"Oltre lo sguardo", non solo Striscia
Dario Ballantini è molto più
conosciuto come il Valentino della
trasmissione di Ricci che come pittore. In
una nostra intervista parla della sua
esperienza con la televisione e di questa
attività artistica che gli sta dando molto
successo con una mostra itinerante lungo
l'Italia
Dario Ballantini. Dalla televisione alla
sfera privata, dalle sfilate o vernissage,
tra vip e mondanità, alla dimensione
espressiva più intima di un artista in cerca
di affermazione. Sì perchè il 39enne
Ballantini ha più di un volto creativo: non
è solo il celebre imitatore di personaggi
cult come Valentino e Morandi, ma anche un
talentuoso pittore.
Ballantini artista nasce innanzitutto come
pittore. Dai banchi del liceo artistico di
Livorno alle esposizioni che fanno tappa in
tutta Italia da qualche anno a questa parte.
Nel maggio del 2002 lo showman è a Verona
per una personale alla galleria Ghelfi.
Giancarlo Vigorelli, grazie ai buoni auspici
della comune amica Marta Marzotto, ne valuta
le opere e ne cura, insieme al critico
Giancarlo Caprile, la presentazione del
catalogo. E’ ancora il 2002 quando espone a
Padova, alla Galleria Borromeo, riscuotendo
successo di critica e pubblico.
Sull’esperta piazza milanese, a fine 2003,
altro riscontro positivo, quasi inaspettato
a sentire lo stesso Ballantini.
"Oltre lo sguardo" - questo il titolo della
mostra-evento, nel dicembre scorso anche a
Vicenza e Bassano del Grappa, su iniziativa
della Gmb arte moderna e contemporanea.
Semplicemente in maglia scura e jeans,
capello ribelle stile free, bell’accento
toscano, l'eclettico personaggio televisivo
dal vivo è, delusione, un autentico mortale.
Eh sì, con quegli occhioni e viso pulito,
col suo modo di fare a tu per tu, senza
troppi formalismi tipici di un uomo dello
spettacolo, si stenta ad immaginarlo nei
panni del più che vanitoso stilista
Valentino, così come conosciuto dal grande
pubblico a Striscia la notizia.
Ho visto altri personaggi del piccolo
schermo, (niente da invidiare a Ballantini)
disgustosamente inavvicinabili.
Mi è piaciuto subito, così non ho esitato a
scambiare due parole.
Dario, hai lasciato per qualche giorno i
tuoi impegni con il tubo catodico per essere
qui a Vicenza, quali i prossimi impegni in
questa nuova tua condizione artistica ?
Sì, Vicenza è una tappa obbligata. Dopo
Verona e Padova, dove sono stato apprezzato
e ho venduto diversi quadri, faccio sosta
qui per una personale dal 28 novembre al 24
dicembre. Contemporaneamente miei quadri
saranno esposti anche a Bassano. Ci tenevo
particolarmente: a Bassano hanno inaugurato
da poco la mostra di Canova, non me la
potevo perdere. "Oltre lo sguardo" verrà
portata poi nel resto dello stivale.
Una mostra itinerante quindi?
Sì, questa è una mostra che è costata molto
in termini di fatica ed impegno; è in
programma un giro d’Italia in senso orario:
Milano, Vicenza, Bassano del Grappa, poi
Marche, Puglia per tornare infine su Genova.
Sono molte le città che hanno chiesto di
poter ospitare la mostra.
Perché la scelta è caduta su Vicenza? Quali
sono le tue aspettative?
Vicenza è nata perché i responsabili della
GMB sono venuti a Milano in occasione
dell’esposizione. Ci siamo piaciuti e da lì
è nata l’idea di portare la mostra anche
qui. Mi sono trovato molto bene in
precedenza anche nella vicina Padova. Il
Veneto mi va benissimo, come critica e come
pubblico; è un terreno fertile per quanto
riguarda arte e cultura.
Dario pittore. Come nasce la sua vena
espressiva sulla tela e come si è evoluto
nel tempo?
Inizio a dipingere da ragazzo, tra le mura
di casa con mio padre che dipingeva in stile
neorealista e gli zii post-macchiaioli. Ho
frequentato il liceo sperimentale ad
indirizzo artistico della mia città, Livorno.
A farmi da maestro Giancarlo Cocchia.
