i severi colonnati della
Basilica Palladiana di Vicenza. E’ Il
gioco di Ripley di Liliana Cavani,
tratto dal libro di Patricia Highsmith.
Che ha scelto un’ambientazione
particolare per un giallo all’americana
Dopo
Anthony Minghella e Wim Wenders anche
Liliana Cavani ha dovuto confrontarsi
con Ripley, l’enigmatico personaggio
nato dalla penna di Patricia Highsmith
che – con la sua dose di letale
ambiguità – si propone come un modello a
metà tra Arsenio Lupin e Diabolik, tra
la Primula Rossa e Hannibal Lecter. Ne
Il gioco di Ripley è l’attore
americano John Malkovich ad interpretare
il raffinato esteta alle prese con
pericolosi gangsters tedeschi,
costretto suo malgrado a coinvolgere un
inglese suo vicino di casa
nell’affascinante campagna veneta.
Il gioco
di Ripley
è stato presentato all’ultimo Festival
di Venezia. E’ rimasta soddisfatta delle
critiche e del dibattito seguito alla
proiezione al Lido?
Sì,
assolutamente. Soprattutto se si pensa
al caos che si verifica a Venezia dove i
giornalisti sono costretti a seguire
tante pellicole tutte insieme.
Come è arrivata a dirigere questo film?
Sono
stata contattata dalla produzione
americana che mi ha scelto per dirigere
in Italia questa pellicola. Per fortuna
ho sempre amato molto il lavoro di
Patricia Highsmith e sono stata contenta
di doverlo rileggere per adattare questo
film.
Ripley è un po’ un’incarnazione del
Male…
Il male
più insidioso è quello che si presenta
con un volto meno grottesco e pauroso.
Temo molto il male inserito nella
normalità. Ripley ha costruito il suo
patrimonio vivendo “borderline”. Ogni
rumore per lui può rappresentare una
minaccia. Per le persone “normali” no.
Vive in un’atmosfera noir. Noi
viviamo sempre una vita normale, e non
ci accorgiamo delle differenti tonalità
che questa può via via acquisire. Del
resto il male spesso, infatti, si
presenta sotto l’aspetto del quotidiano
e della presunta normalità. Ripley porta
con sé il marchio personale del crimine,
nonostante la bella vita. Si dà da fare
per accontentare il proprio gusto
estetico, ma non riesce a sfuggire al
proprio destino.
Cosa le piace di questo personaggio?
Sono
affascinata dalla curiosità vissuta ed
emanata dalla figura di Ripley e quella
della produzione di questo film è stata
un'esperienza molto interessante,
vissuta al fianco di John Malkovich.
Che differenza c’è tra questa pellicola
e il romanzo?
La
differenza è soprattutto di natura
temporale. La Highsmith ha scritto e
ambientato il libro mentre si trovava
nella Francia degli anni Cinquanta
descrivendo la colonia americana che
all’epoca risiedeva nella campagna
francese, mentre io ho preferito
ambientarlo ai giorni nostri in Veneto,
raccontando degli americani che vivono
nel nostro paese.
In particolare in Veneto?
Sì, nei
dintorni di Asolo vive una forte colonia
inglese e in tutta la regione si sono
stabiliti moltissimi cittadini americani
anche in virtù delle basi della Nato.
Lei conosceva già la zona dove ha girato
il film?
La
conoscevo bene e l’amavo moltissimo.
Ambientare Il gioco di Ripley tra
il Veneto e Berlino mi ha fatto sentire
molto vicina ad uno spirito quasi
mittleuropeo. Decisamente un
qualcosa di molto interessante per un
personaggio complesso come Ripley.
m.s.
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