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redarrowleft.GIF (53 byte) Arte aprile-maggio 2003 (a cura di Giovanna Grossato)


APPUNTAMENTI D’ARTE

Milano. Fondazione Mazzotta - Jòan Mirò. Metamorfosi delle forme – fino al 29 giugno Tel. 02/878197; fax 02/8693046 informazioni{Sostituisci con chiocciola}mazzotta.it - www.mazzotta.it

Tre parole, metamorfosi-delle-forme, racchiudono la vicenda artistica di Jòan Mirò (Barcellona 1893 – Palma di Maiorca 1983). La mostra della Fondazione Mazzotta, con opere tutte successive al 1960, documenta la fase finale della “metamorfosi”, privilegiando Mirò scultore. Senza tuttavia dimenticare il pittore, con una coinvolgente serie di opere su carta e tre oli. Mirò inizia con la pittura, con tele che hanno i colori brillanti e violenti dei Fauves; ammira Van Gogh, Cézanne e Rousseau il doganiere, che con le sue opere naif ne ispira la “fase particolarista”. Nei paesaggi che Mirò dipinge in questo periodo ogni singolo dettaglio, filo d’erba, foglia d’albero assume una vita autonoma; Mirò studia la natura, convinto che ogni frammento nasconda al suo interno una magia segreta che l’artista può scoprire e rappresentare. Nel 1920 si trasferisce a Parigi e a contatto con l’ambiente surrealista libera la propria immaginazione, i suoi sogni. Il punto di partenza è ancora l'osservazione della realtà, ma protagonisti delle sue opere diventano singoli dettagli, deformati e rimodellati dall’immaginazione dell'artista. Inizia così la "metamorfosi delle forme" e il suo linguaggio pittorico evolve in un sistema di segni e colori, un alfabeto di simboli fantasiosi con i quali Mirò racconta la realtà che lo circonda. Le opere su carta esposte in mostra (acqueforti, acquetinte, disegni) presentano un'ulteriore fase della sua pittura: l’affascinante alfabeto di stelle, lune, cerchi, pesci diventano più rari, sostituiti da una struttura di segni neri intrecciati attorno ai quali galleggiano macchie di colore, spruzzi di vernice. C'è l'eco della pittura di Pollock , del dripping che in quegli anni si affacciava nel mondo dell'arte. Le figure si trasformano in colori, rosso, verde, giallo e blu. In Personaggi e stelle (1976) Mirò riesce a far immaginare un cielo che brilla di stelle, semplicemente disegnandole come fanno i bambini, con pochi tratti intrecciati. Anche in scultura il punto di partenza è il dettaglio insignificante, l’oggetto qualsiasi e la ricerca di una realtà oltre l’apparenza. Mirò comincia con assemblages di oggetti comuni e l'ispirazione viene sempre dall'objet trouvé, una scatola, un cucchiaio, una zucca che non entra più direttamente nella composizione, ma è riprodotto in bronzo e assemblato in una “scultura vera”.
Sul finire degli anni ’60 le sculture diventano coloratissime: il bronzo è levigato e ricoperto di colori brillanti, gli stessi che riempiono le tele. Del resto, come dice Joufrroy, “La poesia si fa con tutto (se non da tutti)”

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