25/07/2005
SUONANDO (E BALLANDO UN PO’) SOTTO LA PIOGGIA
Donington è il circuito che Valentino Rossi predilige ed era già cosa
nota prima di questo Gran Premio; la situazione meteo delle midlands britanniche è spesso
volta alla pioggia battente ed anche questa non è una novità;
la pista è vicinissima all’aeroporto e questo la rende scivolosa
per i residui di carburante degli aerei in decollo, che ristagnano nell’aria
e che scendono con l’umidità della notte: altra informazione
risaputa.
Per chi non avesse
visto la gara riassumo la cronologia degli eventi: Valentino scatta dalla
pole di una pista completamente allagata poiché piove
a dirotto; si scivola come sul ghiaccio e sulle prime stenta un po’;
poi domina e vince con margine, mentre gli avversari diretti per la lotta
al titolo falliscono l’appuntamento.
“Ah bè, allora non mi sono perso nulla…la solita storia” verrebbe
da dire.
Errore! Vi siete persi
una delle più belle gare, anzi, la più avvincente
della stagione fin’ora!
La carriera del “Dottore” è stata ormai sviscerata,
analizzata, raccontata fin nei più reconditi meandri tecnici, psicologici,
umani; gli aggettivi per definirlo sono finiti da anni, le comparazioni
con i campioni del passato sono obsolete, le scuse degli avversari azzerate,
impossibili da concepire anche i “ma” ed i “però”.
Così non rimarrebbe che la nuda cronaca di un evento sportivo,
l’unica strada per poterne parlare senza essere retorici ed omologhi
a tutto il panorama dei media sportivi, non senza qualche fatica
comunque.
Tuttavia la forza, la dote principale di Valentino Rossi risiede
proprio in quella capacità di non rendere mai nulla scontato, l’inseguimento
mirato ad una variabilità di soluzioni che conducono al primo posto.
Variabili fisse come costante, è questa la splendida dicotomia nei
suoi successi.
La prima posizione
della griglia accoglie qui a Donington, come spesso le è accaduto in passato, il numero 46, che se l’è guadagnata
in condizioni asciutte e che si appresta ad occuparla durante
un simulacro di diluvio universale.
Gli avversari si preoccupano del cielo e delle sue bizze: non
sanno che la vera tempesta è seduta sulla moto blu.
Valentino parte male,
rimane intruppato alla prima curva ed alla seconda vede Biaggi volare
fuori proprio davanti al suo anteriore; è settimo
ma finisce il giro in quarta posizione.
Dalla tabella del terzo giro, esposta dal muretto box, apprende
che l’intera squadra HRC è già “out” (Biaggi
rialza la moto e continua per altri due giri prima di ritirarsi) mentre
al quarto, passando al primo posto, sa che anche “Telefonica” non
esiste più: evidentemente stavolta non si corre nel “cortile
di casa” degli americani e l’istruttore catalano di Supermotard
scattato come un ossesso al via, forse è stato tradito da un po’ di
presunzione nei propri mezzi.
Appurato che anche
oggi i punti guadagnati scaveranno un solco ancora più profondo nel campionato, chiunque al posto del 46 avrebbe tirato
i remi in barca e firmato per un piazzamento di prestigio, sul podio possibilmente,
ma anche appena più giù.
Rossi non è “chiunque”, per cui nessuno pensa che si
accontenterà.
Le Honda in ogni caso
sono come le formiche e per quanto si faccia, ne spuntano sempre delle
altre: Barros passa a condurre altalenandosi al comando
con i due piloti Suzuki gommati Bridgestone, nell’occasione competitivi,
per un produttore che si prende una piccola rivincita sulle performance
delle proprie gomme nelle qualifiche, lungimirante perché presumendo
condizioni bagnate ha portato delle novità adatte.
Anche Michelin ha fornito una gomma posteriore del tutto nuova
al brasiliano, studiata per la condizione di bagnato estremo, gomma che
Valentino non ha, montando una rain-soft simile alle altre.
Edwards dimostra che la Yamaha è “un’idea del suo amico
tavulliese” nella quale anche lui ha creduto dall’inizio e
che a seguire il “Dottore” impari ad “operare”:
si inchioda al gruppo di testa e da lì non si muove.
La gara è durissima e rimanere in pista ad ogni curva è come
giocare alla roulette russa. Così Hopkins al nono giro decide che
ne ha abbastanza e fa un “dritto” quasi liberatore: rientra
all’ultimo posto e si estranea dalla lotta, andando poi a spasso
con la moto danneggiata fino alla penultima tornata, quando
si ritira definitivamente.
Le Ducati intanto, anch’esse gommate Bridgestone, iniziano a scalare
posizioni inanellando giri veloci: è tardi per un assalto al podio,
ma appena dietro i primi della classe ci sono loro.
E Valentino? Valentino
osserva, medita, studia, fa degli errori che teoricamente sarebbero fatali
su quell’asfalto stile “piscina”, ma
che grazie alla sua sensibilità ed ai suoi piccoli segreti tecnici
non hanno effetti negativi fino a quel momento, per la fortuna, sì,
abbiamo detto proprio FORTUNA, dei suoi avversari.
Tutto questo fino ad un “dritto” alla “S” al dodicesimo
giro, quando ne mancano 17 alla fine…..
