MOTOGP: IL MONDIALE RIPETE SE
STESSO
Alle 10.30 circa,
ora italiana, di domenica 12 ottobre 2003 si è virtualmente
conclusa l’avventura del campionato Mondiale classe MotoGp.
L’epilogo,
con due gare di anticipo, si è materializzato sulla pista di
Sepang , in Malesia, ed ha visto il trionfo facilmente
pronosticabile di Valentino Rossi.
Senza voler
scomodare accezioni troppo eccelse per una attività umana
senz’altro profana, almeno rispetto al pensiero di Giambattista
Vico, potremmo certamente dire che il campionato mondiale ripete
se stesso, dove quel “ripete” assume connotazioni positive
rispetto agli ammonimenti del filosofo napoletano.
Questo
grazie al tavulliese più famoso del mondo, capace di vincere la
bellezza di 5 mondiali sugli 8 disputati, diretta conseguenza di
un buon esordio proprio sulla pista malese in quel lontano 31
marzo 1996.
Valentino,
quasi venticinquenne, è ancora molto giovane per una
competizione che lo vede padrone indiscusso da tre anni, con la
bacheca ormai in grave difficoltà nel sostenere le coppe di
decine di successi e tre titoli consecutivi nella classe regina.
Sepang
avviene dopo un recupero di forma, se così possiamo chiamarlo,
più mentale che fisica, dopo un trittico di gare estive
portatore di una qualche difficoltà imprevista.
Possiamo
parlarne in questi termini soltanto perdonandoci una forzatura
consistente, giacchè per “Il Dottore” l’affanno ha fissato nel
terzo posto il risultato peggiore (due volte, di cui una a
tavolino dopo la vittoria in pista), ed in altri cinque secondi
posti le delusioni.
E’ stato
impressionante il ruolino di marcia del marchigiano, che con 7
vittorie, 7 pole
positions, 10 giri veloci, 159 giri compiuti da leader della
corsa, ha spazzato via ogni velleità degli avversari, a
cominciare dallo spagnolo Sete Gibernau buon combattente sul
campo e buon amico nella vita, che Valentino ha relegato a ben
63 punti di distacco a due gare dal termine, per finire con Max
Biaggi, sempre ottimo pilota quest’anno sulla versione “clienti”
della sua stessa moto, rimasto 92 punti più indietro.
Rossi ha
fatto capire da subito che non ce ne sarebbe stato per nessuno,
dall’alto di un binomio imbattibile formato dalla tecnica del
gioiello RC211V-Honda e il suo immenso talento: troppo bella e
performante la moto, troppo bravo a mantenerla su quei livelli
ed a sfruttarla lui.
Quindi onore
al merito e “Vale” nella leggenda, più di quanto già non fosse.
Poi gli
altri.
Una nota a
parte è doverosa per il lavoro svolto dalla Ducati e da un
grandissimo Loris Capirossi.
La lotta
contro il colosso nipponico è stata condotta dalla casa di Borgo
Panigale con la fierezza che la contraddistingue nel mondo ogni
volta che è chiamata a rispondere con i risultati ai suoi
tifosi.
La
“Nazionale Rossa delle moto” e la sua mitica “Squadra Corse”
quando decidono di entrare nella competizione lo fanno con uno
spirito ed una dedizione degni delle corse d’altri tempi, in una
sublimazione del “tutti per uno” che trascina e commuove.
E’ stato
chiamato a dare tutto e spesso anche qualcosa in più, un ragazzo
dal talento troppe volte dimenticato dal polemico dualismo
Rossi-Biaggi, relegato a comprimario dalla stampa specializzata
forse perché di carattere più tranquillo, forse perché meno
incline alla prima pagina.
Il carattere
troppo spesso nella sua carriera è stato probabilmente il suo
tallone d’Achille; freddezza e costanza di risultati sono a
volte mancati e l’hanno penalizzato oltre misura, insieme ad una
buona dose di sfortuna che paradossalmente in questi casi si
aggiunge a completare il quadro.
Ducati si è
affidata alla genialità dei propri tecnici per questo 2003 ed al
talento tutto cuore e gas di Loris Capirossi; insieme hanno dato
fastidio ad Honda per buona parte del campionato, toccando
l’apice con una commovente vittoria nel GP di Catalunya in quel
di Barcellona.
