APPUNTAMENTI D’ARTE
Milano.
Fondazione Mazzotta - Jòan Mirò.
Metamorfosi delle forme – fino al 29
giugno
Tel. 02/878197; fax 02/8693046
informazioni{Sostituisci con chiocciola}mazzotta.it -
www.mazzotta.it
Tre parole,
metamorfosi-delle-forme, racchiudono la
vicenda artistica di Jòan Mirò (Barcellona
1893 – Palma di Maiorca 1983). La mostra
della Fondazione Mazzotta, con opere tutte
successive al 1960, documenta la fase finale
della “metamorfosi”, privilegiando Mirò
scultore. Senza tuttavia dimenticare il
pittore, con una coinvolgente serie di opere
su carta e tre oli. Mirò inizia con la
pittura, con tele che hanno i colori
brillanti e violenti dei Fauves; ammira
Van Gogh,
Cézanne e
Rousseau il doganiere, che con le sue opere naif ne
ispira la “fase particolarista”. Nei
paesaggi che Mirò dipinge in questo periodo
ogni singolo dettaglio, filo d’erba, foglia
d’albero assume una vita autonoma; Mirò
studia la natura, convinto che ogni
frammento nasconda al suo interno una magia
segreta che l’artista può scoprire e
rappresentare. Nel 1920 si trasferisce a
Parigi e a contatto con l’ambiente
surrealista libera la propria immaginazione,
i suoi sogni. Il punto di partenza è ancora
l'osservazione della realtà, ma protagonisti
delle sue opere diventano singoli dettagli,
deformati e rimodellati dall’immaginazione
dell'artista. Inizia così la "metamorfosi
delle forme" e il suo linguaggio pittorico
evolve in un sistema di segni e colori, un
alfabeto di simboli fantasiosi con i
quali Mirò racconta la realtà che lo
circonda. Le opere su carta esposte in
mostra (acqueforti, acquetinte, disegni)
presentano un'ulteriore fase della sua
pittura: l’affascinante alfabeto di stelle,
lune, cerchi, pesci diventano più rari,
sostituiti da una struttura di segni neri
intrecciati attorno ai quali galleggiano
macchie di colore, spruzzi di
vernice. C'è
l'eco della pittura di
Pollock , del dripping
che in quegli anni si affacciava nel mondo
dell'arte. Le figure si trasformano in
colori, rosso, verde, giallo e blu. In
Personaggi e stelle (1976) Mirò riesce a
far immaginare un cielo che brilla di
stelle, semplicemente disegnandole come
fanno i bambini, con pochi tratti
intrecciati. Anche in scultura il punto di
partenza è il dettaglio insignificante,
l’oggetto qualsiasi e la ricerca di una
realtà oltre l’apparenza. Mirò comincia con
assemblages di oggetti comuni e
l'ispirazione viene sempre dall'objet
trouvé, una scatola, un cucchiaio, una
zucca che non entra più direttamente nella
composizione, ma è riprodotto in bronzo e
assemblato in una “scultura vera”.
Sul finire
degli anni ’60 le sculture diventano
coloratissime: il bronzo è levigato e
ricoperto di colori brillanti, gli stessi
che riempiono le tele. Del resto, come dice
Joufrroy, “La poesia si fa con tutto (se
non da tutti)”.
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