Ragazzi, facciamoci una radio
Una ragazzina di dodici anni,
una scuola che non riesce a dialogare, una
vecchia radio che per magia mette in
contatto fra loro gli adolescenti. Sono gli
elementi del primo libro che Cinzia Zungolo
ha dedicato ai ragazzi. Per raccontare che
esiste sempre la possibilità di liberare la
propria creatività soffocata dagli adulti
Cinzia Zungolo, RADIOLISA,
Salani Editore, pp.197, euro 11,00
Conoscevo
Cinzia Zungolo solo come scrittrice per
adulti (vedi il recente Porto della
zingara, Ed. Derive Approdi) e mi ha
davvero stupito scoprire che si occupa anche
di libri per ragazzi, come testimonia il suo
nuovo romanzo Radiolisa, appena edito
da Salani. Non è da tutti gli autori,
infatti, fare buona prova in entrambi gli
ambiti, nonostante sempre letteratura si
tratti. Nel caso della Zungolo, invece, la
bravura e la tenuta narrativa dimostrate nel
Porto si riconfermano appieno in
questa Radiocronaca dell’adolescenza
– come recita il sottotitolo di quest’ultimo
suo lavoro – da consigliare senz’altro, a
mio avviso, come lettura godibile ed
intrigante a scolari e scolare della Scuola
Media inferiore.
Protagonista del romanzo è
Chiara, che ha dodici anni e divide un
angusto appartamento con i fratelli Principe
e Povero e con due genitori abbastanza
evoluti e simpatici, ma soprattutto dotati
di sottile ironia ed autoironia (il che non
guasta mai). Siamo a metà anno scolastico e,
ahimé, “nelle lacune del programma può
sguazzarci una famiglia di ippopotami”. Non
che le sue compagne di classe se la cavino
meglio, se a scuola: “Tutto il tempo ridono,
mangiano, parlano di ragazzi”. Questo il
quadro d’avvio, tratteggiato con mano sicura
da chi di adolescenti dà prova di
intendersene (Cinzia Zungolo insegna
spagnolo, a Verona, in un Istituto
superiore). Come ne conosce il gergo, i tic
e le manie, nonché la voglia di piacere
(soprattutto a questa età, da parte di una
ragazzina qual è Chiara); magari a un bullo
tipo Max: “Il bello, il perfetto, il
diabolico e angelico Max Labbradifuoco”, che
però non la fila minimamente.
Per farla breve, Chiara
scopre in soffitta una vecchia radio,
appartenente alla nonna, la porta nella sua
stanza e – grazie all’inattesa complicità di
un fulmine – l’apparecchio si trasforma
magicamente in una vera e propria stazione
radiofonica, dalla quale Chiara/Radiolisa,
sempre più spigliata via via che le
trasmissioni si susseguono, conversa in
diretta al telefono con i suoi coetanei
trattando tra il serio e il faceto un po’ di
tutto: dalle disavventure scolastiche a
quelle familiari e amorose. Per non parlare
delle spassose interviste, tra cui spicca
quella a Odisseo (“Radiolisa: …ma lei
chi si crede di essere? Ulisse: Io?
Nessuno”).
Certo, di surrealtà, di
fantasticheria si tratta. Ma la vita dei
ragazzi non dovrebbe essere anche fatta di
immaginazione? E lei: “non ha sogni, non ha
abbastanza fantasia” osserva la scrittrice
parlando di Chiara ma schizzando parimenti
un ritratto generazionale di piccoli
consumatori obnubilati da cellulari e TV.
Così, grazie alla favolosa invenzione di
Radiolisa, l’immaginario della ragazza e dei
suoi amici viene stimolato e si desta. Alla
trasmissione partecipano un po’ tutti.
Intervengono persino i timidi maltrattati
dai bulli e pure i vogliosi di un attimo di
protagonismo o anche solo di parlare con
qualcuno delle loro grandi o piccole
magagne. La critica – fra le righe – al
mondo distratto e indaffarato degli adulti è
palese. Come quella ad una scuola fatta solo
di nozioni e interrogazioni, con professori
quanto spesso incapaci di vedere oltre un
palmo dal proprio registro. A tale proposito
risulta illuminante – ma questa volta
realistico – l’impietoso scenario educativo
illustrato da Mrs Word agli ascoltatori di
Radiolisa. (Radiolisa: Come si usa
l’antologia? Mrs Word: “Si impiegano
pochi minuti a leggere e pomeriggi interi a
fare esercizi. Tipo: ‘Fai un elenco di nomi
propri, comuni, composti e stranieri.
Volgili al plurale se sono al singolare.
Volgili al singolare se sono al plurale. Che
accidenti stai facendo adesso, non vedi che
quelli sono invariabili?’… ”).
Così Radiolisa diviene il
luogo di un’espressività creativa che l’aula
scolastica rischia di soffocare. Ma non
solo. Grazie alla magica trasmissione,
Chiara trova il modo di contattare (e
affascinare) l’inavvicinabile Max e – ciò
che più conta – di riconosce il suo “Sogno
Profondo”: realizzarsi proprio dove le
“sembrava impossibile riuscire”. Si chiude
dunque all’insegna dell’apertura (mi si
consenta il gioco di parole) questa
spumeggiante radiocronaca dell’adolescenza
che si fa leggere d’un fiato, anche grazie
al suo linguaggio fresco e ad una scrittura
immediata, visiva, coinvolgente e
intelligente.
Francesco
Roat
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