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redarrowleft.GIF (53 byte) Primopiano Dicembre 2003  
 
L’aria di montagna?
 In mezzo al traffico


E’ dal 1991 che ci lavora. E adesso vuole vendere licenza e fabbrica per costruirla. Lui è il francese Guy Nègre, ex ingegnere in Formula1. Lei, la sua creatura, è l’auto ad aria compressa. A emissioni zero e spese dieci volte più basse di una macchina a benzina. L’ha presentata ufficialmente il mese scorso e cerca finanziatori. Nautilus l’ha vista per voi. Per capire se sta arrivando una rivoluzione nei trasporti o l’ennesimo sogno infranto di città, finalmente, da respirare
 
Difficile dire se riusciremo a vederla in giro per le strade delle nostre città. Per tanti motivi: ci sono ancora problemi tecnici da risolvere, il suo creatore non ha più soldi, non è un genio del marketing e non ultimo le case automobilistiche e le compagnie petrolifere non la amano per ovvi motivi. Lei, quella che potrebbe essere la rivoluzione del futuro o l’ennesimo flop dell’ingenuo inventore di turno, è la macchina ad aria. Anzi il motore ad aria: zero emissioni inquinanti, zero combustibili, costo per fare 10 km nove volte inferiore a quello della benzina, ricarica in casa con la normale presa elettrica. Progettato dall’ingegnere francese Guy Nègre, ex disegnatore aeronautico e di Formula 1 con la Renault. Che dopo aver visto i compressori ad aria che avviano i motori delle monoposto ai box, un giorno si è svegliato e ha detto “Ma se l’aria fa partire i pistoni, perché non fare un motore che va ad aria?”.
E così ha fatto. Ha investito tutto quello che aveva, i soldi suoi, quelli di qualche finanziatore e ha coinvolto mezza famiglia. Era il 1991. Ha disegnato, ha costruito, ha riprovato e migliorato. Qualche anno fa aveva azzardato una prima presentazione: “Nel 2001 la macchina ad aria sarà in commercio” scrivevano i giornali. Invece si è fermato tutto. Problemi tecnici, si diceva: il motore è una cosa, fare un’automobile decente un’altra. Ma anche finanze ridotte a zero, come le emissioni dell’auto ad aria.
Uno dei motivi di tante difficoltà è la scelta della Mdi (Moteur developpment international), la società nata nel 1991 per sviluppare l’idea di Nègre, di non vendere il brevetto ma solo licenze nei vari Paesi e addirittura le fabbriche “chiavi in mano”. Una fabbrica con licenza costa 9 milioni di euro, per esempio. Una scelta difficile, investire qualche miliardo senza che ci sia ancora un mercato. Ma Nègre e il suo direttore finanziario Paul Durand ci credono. E lo hanno spiegato anche a Barcellona, il 7 novembre scorso, nella presentazione ufficiale della macchina ad aria a stampa internazionale e possibili finanziatori. E c’eravamo anche noi di Nautilus. Per curiosità. E per capire se dietro c’è la soluzione ai problemi dell’inquinamento e della benzina che costa come l’oro o se conviene aspettare l’auto ad idrogeno e usare l’aria solo per respirare.
Licenze in giro per il mondo ne hanno vendute, dicono. Molte in Sudamerica, ma anche in Europa e in Italia. Ma evidentemente pochi hanno anticipato i soldi. La Mdi ha una fabbrica, l’unica: è a Carros, una quindicina di chilometri da Nizza, in Francia. Lavora lì l’ingegner Nègre e i suoi operai. Pochi, perché non c’è ancora nessuno a cui vendere le auto superecologiche. Dentro ci sono le macchine colorate in fila, le uniche che hanno fatto. Una ventina, fra Mini Cat’s (la vetturetta da città), Van (furgoncino a 2 posti), Family (monovolume da 6 posti), Taxi (6 posti) e Pick Up. C’è qualcosa che ricorda la storia (vera) della Tucker diventata un film con Jeff Bridges, l’auto americana bella e originale mai arrivata sul mercato e costruita in neanche 100 esemplari.
Eppure il motore, sul banco di prova, gira a meraviglia. Nessuna vibrazione, un rumore un po’ metallico e un fumo bianco gelido. A -15 gradi centigradi. Perché uno degli effetti del motore ad aria compressa è quello di scaricare solo aria pulita ma molto fredda. Tanto che quando chiedi se “ci sarà l’aria condizionata” sulle macchine Mdi, ridono: “Quella è facile”. Basta riciclare l’aria di scarico ghiacciata per raffreddare l’interno dell’auto. Come funziona il motore? A grandi linee entra aria compressa (e molto fredda) in un cilindro, spinge un pistone che con il movimento dell’auto comprime l’aria e la spinge a sua volta nell’altro cilindro e comprime il secondo pistone. Tu ti muovi e dallo scarico esce solo aria.
E l’auto? A Barcellona ne hanno fatto vedere una in movimento: un furgone alimentato da due lunghe bombole posteriori, qualche giro nel grande cortile dell’hotel Juan Carlos I. Rumore un po’ da giocattolo, buona ripresa, l’aria dallo scappamento freddissima ma che si può respirare. Come faceva Beppe Grillo qualche anno per far vedere le emissioni zero dell’auto ad idrogeno.
I dati tecnici? Dipende dai tipi di auto. Il Van ha quattro bombole da 90 litri di aria compressa a 300 bar. Si caricano in circa 4 ore attaccando il compressore (integrato) alla presa elettrica di casa. O in un “distributore di aria compressa” in 3 minuti. Autonomia da 200 a 300 km a seconda della guida. Velocità fino a 130 km l’ora. Il motore arriva a 25 cavalli a 3500 giri. Frenando si ricaricano le batterie. E un altro sistema ideato da Guy Nègre per evitare cavi e rimandi del sistema elettrico sfrutta un radiocomando che manda i segnali ad ogni componente elettrico. Così basta un solo cavo per collegare tutto.
Altro? Che hanno progettato un “metrò” di superficie: la motrice e tre-quattro “navette” attaccate. Lo chiamano Multicat o Air-bus. Ma il motore si può usare anche per la nautica, su motoscafi, barche a vela, gommoni. O come generatore di energia: con il sole, vento o pale ad acqua ricarichi le bombole e il motore ti accende la casa in montagna. In attesa dell’auto, qualcuno ci sta pensando. Allora guideremo le auto ad aria? Presto per dirlo. Se Guy Nègre ha ragione e resiste ai non pochi ostacoli, forse si. Se no abbiamo sognato un po’.
Se volete saperne di più, qualche link: www.motordeaire.com (in spagnolo) o www.theaircar.com (in inglese).

a.m. 

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