Yamaha in balia delle Honda
23/05/2005
Il secondo GP
della stagione a Jerez de la Frontera sembrava destinato allo
stesso copione del primo, con un Rossi stratosferico sulla sua
Yamaha M1 e gli altri stupefatti a guardarsi intorno in cerca di
un perché.
Ma Giove Pluvio aveva altre idee…
Sull’asciutto il Dottore ha fatto la
differenza già dal primo giorno, su di un circuito che conosce a
menadito per avervi compiuto centinaia di giri durante i test
delle sue Aprilia, le Aprilia dei mondiali vinti in gioventù.
Un tracciato che ama particolarmente
per i suoi curvoni veloci e i suoi secchi cambi di direzione,
caratteristiche che si adattano particolarmente alla sua Yamaha
M1, carente nella potenza pura ma più maneggevole della Honda
Rc211V dei suoi diretti avversari.
Prove libere sempre da protagonista,
qualifiche che lasciano interdetti perfino i suoi stessi
tecnici, ben felici nel rilevare l’1.40.818 record della pista
che annichilisce qualsiasi velleità degli altri, staccando di
quasi quattro decimi Sete Gibernau, di sei il compagno di
squadra Carlos Checa, di sette Max Biaggi.
Domenica invece tutto è ribaltato da
una giornata degna di quelle dei tristi e piovosi inverni del
nord Italia, con un asfalto praticamente allagato che già nella
gara delle 125cc. fa assistere a fenomeni di “aquaplaning” e
cadute spettacolari: più che una moto, in alcuni a tratti,
servirebbe un jetski!
Per un appuntamento che ha
trasferito il circus del mondiale dalle parti di Gibilterra,
dove di solito si gode un clima simile a quello del nord del
Marocco, la situazione appare paradossale, con la temperatura
dell’aria sui 14° gradi che fa assomigliare il tutto più al Gp
olandese di Assen che a quello di Jerez de la Frontiera, non
fosse per il famoso Sherry di produzione locale consumato nei
paddock.
Partenza bagnata quindi e le carte
in tavola si rimescolano ben bene, con Rossi in difficoltà da
subito, annaspante nel diluvio, in lotta più con la sua moto che
con gli avversari.
Sete Gibernau e Max Biaggi,
duellanti solitari per quasi tutti i 27 giri, non sono mai stati
alla sua portata, impegolato com’era a capire quando e come
sarebbe andato in terra, con un retrotreno impazzito ad ogni
tentativo di dare gas.
Marco Melandri sull’unica M1 dotata
della nuova iniezione Marelli, l’ha superato già al terzo giro,
dimostrando comunque che Yamaha può migliorare a breve anche su
pista bagnata; peccato per quel terzo posto, buttato via a nove
giri dalla fine dal bravo pilota ravennate per colpa di una
scivolata.
D’altronde, come avrà da dire il
mitico Agostini durante un’intervista nel dopo gara, “sul
bagnato puoi fare 25 giri perfetti in testa e cadere al 26°
senza sapere neanche perché…e tutto quello che hai fatto vedere
di buono non sarà servito a nulla”.
Rossi viene superato anche da Alex
Barros sulla sua Honda ufficiale e si accontenta di un quarto
posto che fa comunque classifica e regala punti preziosi per il
mondiale più difficile dei suoi ultimi quattro anni, anche
perché, in un’occasione, il campione del mondo resta in sella
grazie ad una specie di spettacolare “rodeo” sulla moto
imbizzarrita, episodio che lo convince ad accontentarsi.
Dal canto suo “Sete, il re della
pioggia”, non si è lasciato sfuggire l’occasione di vincere
nella sua Spagna: da maestro della derapata quale è ha
sapientemente dosato le possibilità della sua Honda clienti,
tenendo a bada un Biaggi che sembra guardare più al titolo che
alla prestazione singola.
Alla prima curva è già davanti a
tutti Gibernau, che fermerà la sua cavalcata trionfale solo dopo
la bandiera a scacchi.
