Ozpetek? Come parlare a
un muro
Dopo Le fate ignoranti il
regista turco torna con una storia
d’amore e di memoria. Dove gioie e
dolori si nascondono negli antichi
palazzi, nei cortili, nei balconi e nei
mattoni delle case che hanno visto lo
svolgersi della vita di intere
generazioni
Dopo
il grande successo de Le Fate
Ignoranti Ferzan Ozpetek
torna a raccontare una storia d’amore
ambientata a Roma con protagonisti
Giovanna Mezzogiorno, Filippo Nigro,
Raoul Bova e lo scomparso Massimo
Girotti. Un film complesso che vede una
giovane donna con qualche rimpianto alle
spalle a causa di una vita che non ama
incontrare un anziano smemorato, che si
rivelerà – in qualche maniera – essere
stato una vittima dei fatti del 16
ottobre 1943, quando i nazisti
arrestarono e rapirono duemila ebrei
romani portandoli nei campi di sterminio
in Germania.
Ha avvertito una grande
pressione nella realizzazione de La
finestra di fronte?
In un certo senso sì,
anche se io vivo una grande intesa con
il mio pubblico da cui ricevo molte
lettere emozionanti. Anche se non
conosco tutte queste persone è come se
facessi con loro ognuno dei miei film.
Il finale sembra in
qualche maniera un richiamo di quello
che è poi accaduto realmente a Massimo
Girotti...
La vita si confonde con
la finzione e ci sono dei segni
misteriosi nella nostra esistenza che
dobbiamo – di certo – provare ad
interpretare. Il mistero è qualcosa di
molto presente nella nostra esistenza.
Basta solo stare attenti e cogliere
tutti questi segnali.
Il film è una
celebrazione della responsabilità e
della memoria…
Abito in un vecchio
palazzo, in un appartamento non molto
grande degli inizi del secolo scorso.
Alle volte mi capita di interrogarmi
riguardo le emozioni e le sensazioni
delle persone che hanno abitato in
quelle stanze prima di me. Se hanno
fatto l’amore lì, se hanno pianto, se
sono stati felici o no…Le mura, in
qualche maniera, sono sempre state
testimoni della vita degli uomini. Anche
di quelli che non ci sono più. Quando
vado a fare la spesa al ghetto, mi fermo
e penso a cosa devono avere visto quelle
case e quei balconi. Sono stati
testimoni di tanto dolore, mentre le
persone che abitavamo dietro a quelle
finestre non ci sono più…
Tanto dolore…
Non solo. Anche amore,
forse. La memoria sta anche nel
ricordare (e forse anche sperare) che
contro quello stesso muro qualcuno si è
baciato appassionatamente… è la vita.
Le città antiche come Roma sono
impregnate dei ricordi e della loro
energia. Vergognoso è, piuttosto, vedere
le svastiche sulle pareti mescolate a
scritte razziste. E’ una cosa che mi
angoscia…
E Roma è protagonista…
E’ una Roma un po’
diversa da quella che si vede in
generale. Ho cercato di andare lontano
dalla cartolina.
La scelta di Raoul Bova
non è un po’inusuale?
Ho ricevuto tante lettere
che mi dicevano: perché ti sei venduto e
hai preso un attore come Raoul Bova?
Quanto ti hanno dato? In realtà a me
piace molto Raoul come interprete. Credo
che – una volta messa da parte la sua
insicurezza – sarà un grande attore.
Sarò felice di vederlo recitare ancora
meglio di quanto abbia fatto con me.
Quanto conta l’emozione
nel suo lavoro?
E’ tutto, se non ce
l’avessi non avrebbe senso andare
avanti. Sarebbe meglio smettere… anzi,
se dovesse mai accadermi, smetterò.
m.s.
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