La tiepida febbre dell’oro Alla voce volume invece, vale a dire il numero di oggetti di gioielleria venduti, troviamo che i cento milioni di acquirenti europei nel 1995 hanno acquistato 324,1 milioni di pezzi, con una media di poco più di tre pezzi a testa), quota praticamente identica a quella di due anni prima. Ma anche qui con dei distinguo: Regno Unito, Francia e Germania balzano in avanti, mentre Italia, Spagna e Grecia calano rispettivamente del 24%, 11% e 40%. Questa la fotografia del mercato orafo ‘95 fornita da uno studio condotto in Europa dal World Gold Council, l’organismo che osserva l’andamento del metallo giallo sui mercati internazionali. Una ricerca che ha analizzato i sei maggiori paesi europei (Italia, Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Grecia) mettendo a fuoco come un po’ dappertutto sia in diminuzione la tendenza all’acquisto. Dal coro esce solo l’Italia dove nel ‘95 il numero di pezzi acquistati è stato superiore del 2,28% rispetto al ‘93. «La spesa media per acquisto - spiega Edwige Della Torre, direttore della divisione gioielleria del World Gold Council Italia - è diminuita in favore di acquisti più frequenti». Come dire che gli italiani non rinunciano ai 18 karati, ma anziché spendere milioni per una collana, preferiscono acquistare più oggetti leggeri, del valore di qualche centinaio di mila lire. Ma la flessione del valore nell’acquisto non è l’unico problema. La crisi del mercato dell’oro italiano dipende anche da fattori strutturali. «In particolare - continua Della Torre - per un paese come l’Italia che esporta il 75% del suo prodotto orafo, la questione centrale è quella dei dazi doganali che penalizzano pesantemente l’export». Ci si addentra qui in un’autentica giungla finanziaria dove imperano le leggi più diverse: i dazi doganali americani ad esempio sono dimezzati rispetto a quelli europei. Per non parlare di certi paesi dell’Estremo Oriente dove le imposte sull’export sono state praticamente eliminate. Di fronte a questi scogli qualità, design e tecnologia italiana non sono più sufficienti ad affrontare il futuro senza timori come qualche anno fa. In particolare la concorrenza più spietata arriva dal Sudest asiatico (Malesia, Indonesia, Taiwan), dove la manodopera ha un costo irrisorio e la tecnologia è praticamente la stessa usata in Europa. «In questo panorama - conclude Della Torre - è indispensabile che gli operatori sappiano rinnovarsi, dimostrando flessibilità di produzione, capacità di adattamento e attenzione ad un mercato che si evolve in tempi rapidissimi. Pena il rischio di essere schiacciati o tagliati fuori dalla concorrenza».
A rendere un po’ più rosee prospettive che appaiono poco rassicuranti, rimane il fatto che le ragioni per comprare oro e gioielli sembrano dure a morire. La ricerca del WGC si conclude infatti con un’indagine sui motivi che inducono ad acquistare un oggetto in oro. Si scopre così il 75% degli italiani apprezza sempre un regalo in oro, che il 44% delle donne ritiene collane, orecchini e braccialetti una parte fondamentale del proprio look e che per il 78% gli oggetti di gioielleria hanno un forte valore sentimentale. Come dire che in fondo in fondo il cuore è d’oro. |