Vittoria
storica con arrivo tra singhiozzi e pianti di gioia di un
ragazzo finalmente maturato e al top della condizione, dei
tecnici di una squadra al primo anno nella massima categoria e
di qualche milione di tifosi sparsi per il mondo, consapevoli
della portata dell’evento o almeno divenuti tali appena passato
il “groppo in gola”: un binomio tutto italiano non vinceva nella
500 dal 29 agosto 1976, data del Gp della Germania Ovest vinto
da Giacomo Agostini con la Mv Agusta al Nurburgring.
Basta questo
a descrivere il tutto.
Così Ducati
seconda nel campionato costruttori e compagno di squadra di
Loris, l’australiano Troy Bayliss ex-mondiale Superbike, in
cerca della prima affermazione dopo un annata di adattamento
nella quale ha fatto vedere a sprazzi grandi cose.
Ottimo
finale anche per Nicky Hayden, l’alter ego di Rossi nel Team
Honda ufficiale: l’americanino idolo delle teenager, dotato
sembra di particolare avvenenza e proveniente dalle gare di
casa, dopo un primo momento di smarrimento ha saputo ben
adattarsi ed ha iniziato ad imparare in fretta.
E’ già a
ridosso della zona podio e nelle ultime gare potrebbe essere una
delle sorprese più gradevoli.
Yamaha ha
migliorato il mezzo meccanico indubbiamente, mezzo che molti
addetti ai lavori indicano come il più tecnicamente evoluto del
lotto, così come manchevole delle indicazioni adeguate di un
campionissimo per fare il salto di qualità.
Barros e
Checa, i due pezzi pregiati della casa di Iwata, hanno viaggiato
verso due idee opposte nello sviluppo della moto, mentre Marco
Melandri esordiente nella categoria, ha dovuto sempre inseguire
la miglior condizione fisica dopo il pauroso incidente della
prima gara ed ha alternato ottime prestazioni a week-end del
tutto deludenti.
In Honda
oltre Rossi ed Hayden, un plauso particolare a Sete Gibernau,
erede di un pesante fardello dopo la scomparsa prematura dell’indimenticato
Daijiro Kato nella tragedia di Suzuka di 6 mesi fa, incidente
ancora avvolto nel mistero.
Gibernau ha
reagito alla grande ed in sella alla moto ufficiale clone di
quella di Rossi ha sfoderato tutta l’arte del campione, oltre
alla versatilità da istruttore di supermotard quale è,
esibendosi sull’asciutto e sul bagnato in derapate “Valentiniane”.
Max Biaggi
era forse l’uomo dal quale ci si aspettava di più, ma la
condizione di pilota a contratto Pramac quindi non direttamente
supportato delle evoluzioni del reparto corse Honda, l’ha
penalizzato più del dovuto.
Probabilmente Max è entrato in una condizione mentale più
rinunciataria degli altri anni, contraccolpo visibile nel
trovarsi un Gibernau coccolato da Honda mentre lui era chiamato
a piccoli miracoli.
Nonostante
tutto Max ha la possibilità di chiudere il campionato al secondo
posto, davanti allo spagnolo, e conoscendolo, non mollerà la
presa fino alla fine: la moto ora è pressoché la stessa e Biaggi
quando vuole la sa far correre come nessun altro.
Aprilia,
Suzuki, Proton, Kawasaki, Wcm che dire……
Tanta
retrovia e tutto da rifare sulla base di progetti sbagliati e
piloti delusi.
Dispiace
trovare in questa condizione anche Aprilia che, forte del
Campione del Mondo 2002 SBK Colin Edwards e del ex-funambolico
ormai decaduto Noryuki Haga, avrebbe dovuto seguire da presso le
gesta di Ducati e che invece si ritrova più o meno come nel 2002
nonostante l’anno in più d’esperienza.
Il progetto
di correre con un 3 cilindri da parte della casa di Noale è
un’idea in realtà che piace molto anche ad Honda, la quale
depista i giornalisti su un nuovo presunto motore
multifrazionato a 6, mentre persegue la volontà di farlo
assomigliare al 3 dell’Aprilia per il 2005.
Speriamo il
nuovo anno veda i miglioramenti che la simpatica squadra veneta
merita.
Il Circus
chiuderà i battenti il 2 novembre prossimo, mentre il mercato
piloti è già in fermento e le notizie all’orizzonte paiono di
quelle grosse: forse Rossi accetterà la sfida di condurre una
Yamaha e se il clamoroso spostamento di marca avverrà, l’effetto
domino innescherà una serie di cambiamenti eclatanti.
Tutti
d’accordo che sarà un mondiale appassionante e tutti con il
presentimento che anche nel 2004 il mondiale potrebbe ripetere
se stesso.
Maurizio Ottomano
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