Addio Cupola. "Ma Cosa Nostra sta cambiando faccia" Di Lello, la lettera della moglie di Riina al procuratore Vigna ha aperto un dibattito sulle trasformazioni culturali all’interno di Cosa Nostra. Qualcuno ha definito "toccante" quello scritto, altri l’hanno preso come spunto per affermare che qualcosa sta cambiando perfino nella testa delle donne dei boss, finora eterno baluardo dell’ambiente mafioso. «Non ci trovo nulla di tutto questo. La lettera è banale, intrisa della solita cultura. La Bagarella si guarda bene dal prendere le distanze dal marito. Se proprio vogliamo trovare qualcosa di nuovo, di simbolico, è questa voglia di interloquire con l’autorità giudiziaria, cosa che "Totò Riina", per esempio, non ha nessuna intenzione di fare. C’è un riconoscimento delle istituzioni, e questo avviene attraverso un magistrato come il procuratore Pierluigi Vigna, titolare delle inchieste sulle bombe di Firenze, Roma e Milano. Vale a dire il pm dell’accusa più infamante, quella di aver fatto macello di innocenti ». Ma davvero la modernità sta uccidendo l’arcaica Cosa Nostra? Il povero Gesualdo Bufalino, pochi giorni prima di morire in un incidente d’auto, scrisse che la telenovela Beautiful e gli abiti firmati hanno rincretinito perfino i killer più feroci... «Bufalino di mafia non capiva quasi nulla. Questi qui hanno sempre vissuto nel lusso, chiusi nei loro rustici. Gli abiti firmati e lo champagne non sono certo una novità per loro, come altri tipi di consumi "moderni". La vera svolta sta nel fatto che i mafiosi hanno ora davanti a sè una possibilità che prima non esisteva: scelgono una cultura di vita, e si pentono. Cominciano a collaborare con la giustizia magari poche ore dopo l’arresto. Prima avevano un destino segnato: l’omicidio, la morte violenta come unica prospettiva, anche per sé. E’ significativo invece che sempre più spesso siano proprio i killer, gli esecutori dei delitti più efferati a scegliere la vita decidendo di collaborare con lo Stato». I successi investigativi sono innegabili. I super-latitanti si riducono di numero. La mafia non è più impermeabile. Qualcuno la vede finamente in un angolo. E’ così? «L’ala militare di Cosa Nostra perde indubbiamente colpi. Ma questo non significa che siamo alla vittoria finale. Cosa Nostra ha sempre saputo modernizzarsi, adattarsi ad ogni cambiamento e difficoltà. Vedremo come reagirà». Potrebbe magari trasformarsi in qualcosa di simile alla Camorra. Niente struttura unica e verticistica, nessun attacco diretto e terroristico allo Stato. Ma uguale capacità di controllare il territorio con la violenza e gli affari criminali. «Mah, effettivamente è finita l’epoca della Cupola come l’abbiamo conosciuta. Cosa Nostra ha enormi problemi, ma non so se finirà per diventare un’organizzazione poco strutturata come quella camorristica. Non dimentichiamo due cose: i mafiosi hanno sempre avuto profonda disistima dei camorristi, che non rappresentano certo per loro "un modello"; l’altro esempio italiano, quello della n’drangheta, smentisce la tendenza alla frantumazione. I calabresi somigliano sempre più, per modi di agire e organizzarsi, proprio alla mafia siciliana come si è manifestata negli ultimi decenni». Da un lato i boss arrestati, le immagini dei poliziotti trionfanti. Dall’altro il riemergere di personaggi inquietanti ai vertici della politica siciliana. Su questo versante sembra di tornare indietro. Qualcuno può pensare: mentre magistrati e poliziotti fanno, gli elettori disfano. La solita Sicilia in chiaroscuro.... «Bisogna essere realisti: se le strutture politiche sono quelle che sono, se la disoccupazione arriva a toccare quote impensabili in una normale società avanzata, votare in un certo modo diventa purtroppo una specie di "legittima difesa". Quando non si hanno alternative credibili, quando non c’è libertà economica , ecco che la gente si rivolge ai soliti dispensatori di favori. Che hanno avuto mano libera grazie anche al sistema proporzionale col quale si è votato. Le clientele reggono ancora benissimo in Sicilia. Questo è il motivo per cui i risultati delle elezioni regionali non sono stati affatto una sorpresa per me».
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