L’aria di montagna?
In mezzo al traffico
E’ dal
1991 che ci lavora. E adesso vuole
vendere licenza e fabbrica per
costruirla. Lui è il francese Guy Nègre,
ex ingegnere in Formula1. Lei, la sua
creatura, è l’auto ad aria compressa. A
emissioni zero e spese dieci volte più
basse di una macchina a benzina. L’ha
presentata ufficialmente il mese scorso
e cerca finanziatori. Nautilus l’ha
vista per voi. Per capire se sta
arrivando una rivoluzione nei trasporti
o l’ennesimo sogno infranto di città,
finalmente, da respirare
Difficile dire
se riusciremo a vederla in giro per le
strade delle nostre città. Per tanti motivi:
ci sono ancora problemi tecnici da
risolvere, il suo creatore non ha più soldi,
non è un genio del marketing e non ultimo le
case automobilistiche e le compagnie
petrolifere non la amano per ovvi motivi.
Lei, quella che potrebbe essere la
rivoluzione del futuro o l’ennesimo flop
dell’ingenuo inventore di turno, è la
macchina ad aria. Anzi il motore ad aria:
zero emissioni inquinanti, zero
combustibili, costo per fare 10 km nove
volte inferiore a quello della benzina,
ricarica in casa con la normale presa
elettrica. Progettato dall’ingegnere
francese Guy Nègre, ex disegnatore
aeronautico e di Formula 1 con la Renault.
Che dopo aver visto i compressori ad aria
che avviano i motori delle monoposto ai box,
un giorno si è svegliato e ha detto “Ma se
l’aria fa partire i pistoni, perché non fare
un motore che va ad aria?”.
E così ha fatto. Ha investito tutto quello
che aveva, i soldi suoi, quelli di qualche
finanziatore e ha coinvolto mezza famiglia.
Era il 1991. Ha disegnato, ha costruito, ha
riprovato e migliorato. Qualche anno fa
aveva azzardato una prima presentazione:
“Nel 2001 la macchina ad aria sarà in
commercio” scrivevano i giornali. Invece si
è fermato tutto. Problemi tecnici, si
diceva: il motore è una cosa, fare
un’automobile decente un’altra. Ma anche
finanze ridotte a zero, come le emissioni
dell’auto ad aria.
Uno dei motivi di tante difficoltà è la
scelta della Mdi (Moteur developpment
international), la società nata nel 1991 per
sviluppare l’idea di Nègre, di non vendere
il brevetto ma solo licenze nei vari Paesi e
addirittura le fabbriche “chiavi in mano”.
Una fabbrica con licenza costa 9 milioni di
euro, per esempio. Una scelta difficile,
investire qualche miliardo senza che ci sia
ancora un mercato. Ma Nègre e il suo
direttore finanziario Paul Durand ci
credono. E lo hanno spiegato anche a
Barcellona, il 7 novembre scorso, nella
presentazione ufficiale della macchina ad
aria a stampa internazionale e possibili
finanziatori. E c’eravamo anche noi di
Nautilus. Per curiosità. E per capire se
dietro c’è la soluzione ai problemi
dell’inquinamento e della benzina che costa
come l’oro o se conviene aspettare l’auto ad
idrogeno e usare l’aria solo per respirare.
Licenze in giro per il mondo ne hanno
vendute, dicono. Molte in Sudamerica, ma
anche in Europa e in Italia. Ma
evidentemente pochi hanno anticipato i
soldi. La Mdi ha una fabbrica, l’unica: è a
Carros, una quindicina di chilometri da
Nizza, in Francia. Lavora lì l’ingegner
Nègre e i suoi operai. Pochi, perché non c’è
ancora nessuno a cui vendere le auto
superecologiche. Dentro ci sono le macchine
colorate in fila, le uniche che hanno fatto.
Una ventina, fra Mini Cat’s (la vetturetta
da città), Van (furgoncino a 2 posti),
Family (monovolume da 6 posti), Taxi (6
posti) e Pick Up. C’è qualcosa che ricorda
la storia (vera) della Tucker diventata un
film con Jeff Bridges, l’auto americana
bella e originale mai arrivata sul mercato e
costruita in neanche 100 esemplari.
Eppure il motore, sul banco di prova, gira a
meraviglia. Nessuna vibrazione, un rumore un
po’ metallico e un fumo bianco gelido. A -15
gradi centigradi. Perché uno degli effetti
del motore ad aria compressa è quello di
scaricare solo aria pulita ma molto fredda.
Tanto che quando chiedi se “ci sarà l’aria
condizionata” sulle macchine Mdi, ridono:
“Quella è facile”. Basta riciclare l’aria di
scarico ghiacciata per raffreddare l’interno
dell’auto. Come funziona il motore? A grandi
linee entra aria compressa (e molto fredda)
in un cilindro, spinge un pistone che con il
movimento dell’auto comprime l’aria e la
spinge a sua volta nell’altro cilindro e
comprime il secondo pistone. Tu ti muovi e
dallo scarico esce solo aria.
E l’auto? A Barcellona ne hanno fatto vedere
una in movimento: un furgone alimentato da
due lunghe bombole posteriori, qualche giro
nel grande cortile dell’hotel Juan Carlos I.
Rumore un po’ da giocattolo, buona ripresa,
l’aria dallo scappamento freddissima ma che
si può respirare. Come faceva Beppe Grillo
qualche anno per far vedere le emissioni
zero dell’auto ad idrogeno.
I dati tecnici? Dipende dai tipi di auto. Il
Van ha quattro bombole da 90 litri di aria
compressa a 300 bar. Si caricano in circa 4
ore attaccando il compressore (integrato)
alla presa elettrica di casa. O in un
“distributore di aria compressa” in 3
minuti. Autonomia da 200 a 300 km a seconda
della guida. Velocità fino a 130 km l’ora.
Il motore arriva a 25 cavalli a 3500 giri.
Frenando si ricaricano le batterie. E un
altro sistema ideato da Guy Nègre per
evitare cavi e rimandi del sistema elettrico
sfrutta un radiocomando che manda i segnali
ad ogni componente elettrico. Così basta un
solo cavo per collegare tutto.
Altro? Che hanno progettato un “metrò” di
superficie: la motrice e tre-quattro
“navette” attaccate. Lo chiamano Multicat o
Air-bus. Ma il motore si può usare anche per
la nautica, su motoscafi, barche a vela,
gommoni. O come generatore di energia: con
il sole, vento o pale ad acqua ricarichi le
bombole e il motore ti accende la casa in
montagna. In attesa dell’auto, qualcuno ci
sta pensando. Allora guideremo le auto ad
aria? Presto per dirlo. Se Guy Nègre ha
ragione e resiste ai non pochi ostacoli,
forse si. Se no abbiamo sognato un po’.
Se volete saperne di più, qualche link:
www.motordeaire.com (in
spagnolo) o
www.theaircar.com (in
inglese).
a.m.
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