Già, sembra un paradosso, ma l’effetto negativo di un errore
su Rossi, a meno che non sia quello estremo di una caduta, è l’evento
più temibile per gli altri piloti: ha il potere di scatenare il
talento di Rossi in tutta la sua potenza agonistica, una forza
che neanche lui sa dove possa arrivare, qualcosa che gli fluisce dal cervello
al polso
destro in modo del tutto autonomo.
Adrenalina a mille, come un licantropo nelle notti di luna
piena o il Dr.Banner-Hulk quando gli girano le scatole, Valentino
si trasforma in un mostro deciso a distruggere tutto ciò che s’interpone
tra lui e la vittoria.
Perde terreno Vale,
dopo aver sbagliato la staccata, derapa a suo modo sull’erba senza cadere, torna dentro con più di quattro secondi
di distacco, praticamente ripartendo da fermo, mentre gli altri sono ormai
all’orizzonte.
Sembra una gara irrimediabilmente perduta, per un pilota che
rientra in quelle condizioni, ma a casa davanti alla TV ci
si frega già le
mani: tutti sanno che quello che è rientrato è in realtà il “mostro” e
che inizia lo spettacolo!
Mentre Barros continua
a girare sui tempi soliti, vale a dire sugli 1.50, ignaro della “trasformazione” avvenuta alle sue spalle, Valentino è già sugli
1.47, pronto a piombare sulle prede; Edwards che lo conosce
bene, tenta di allarmare il brasiliano spingendolo con due giri sugli
1.49, ma il pragmatico
Barros non intuisce il pericolo e rimane a condurre tranquillo.
Roberts temporeggia, già molto felice di trovarsi lì.
Due giri e il Rossi “trasformato” è di nuovo alle spalle
della gialla Honda numero 4; ancora un paio di tornate senza scossoni poi
Barros gioca la sua carta, aumentando l’andatura di quasi due secondi,
sperando di scrollarsi la “macchina da guerra” alle sue spalle
che invece lo controlla agevolmente.
Alex si impegna alla
grande, ma si stacca solo Edwards, la Yamaha “sbagliata”.
A sette giri dalla
fine il “mostro” Rossi decide di esplodere
in tutta la sua rabbia e la tempesta, quella vera, si abbatte
sui suoi avversari.
Prende il comando ed inizia a fermare il cronometro nell’ordine:
1.47.6 poi 1.46.1, quindi 1.45.3 ed 1.45.7!
Barros becca 4 decimi, poi un secondo e sei, poi altri due secondi e sei,
quindi tre secondi e sette, per un totale di otto secondi e tre decimi
in quattro giri!!!!!!!!!
Mancano ancora quattro passaggi sul traguardo e dietro a Valentino
c’è solo lo spruzzo d’acqua della sua gomma posteriore:
l’uragano Vale ha raso al suolo le speranze di chi aveva condotto
la gara fino a quel momento.
Così, come i venti devastanti delle tempeste calano d’intensità,
come Hulk torna ad essere Bruce Banner e si avvia la solito negozio di
camicie, come il lupo lascia le sue fattezze per riprendere le sembianze
dell’uomo, così la Yamaha blu rallenta, se così si
può dire per altri due 1.47, e la rabbia si placa.
Il resto è suono di violini sotto la pioggia e sotto la bandiera
a scacchi, mentre un frastornato Barros si fa sorprendere da un Roberts
in stato di grazia, un soddisfatto Edwards conquista il quarto posto e
le Ducati di Checa e Capirossi completano la classifica degli “umani”.
Un Rossi in leggera
ipotermia si presenta al parco chiuso, unico pilota a non indossare l’impermeabile copri-tuta, per ragioni pensiamo e
temiamo, più legate alla sua proverbiale scaramanzia che per errore
tecnico; dichiara di aver corso una delle gare più difficili della
sua carriera e di aver sofferto il freddo negli ultimi giri
tanto da pensare di non riuscire a farcela.
Dichiara di essere partito male, di aver dovuto imparare direttamente
in pista le insidie dell’asfalto e di aver rischiato grosso in un
paio d’occasioni.
In quel momento, crediamo, l’appassionato motociclista e spettatore
sia andato dritto dritto con il pensiero a chi in pista è caduto
direttamente, senza aver dovuto recuperare, senza aver imparato,
senza neanche aver neanche rischiato: impietoso confronto.
Domenica prossima si replica al Sachsenring, una pista abbastanza
banale, dove il talento spesso non riesce a fare la differenza,
ma dove la possibilità di battaglie ravvicinate è molto consistente.
Con un campionato ormai condizionato dallo stra-potere del “Dottore”,
la lotta per le posizioni di rincalzo, specie tra piloti con la stessa
moto a disposizione, sarà uno dei motivi d’interesse, oltre
a chi si candiderà per contendergli la vittoria.
L’importante per lui sarà metterlo in difficoltà fin
dalle prove libere, su di un tracciato ostico che non ama particolarmente
e sperare di partire bene in gara e giocarsela sino in fondo.
A meno chè Rossi non commetta qualche piccolo errore…
Allora il “mostro” salterà fuori ed a quel punto, si
salvi chi può.
Maurizio Ottomano
(Collaboratore “SFIDE” – Rai Tre)
invia questo articolo a un amico