Max riesce per un po’ a contenere
l’arrembante gara dello spagnolo e ne interrompe la leadership
al 16° giro, ma solo per qualche istante: pur potendo avvalersi
della stessa moto Biaggi non può fare nulla per arginare lo
strapotere del pilota catalano, su di una pista del suo paese e
sul suo terreno preferito.
Un ottimo secondo posto comunque e
punti, che lo mantengono proprio a ridosso di Gibernau, balzato
con questa vittoria in testa al campionato.
Max ci ha abituato ad un ruolino di
marcia martellante che tiene poco conto degli exploit altrui e
molto della costanza nel proprio rendimento.
Alex Barros su Honda ufficiale è
terzo e comunque quarto in campionato, non molto lontano dalla
vetta: nonostante sia stato ultimamente un po’ bistrattato dalla
stampa specializzata i conti come sempre si faranno alla fine.
Carlo Fiorani responsabile corse
della HRC ha dichiarato sabato che oltre ad un problema tecnico
del mezzo avrebbe potuto esserci anche un problema di
competitività dei due piloti ufficiali di casa Honda, dato che
Nicky Hayden resta in ogni caso un giovane emergente, mentre
Alex Barros non ha ancora recuperato la migliore condizione
fisica dopo le due operazioni ai legamenti, della spalla e del
ginocchio destro, patite durante l’inverno anche se, una moto
ufficiale perennemente dietro alle clienti, non è un bel vedere
per i vertici giapponesi.
Barros ha dimostrato che stà
ritornando ai suoi livelli.
Tre Ducati per terra e Capirossi
doppiato dicono quello che il bravo Loris non può ammettere per
ovvi motivi: se tutto va bene, per ora, siamo al disastro!
Della freccia rossa del 2003 non
rimane più nulla.
A Borgo Panigale si lavora giorno e
notte per risalire la china, perché questa Ducati 2004
migliorata nel motore, ristrutturata nel telaio, risulta
inguidabile e né Bayliss ormai in completa confusione, né
Capirossi che mette in pista tutto il coraggio di cui dispone un
pilota e anche qualcosa in più, possono continuare ad arrancare
in pista.
Urgono provvedimenti importanti e
soprattutto immediati.
Suzuki e Kawasaki viaggiano intorno
all’ottava-nona posizione e questo indica che almeno metà del
gap è recuperato: Kenny Roberts e il giovane Nakano non valgono
i top-rider del momento ma il lavoro stavolta sembra pagare.
Dopo i disastri degli anni passati
finalmente le due gloriose case giapponesi sembrano avere
imboccato la via giusta: le moto sono cambiate completamente,
belle da vedere, con linee filanti e motori potenti.
E’ attesa una grande prestazione da
un momento all’altro.
Per ultima, una citazione d’obbligo
per il decimo posto di Michel Fabrizio con la WCM.
Il ragazzo romano soltanto
diciannovenne, arrivato al MotoGp come campione europeo
Superstock e criticato dai più per la sua scelta ritenuta
dettata da troppa sicurezza nei propri mezzi, ha dimostrato che
quando c’è da guidare e la potenza non fa la differenza, lui può
ottenere ottimi risultati.
Riconosciuto come uno dei talenti
emergenti più interessanti del panorama italiano, Michel
Fabrizio ha portato a punti insperatamente la “cenerentola” del
campionato, una squadra in balia del proprio progetto che in
settimana non è riuscita ad ingaggiare Marco Lucchinelli come
direttore tecnico, per il rifiuto dell’ex iridato classe 500cc
del 1981.
La Harris WCM è tagliata fuori da
qualsiasi risultato per la pochezza del prototipo rispetto alle
grandi case, ma Fabrizio ha fatto vedere di essere un pilota con
i fiocchi ed esserlo a meno di vent’anni in MotoGp è garanzia di
un roseo futuro.
Ora tutti a Le Mans il 16 maggio
prossimo per il terzo appuntamento, in una pista
tradizionalmente favorevole alle Yamaha, una pista che Rossi non
ama, una pista dove piove spesso.
Mai come stavolta più che
all’asfalto Valentino dovrà guardare al cielo.
Maurizio Ottomano
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