Conosco il pittore Maurilio Colombini e il
gallerista Cesare Rotini e comincio ad
esporre nella mia città natale, Livorno, e
in Toscana. Inizialmente le critiche non
sono state così benevole con me: gli anni
’80 non erano i tempi giusti per accogliere
un nuovo espressionismo. Dagli anni ’90
pitturo solo per me, ho tenuto nascosta la
mia arte, almeno fino a qualche tempo fa.
"Belli sì, ma troppo all’avanguardia,
futuristici…." erano i commenti sui miei
quadri: dall’età di 19 anni mi sono trovato
a scontrarmi con una corrente artistica
locale fatta di acquemarine, paesaggi
post-macchiaioli. La prima opera esposta fu
un ritratto di Pier Paolo Pasolini, di
stampo neorealista. Poi vennero le tele dal
richiamo espressionista.
Quale invece l’occasione che ti ha portato
sul piccolo schermo, alla trasmissione di
successo "Striscia"?
Dopo anni di gavetta, varie ospitate e
spettacoli in giro per l’Italia, la mia
occasione arriva nel 1990, quando vinco
"Star ‘90", un concorso televisivo per nuovi
talenti. Lì il primo contatto con Antonio
Ricci, presidente della giuria del concorso.
Rimango anni aspettando una sua telefonata
promessa. L’attesa è stata premiata. Ora a
"Striscia" ho uno spazio fisso.
Cosa ti ha portato a rendere pubblico il
Dario pittore?
A spronarmi le positive recensioni di
Luciano Caprile e Giancarlo Vigorelli, che
mi hanno portato ad affrontare una città
quale Milano con una certa serenità e
sicurezza in me stesso. Parte del merito va
anche ad Antonio Ricci che mi ha
incoraggiato in quest’avventura.
Vigorelli parla delle tue opere giudicandole
"spettrali, deformi e deformanti, ma solide,
aggressive e persino paurose". Qual è il tuo
messaggio?
Attraverso un’opera dò voce all’emozione
interna. Angosce: quelle esistenziali e
quelle della mia città, Livorno, polo
industriale, con ciminiere e fumo che ha del
drammatico, che spesso nei miei quadri si
camuffano in sigarette; case, accoglienti ma
che allo stesso tempo si presentano come
dimensione vuota.
Quanto tempo dedichi alla pittura e
preferibilmente in che momento della
giornata?
Di notte, io ho sempre dipinto di notte.
Meno male che allora non ho impegni legati
alla televisione: i servizi di "Striscia"
sono pre-serali o serali. Posso permettermi
di fare tardi e svegliarmi dopo il mattino.
Fino ad ora sono riuscito a conciliare i due
impegni.
C’è qualche affinità o discordanza tra la
vita di spettacolo e quella di pittore? E se
sì, quali?
La voglia di comunicare, di esprimere un
qualcosa è indubbiamente un aspetto in
comune alle due attività. In entrambe c’è
poi del personale, nei quadri soprattutto.
Il rapporto tra i due impegni è tormentato,
è sempre quello del doppio: come c’è la
doppia personalità nel momento in cui mi
infilo dentro un personaggio, così c’è il
doppio anche nell’arte di dipingere perché
va a contrastare quella che sembra
un’unilateralità dirompente. In realtà io
cerco di far ridere, non è che rido molto.
Questo sdoppiamento di personalità trova le
sue radici a partire dalla famiglia: mio
padre dipingeva, mio nonno recitava.
Se un giorno fossi costretto a scegliere tra
Dario trasformista e Dario pittore, dove
indirizzeresti la tua scelta?
Ho avuto più occasioni per pensarci…
Rinunciare a pennello e tela sarebbe
difficile; ho cominciato ragazzo e non ho
mai smesso.
Eppure vestire i panni di Valentino, Vasco
Rossi, Gianni Morandi o Roberto Cavalli ti
ha agevolato nella tua carriera di pittore,
vero?
Non lo metto in dubbio, però molti, come lo
stesso critico Giancarlo Caprile, mi
hanno consigliato di non mischiare gli
interessi. Cerco di essere creativo, non
dozzinale, insomma credibile. Se il
personaggio artistico è considerato anche un
creativo ben venga l’associazione tra
imitatore e pittore.
Quali sono le tue prospettive per il vicino
futuro?
Bè, finche c’è "Striscia" c’è speranza…!
L’obiettivo è uno show personale, se n’è
parlato tante volte con Antonio Ricci. Prima
o poi lo faremo! Per ora i servizi di
"Striscia la notizia" sono un grosso
impegno. Il tg satirico mette in onda 220
puntate l’anno. Non ho mai mollato prima,
figuriamoci adesso!
Benedetta Centin
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