Attrice
per sempre
Ha un cognome importante
ma si è costruita la carriera da sola.
Perché, racconta Valentina Cervi, la
prima volta che è salita su un
palcoscenico ha capito che non ne
sarebbe più scesa. Forse per questo c’è
il suo nome in ben due film appena
usciti: L’anima gemella e Passato
Prossimo
Dopo
qualche mese di assenza dovuto al lavoro
all’estero Valentina Cervi è
protagonista di ben due film di punta di
questa stagione del cinema italiano:
L’anima gemella di Sergio Rubini in
cui interpreta una donna innamorata e
pronta a fare di tutto per il suo amore,
e una partecipazione in Passato
Prossimo pellicola corale diretta da
Maria Sole Tognazzi. E Nautilus l’ha
intervistata.
Come si è trovata a
lavorare in un gruppo di attori coetanei
come in Passato Prossimo, lei che
è un’attrice abituata a pellicole
individualiste o perlomeno in cui lei è
la protagonista principale?
All’inizio non è stato
semplice. Non ho fratelli e quando
lavori in gruppo devi metterti in
ascolto del lavoro altrui. Rispetto alla
mia carriera è un’esperienza che è
arrivata “dopo”. Forse qualche anno fa
non sarei stata in grado di affrontare
un set del genere così come ho fatto
oggi. Avevo fatto un’esperienza simile
in Hotel di Mike Figgis, un’altra
pellicola corale, ma si trattava di
qualcosa di molto differente.
Crede che lavorando
insieme a lei su un set ci sia il
rischio di vedersi rubata la scena?
No, non credo proprio. Il
regista controlla l’azione e un attore
non può andare oltre canoni prestabiliti
se non in certi casi molto rari.
Che cosa la ha spinta a
fare l’attrice ?
Un mio amico mi spinse a
seguire un corso di recitazione di tre
mesi il pomeriggio, perché la mattina
andavo a scuola. Quando sono salita sul
palcoscenico con una scena tratta da
Garcia Lorca non sarei più voluta
scendere. Mi annoio molto facilmente
riguardo le cose che faccio, mentre per
quanto riguarda l’essere un’attrice
quello che mi stimola di più è il
seguire un percorso che non ha fine e
che è una sfida continua. Anche nei
momenti in cui uno non lavora può sempre
studiare un personaggio e cercare di
incamerare esperienza per il prossimo
ruolo che ti verrà offerto. Ho trovato
la mia strada di cui - credo - non mi
stancherò mai.
Che cosa ha significato
per lei portare il cognome Cervi ?
Il vero inizio del mio
lavoro ha coinciso con interpretare
Ritratto di Signora. Jane Campion
non sapeva assolutamente chi fosse mio
nonno. Credo che sia stato importante a
livello cromosomico perché i miei
genitori lavorano nell’ambiente del
cinema e così mi sono avvicinata a
questo lavoro in maniera naturale. A
livello di opportunità e possibilità non
ha avuto nessuna influenza.
È per questo - dunque -
che è stato così importante per lei
interpretare un film come Ritratto di
Signora ?
Ho
cominciato a lavorare veramente nel
momento in cui sono stata me stessa,
accettandomi per quella che ero, senza
proiettare sui miei personaggi false
immagini di me, causate dalla mia
insicurezza. In quel momento ho scoperto
- grazie alla sincerità - le infinite
possibilità che ha l’essere umano. Con
Jane Campion, poiché sapevo che mi
avrebbe “visto dentro” dato che
conoscevo tutti i suoi film, mi sono
presentata al provino cercando di dare
l’immagine di una ragazza che non aveva
consapevolezza della propria
femminilità. Sono andata al provino
completamente aperta e disposta a dare
tutta me stessa. Così mi è stata
“regalata” questa parte che era l’ultima
rimasta, visto che Jane non trovava
un’attrice adatta a esprimere alcuni
aspetti infantili contemporaneamente a
una maturità interiore che le faccia
accettare il suo destino senza rabbia.
m.s.
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